Run the World: la recensione della serie Starz

Vent'anni dopo Sex and the City, la serie ideata da Leigh Davenport porta sullo schermo un gruppo di amiche in cerca di successo ed emancipazione.

Run the World recensione serie tv

Nel 1998 Carrie Bradshaw faceva il suo debutto sullo schermo televisivo come personaggio protagonista della serie Sex and the City. Nasceva con lei una nuova ondata di figure femminili particolarmente intraprendenti e dinamiche, sempre più pronte a prendere il proprio posto in un territorio prevalentemente maschile. Oltre 20 anni dopo, a ricalcare le sue orme arrivano Whitney, Ella, Renee e Sondi. Un gruppo di quattro amiche di colore protagoniste della nuova serie Run the World, di genere commedia e ideata da Leigh Davenport. La serie, composta da 8 episodi e disponibile sulla piattaforma Starz dal 16 maggio, sembra così aprire un nuovo percorso incentrato sull’emancipazione.

 

Run the World va infatti a raccontare la storia di Whitney (Amber Stevens West), Ella (Andrea Bordeaux), Renee (Bresha Webb) e Sondi (Corbin Reid). Un gruppo di donne afroamericane migliori amiche particolarmente affiatate ed estremamente leali tra loro. Le quattro lavorano, vivono e si divertono ad Harlem, trovandosi però anche a dover lottare per affermare il proprio dominio in un mondo prevalentemente maschile o bianco. Tra segreti inconfessabili, avventure romantiche e problemi lavorativi, le quattro protagoniste si troveranno alle prese con situazioni che aspirano a far comprendere meglio cosa voglia dire essere una donna di colore in cerca di successo e rispetto.

Da Sex and the City a Run The World

Ancora oggi in molti sottovalutano il potere che Sex and the City ha avuto, sul finire degli anni Novanta, nel riproporre un differente modello femminile. Tuttavia, non necessariamente in senso positivo. Al di là degli aspetti più validi, infatti, con Carrie Bradshaw a guidare il suo gruppo di amiche si è costruito l’ideale di una figura femminile a suo modo immacolata. Questa, nel suo tentativo di distinguersi, finiva con il diventare quasi irrealistica. Il grande difetto di Carrie e delle sue amiche era spesso quello di considerare inferiore (fortunatamente con alcune eccezioni) tutto ciò che le circondava.

Se il loro dominio era relativo alla città di New York, con questa nuova serie invece questo si estende idealmente all’intero mondo. Nel corso degli episodi lo spettatore può ritrovare le quattro amiche protagoniste alle prese con problemi simili a quelli incontrati vent’anni fa da Carrie. La differenza sta qui ovviamente nel diverso contesto storico, sociale e culturale, come anche ovviamente dal fatto che si parla di protagoniste afroamericane. Negli ultimi anni si è assistito sempre più ad una maggiore inclusività a riguardo. Ci sono storie oggi che riescono a dar vita a personaggi afroamericani, asiatici o relativi ad altre minoranze lontani dagli stereotipi.

Run the World, tuttavia, dimostra sin dal suo pilota di non aver imparato la lezione di Sex and the City. Questa ripropone infatti errori simili per quanto riguarda la narrazione e la costruzione dei personaggi. Le quattro protagoniste si affermano infatti per una certa arroganza e un forte senso di vittimismo. Elementi che non giovano né alla serie né al ritratto che si vuole dare di quel contesto. Per fare un esempio, se in un negozio si viene urtati da una persona bianca non è necessariamente perché agli occhi di questa si è invisibili. Probabilmente l’altra persona era solamente distratta. Basta chiedere scusa e andare avanti, senza inscenare improbabili discussioni che mancano di rispetto a chi realmente soffre per il razzismo vero.

Run the World recensione

Run the World: la recensione

Fortunatamente la serie non è da condannare nella sua interezza. Si ritrovano anche momenti ed episodi più coinvolgenti, che meglio riescono a dar vera voce a chi spesso non ne ha. Il personaggio di Ella a tal proposito sembra essere quello meglio concepito, capace di includere al suo interno una gamma di emozioni e sentimenti piuttosto ampia e sincera. Al contrario, le sue tre amiche si rendono invece spesso protagoniste di momenti eccessivi, che spezzano l’incanto che invece si vorrebbe plasmare. Naturalmente tali momenti, che dovrebbero essere le fonti di divertimento, sono ben lungi dallo strappare una risata.

Al netto di ciò Run the World risulta estremamente chiara ed esplicita nel suo intento, mancando però di dotarsi di quegli elementi che gli avrebbero permesso di attuarlo. Piuttosto decide di avvalersi di personaggi stereotipati che non permettono di portare in modo sincero sullo schermo persone e problemi reali. Da questo punto di vista non occorre necessariamente appartenere al pubblico di riferimento per poter comprendere ciò, poiché i problemi tematici e ideologici risultano evidenti a prescindere. La serie non sembra invece considerare una realtà che è molto più complessa di come appare e che necessita, specialmente se trattata con la commedia, di essere affrontata in modo meno fazioso.

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Gianmaria Cataldo
Laureato in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è un giornalista pubblicista iscritto all'albo dal 2018. Da quello stesso anno è critico cinematografico per Cinefilos.it, frequentando i principali festival cinematografici nazionali e internazionali. Parallelamente al lavoro per il giornale, scrive saggi critici e approfondimenti sul cinema.
run-the-world-starzRun the World risulta estremamente chiara ed esplicita nel suo intento, mancando però di dotarsi di quegli elementi che gli avrebbero permesso di attuarlo. Piuttosto decide di avvalersi di personaggi stereotipati che non permettono di portare in modo sincero sullo schermo persone e problemi reali.