Cinque giorni al Memorial: recensione della serie con Vera Farmiga

Cinque giorni al Memorial recensione serie apple tv

Il valore e la compattezza di una società civile non dovrebbero essere misurati attraverso gli standard della normalità, quanto piuttosto nelle situazioni di emergenza. Nel momento del bisogno, un tessuto sociale e lo Stato che lo rappresenta dovrebbero ergersi come entità coesa e protrarsi verso gli strati della popolazione maggiormente bisognosi. Il modo in cui si affronta la calamità dovrebbe mostrare il reale stato di salute di una nazione e del suo governo.

 

Cinque giorni al Memorial, la storia vera

Ed è per questo che gli Stati Uniti non riusciranno mai a lavare dalla propria bandiera la macchia del disastro di New Orleans dopo Katrina. Cinque giorni al Memorial racconta cosa successe nei giorni successivi al passaggio dell’uragano in un ospedale rimasto isolato, o meglio abbandonato al proprio destino. Ideata da John Ridley e Carlton Cuse, la serie di Apple TV+ è un resoconto preciso, minuzioso e desolante dei tragici fatti che portarono alcuni medici a prendere decisioni estreme, salvo poi venir messi sotto accusa a causa di quelle stesse decisioni. Perché risulta sempre conveniente puntare il dito contro il singolo piuttosto che il sistema.

Crea uno scarto concettuale e psicologico profondo e fortissimo, Cinque giorni al Memorial: nella progressione drammatica, nell’attenzione all’arco narrativo dei personaggi principali, nel realismo delle scenografie e delle ambientazioni sembra quasi una docu-serie (viene adoperato a tal proposito anche molto footage reale girato dopo il disastro di Katrina). Eppure allo stesso tempo si ha la sensazione di assistere a un prodotto di fantascienza, a uno show post-apocalittico proprio per gli stessi motivi appena elencati. La mente di chi scrive – e supponiamo anche quella di molti altri spettatori – ha fatto davvero fatica a radicare l’idea che la ricostruzione mostrata è basata su fatti realmente accaduti.

Cinque giorni al Memorial Vera FarmingaRidley e Cuse – anche registi di molti degli episodi – evitano dosano con enorme sensibilità le sottolineature drammatiche e drammaturgiche lasciando che siano i fatti a parlare. Nell’esporre dettaglio dopo dettaglio, scena dopo scena, episodio dopo episodio quanto New Orleans e le sue infrastrutture fossero totalmente impreparate all’emergenza dell’uragano, Cinque giorni al Memorial diventa un atto di accusa perentorio nei confronti di un sistema socio-politico totalmente disinteressato al benessere, anzi soltanto anche alla mera sicurezza delle classi sociali meno agiate. Ed ecco allora che della catastrofe l’uragano diventa la causa almeno quanto lo sono anni e anni di lassismo, incompetenza, razzismo, sfruttamento economico: piaghe che si sono rivelate come tali nei giorni immediatamente successivi a Katrina, quando il vuoto assoluto di potere gestionale – unito alla malafede dolosa e criminale di chi ha curato prima di tutto i propri interessi economici – ha impedito che reali e organizzati soccorsi fossero portati alle migliaia e migliaia di persone colpite dalla catastrofe.

I primi cinque capitoli dello show sono interamente ambientati al Memorial Hospital, con l’ultimo di essi che si rivela un episodio scritto con una lucidità onestamente mai esperita in precedenza in una serie televisiva. Viene infatti raccontato come persone costrette a compiere delle scelte che non avrebbero dovuto spettare loro – persone che hanno dedicato la propria vita professionale al benessere dei propri pazienti, qualsiasi cosa ciò significhi – hanno fatto quello che ritenevano giusto (umano) in condizioni estreme. E insieme viene messo in scena come altri hanno fatto la scelta opposta, ottenendo altri risultati.

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Non c’è giudizio nel racconto

Si insinua allora l’idea di giusto o sbagliato in Cinque giorni al Memorial? Si tenta un giudizio? Assolutamente no. Al contrario si abbraccia l’idea che chi agisce, chi si prende responsabilità anche gravose nei confronti del prossimo, in particolar modo quando è bisognoso, è al di sopra di una nozione così univoca come giusto o sbagliato. E se anche gli ultimi tre episodi non posseggono la potenza espressiva ed emotiva dei precedenti, rimangono comunque fondamentali poiché continuano a presentare la vicenda da molteplici punti di vista, regalando angolazioni e spunti di riflessione realmente importanti.

È un lungo applauso che meritano tutti coloro che hanno partecipato a Cinque giorni al Memorial, dai creator agli sceneggiatori al cast di attori perfetto in cui primeggiano Vera Farmiga, Cherry Jones e Michael Gaston. È una miniserie dolorosa, a tratti quasi insostenibile. Ma è qualcosa a nostro avviso di mai visto prima, sia nella scrittura che nell’esposizione. Non perdetela.

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