Andrej Tarkovskij – il potere del cinema: la mostra

Andrej Tarkovskij mostra

 

Oggi, 3 Aprile 2013, si è tenuta nella prestigiosa cornice del museo d’arte contemporanea MACRO di Roma la presentazione della mostra monografica sul maestro del cinema russo Andrej Tarkovskij, una retrospettiva incentrata sulla sua opera, i suoi film, la sua filosofia, il suo genio.

Erano presenti Paolo Zanotti (CEO FgTecnoPolo), Patrizio Trecca (direttore della casa di produzione Tauron Entertainment); il direttore del MACRO Bartolomeo Pietromarchi e la responsabile del coordinamento delle attività museali del MACRO, Tina Cannavacciuolo, oltre ai registi Daniele Coluccini e Matteo Botrugno (già registi del piccolo gioiello indipendente “Et in Terra Pax”) e la filmaker, nonché collaboratrice del compianto maestro russo Donatella Baglivo.

A rompere il ghiaccio è stato proprio il direttore del MACRO che, ribadendo il rapporto inscindibile tra arte contemporanea e cinema, il medium per eccellenza soggetto alle contaminazioni degli arti linguaggi artistici, ha esposto chiaramente i motivi che hanno spinto il museo a partecipare alla realizzazione della mostra, considerandolo non tanto come un’entità museale pubblica quanto una fondazione vera e propria tout court (concetto confermato dalla Cannavacciuolo). Il fine del MACRO è proprio quello di creare un polo tecnologico soggetto alle contaminazioni più disparate, e la presentazione di questa mostra (aperta al pubblico dal 4 Aprile al 4 Maggio presso il TecnoPolo Tiburtino) segna proprio l’inizio di un nuovo tipo di percorso che si riflette anche nelle scelte artistiche perpetuate in generale. La domanda fondamentale che ci si è posti è legata principalmente alla percezione che Tarkovskij avrebbe avuto della sua poetica-estetica alla luce delle nuove tecnologie odierne (considerando che il cineasta è morto nel 1986). Hanno cercato di rispondere a questa domanda i due registi Matteo Botrugno e Daniele Coluccini (dei quali il primo si è perfino laureato con una tesi su Tarkovskij e nello specifico sul suo film “Lo Specchio”): il cineasta è un apietra miliare per chi ha studiato cinema ma non solo; da molti viene messo a confronto con un altro grande maestro come Stanley Kubrick per via della complessità delle sue opere e della sua poetica, e la mostra nasce proprio con l’intento di svelare questo mistero scavando nel profondo. Donatella Baglivo, che ha collaborato spesso con il regista sovietico a partire dal film “Nostalghia” (1983) , la quale ha raccolto-selezionandoli- tutti i materiali pubblici e privati raccolti in più di trent’anni svelando, quindi, il mistero di un archivio personale tenuto gelosamente custodito fino ad oggi forse per la vergogna o il timore di rivelare un mondo segreto e personale, intimo. Eppure la molla propulsiva che l’ha spinta ad agire è stato pure l’interesse crescente da parte di molti giovani (provenienti da tutto il mondo) per l’opera del cineasta. La mostra è stata presentata per la prima volta tre anni fa a Mosca e in occasione di un prestigioso festival intitolato “Lo Specchio” dedicato al regista e situato nel suo paese natale, Ivanovo. La retrospettiva si intitola “Il potere del Cinema” proprio a voler rivendicare l’importanza fondamentale di questo medium che, se usato bene, è in grado di fare miracoli. Daniele Coluccini ha rivendicato il fatto che l’opera del cineasta ha influenzato profondamente la sua produzione cinematografica, per via di un linguaggio moderno/ contemporaneo che crea un’unione tra spettatore e cineasta, a partire dal primo film visionato da Coluccini (“Andrej Rublev”) che rimane comunque più lineare nel linguaggio rispetto ad altre opere nelle quali tende a insinuare sempre nuove domande, ma a non fornire mai risposte nette. L’uso di un linguaggio così enigmatico riflette la dimensione onirica del sogno dove tutto scorre ed è apparentemente molto scontato, semplice. Per Matteo Botrugno il cinema di Tarkovskij raggiunge dei picchi legandosi profondamente alla realtà; questo si evince dai suoi diari, dove traspare anche il ritratto di un uomo semplice ma esigente con se stesso e verso il suo mestiere (famosi sono i suoi commenti critici su “Il Padrino” e la critica verso il cinema di I.Bergman) tanto da trasfigurare spesso il suo atteggiamento in cieca arroganza; un uomo turbato dall’impossibilità e dalla paura di non poter più fare il suo lavoro, quello per cui è nato e per cui è destinato: fare cinema. Il regista, infatti, ebbe problemi non indifferenti con l’oligarchia russa al potere che non accettava né la sua poetica tanto meno le dinamiche trattate all’interno delle sue pellicole; questo lo spinse ad affermare che Dio aveva dato un talento ad alcune persone come registi ed artisti che dovevano metterlo al servizio delle persone, riflettendo quindi la necessità insindacabile di dover comunicare qualcosa nonostante le avversità e gli ostacoli che rendono tutto più difficile. La sua percezione del cinema era quella di un’arte determinata e mai casuale, frutto di uno studio approfondito (nonostante l’aspetto onirico preponderante).

