Se avete familiarità
con i film di Wes Anderson, probabilmente vi troverete
d’accordo con uno degli aggettivi che spesso vengono riferiti al
regista texano: visionario, grottesco, bizzarro, onirico, surreale,
fantasioso, colorato. Forse è solo un romantico, ma quale che sia
il vostro aggettivo preferito, serve comunque a giustificare che
non ci si trova di fronte a commedie sui modelli standard, ma a
qualcosa di più ricercato e particolare. Basta recuperare film come
I Tenenbaum o Rushmore per farsene
un’idea.
In questo fiorire di etichette, si
arriva a The Grand Budapest Hotel, ottavo
lungometraggio del regista, che esce nelle sale italiane il
prossimo 10 aprile. Anderson ne ha curato anche la
sceneggiatura, ispirandosi alle opere di Stefan Zweig,
scrittore austriaco al quale il film è sostanzialmente dedicato.
È il progetto più ambizioso di Wes Anderson, quello
che darà al regista il maggior risalto internazionale, già
parzialmente conquistato con il premio della giuria al Festival del
Cinema di Berlino, di cui tra l’altro, la pellicola è stata scelta
come film d’apertura. E la maestosità del progetto è data anche dal
cast, una lunga lista di nomi che farebbe invida a qualunque
produttore hollywodiano. Qui abbiamo: Ralph Fiennes, F. Murray
Abraham, Edward Norton, Saoirse Ronan, Mathieu Amalric, Adrien
Brody, Willem Dafoe, Lea Seydoux, Jeff Goldblum, Jason Schwartzman,
Jude Law, Tony Revolori, Tilda Swinton, HarveyKeitel, Tom
Wilkinson, Owen Wilson, Bill Murray.
Il film è ambientato tra le due guerre mondiali e racconta la storia di un concierge di un albergo di Praga (Fiennes), che diventa amico di uno dei suoi collaboratori più giovani, Zero Moustafa (Revolori). I due si ritroveranno coinvolti nel furto e nel recupero di un dipinto dal valore inestimabile ed in mezzo ad una battaglia per un enorme patrimonio di famiglia. Il tutto ovviamente inserito nel contesto storico dell’Europa di quegli anni. Se volete potete definirla una commedia, ma dove si promettono inseguimenti, fughe, elementi da film thriller, personaggi bizzari e prestazioni attoriali sopra le righe. Ed una regia che sappia muovere i fili con esperienza.
Wes Anderson, che in questo caso appare più nostalgico, ha dichiarato che la realizzazione del film è stata contaminata dallo stile di registi come Ernst Lubitsch, Billy Wilder e dai film degli anni ’30 di Alfred Hitchcock.
La carne al fuoco di The Grand
Budapest Hotel è tanta: una coralità di personaggi che
sembra infinita non è facile da gestire. Anderson dovrà riuscire ad
incastrare ogni singolo dettaglio dentro agli altri e nel frattempo
dovrà portare avanti una storia che si preannuncia avvincente,
senza perdere però di vista lo spettacolare sfondo in cui è
inserita.