La retrospettiva ricostruisce la storia dell’uomo prima ancora che dell’artista attraverso un percorso tematico che può scegliere lo spettatore/visitatore stesso, viaggiando tra oltre 300 foto, video installazioni, interviste e oggetti di scena (e non) che mettono in luce- ricostruendolo- il dietro le quinte di alcuni suoi film (come “Nostalghia”) e gli oggetti usati per girare le pellicole stesse (Mdp, moviole etc.) in un viaggio itinerante che toccherà anche altri paesi come Russia, Usa, Francia, Germania e Spagna.

Ma come avrebbe percepito Tarkovkij il cinema di oggi? Sicuramente non l’avrebbe accettato bene, avrebbe sofferto della condizione in cui verte oggi il cinema, soprattutto quello italiano. Purtroppo abbiamo perso numerosi progetti di questo autore che non vedranno mai la luce (una versione dell’Amleto, un adattamento de “L’Idiota” di Dostoevskij) progetti che non furono mai realizzati perché non gli fu concesso. Dopo pellicole come “Lo Specchio” e “Solaris” i problemi lo avevano travolto, perché i suoi film erano sì personali ma la sua visione privata del mondo coincideva, infine, con l’universo stesso, coinvolgeva tutti ed inglobava tutti al suo interno. Oggi, sicuramente, una figura maestosa come la sua avrebbe sicuramente dato sfogo alle ansie, le angosce, la rabbia e la frustrazione delle giovano generazioni facendo l’unica cosa che ha sempre fatto, e nel migliore dei modi: fare pura arte cinematografica, svincolandosi da qualunque compromesso di natura economica, produttiva o commerciale.

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Ludovica Ottaviani
Ex bambina prodigio come Shirley Temple, col tempo si è guastata con la crescita e ha perso i boccoli biondi, sostituiti dall'immancabile pixie/ bob alternativo castano rossiccio. Ventiquattro anni, di cui una decina abbondanti passati a scrivere e ad imbrattare sudate carte. Collabora felicemente con Cinefilos.it dal 2011, facendo ciò che ama di più: parlare di cinema e assistere ai buffet delle anteprime. Passa senza sosta dal cinema, al teatro, alla narrativa. Logorroica, cinica ed ironica, continuerà a fare danni, almeno finché non si ritirerà su uno sperduto atollo della Florida a pescare aragoste, bere rum e fumare sigari come Hemingway, magari in compagnia di Michael Fassbender e Jake Gyllenhaal.