C’è una scena in Apollo 13 del regista Ron Howard in cui un direttore della NASA, discutendo dell’improbabilità che gli uomini a bordo sopravvivano, spiega al direttore di volo Gene Kranz (Ed Harris): “Questo potrebbe essere il peggior disastro che la NASA abbia mai vissuto”. Kranz, però, risponde: “Con tutto il rispetto, signore, credo che questo sarà il nostro momento migliore”. Il tempo ha dato ragione a Kranz: la valutazione iniziale della NASA che considerava la missione un fallimento è ora considerata un “fallimento riuscito”, una delle grandi storie sull’ingegno umano, l’improvvisazione e le decisioni prese in modo quantomai rapido.
Il film di Howard racconta i giorni che precedettero il lancio – a sua volta non privo di problemi – l’ammaraggio nell’Oceano Pacifico e gli strazianti giorni intermedi tra questi due momenti che hanno tenuto con il fiato sospeso un’intera nazione. Interpretato da Tom Hanks, Kevin Bacon, Bill Paxton, Gary Sinise e Kathleen Quinlan, Apollo 13 è oggi considerato un grande classico, che naturalmente si è però preso alcune libertà rispetto alla storia vera. In questo articolo scopriamo allora quanto è accuratamente rappresentato quell’evento.
La storia vera dietro il film Apollo 13
I segni inquietanti dell’Apollo 13 prima del decollo
Apollo 13 mostra da subito diversi eventi preoccupanti accaduti prima del decollo e, per la maggior parte, sono veri. Il decollo avvenne l’11 aprile 1970, alle 13:13 ora militare, ma non senza intoppi. Il motore centrale, uno dei cinque del razzo Saturn V, si spense, e questo fu risolto bruciando i restanti quattro motori 34 secondi in più del previsto. Questo è accaduto durante il lancio vero e proprio e il film lo racconta con precisione, con un’eccezione. Il film mostra una luce lampeggiante sul pannello che indica il guasto del motore, che non sarebbe stata accesa nella realtà.
Dave Scott, comandante dell’Apollo 15 e consulente tecnico del film, ha dichiarato: “In Apollo 13, il film, la luce è stata fatta lampeggiare di proposito per attirare l’attenzione degli spettatori. I registi conoscevano l’operazione vera e propria, ma hanno scelto di prendersi questa licenza per ottenere un effetto drammatico”. Sul lato più leggero, l’equipaggio ha suonato una melodia dopo il lancio, solo che si trattava del tema di 2001: Odissea nello spazio e non del classico di Norman Greenbaum ‘Spirit in the Sky’ come nel film. Tutto questo, prima del giorno in cui si scatenò l’inferno, il 13 aprile.
Il film Apollo 13 fa uscire il caos dall’ordine
“Houston, abbiamo un problema”. Queste quattro agghiaccianti parole non descrivono nemmeno lontanamente il pericolo che corrono Jim Lovell (Tom Hanks), Fred Haise (Bill Paxton) e Jack Swigert (Kevin Bacon), gli astronauti a bordo dell’Apollo 13. Inoltre, non descrivono ciò che è stato effettivamente detto. Come riportato, Swigert ha parlato per primo, dicendo: “Ok, Houston… Credo che ci sia stato un problema”. Quando Houston chiede loro di ripetere, Lovell dice: “Ah, Houston, abbiamo avuto un problema. Abbiamo avuto una sottotensione del bus principale B”. Il cambiamento è lieve, ma d’impatto. Gli sceneggiatori hanno usato il secondo perché l’urgenza di “abbiamo” è più evidente.
Da quel momento in poi, si scatena un caos controllato mentre la NASA si affanna a capire cosa bisogna fare per riportare a casa i suoi uomini, ma come per la citazione precedente, la verità rende la storia molto meno avvincente. Come sottolinea Mattingly, “i film e tutto il resto fanno sembrare che abbiamo inventato un sacco di cose. Beh, grazie al tipo di programma di addestramento di simulazione che avevamo, forse le cose non erano esattamente le stesse o nello stesso ordine, ma tutto quello che abbiamo finito per fare era già stato fatto da qualche parte”. Tra queste, una simulazione che prevedeva che l’equipaggio si spostasse nel modulo lunare.
Il direttore di volo Gene Kranz ha richiamato all’azione i controllori di volo sulla Terra, ma non con la famosa dichiarazione di Ed Harris “il fallimento non è un’opzione”. Questa frase è una sintesi di ciò che Kranz ha effettivamente detto: “Non ho mai perso un americano nello spazio, di sicuro non ne perderò uno adesso. Questo equipaggio tornerà a casa. Dovete crederci. La sua squadra deve crederci. E noi dobbiamo fare in modo che accada”. Una delle cose che hanno dovuto realizzare nel film è stata la creazione di un adattatore per i depuratori di CO2 del modulo di comando per farli funzionare nella scialuppa di salvataggio del modulo lunare.
Per farlo, sono stati utilizzati oggetti che si sapeva essere presenti sulla navicella, quando invece un ingegnere nel film afferma “non è un’eventualità che abbiamo nemmeno lontanamente considerato”. Ma nella realtà l’hanno dunque esaminata e hanno simulato uno scenario praticamente identico durante la preparazione della missione, quindi la sequenza in cui gli scienziati missilistici della NASA lavorano per ore a una soluzione è stata invece risolta in meno di due ore e senza drammi nella realtà.
Il film si conclude con il rientro a casa dell’equipaggio
Nel film, un ingegnere di nome John Aaron e Mattingly lavorano al simulatore della NASA per capire come utilizzare la batteria rimanente della navicella per alimentare il modulo per tornare a casa, con Mattingly che ripete la simulazione più e più volte senza sosta. Questa versione è molto più interessante che osservare un gruppo di persone, ognuna delle quali lavora a un pezzo diverso del puzzle alla propria scrivania, come è accaduto nella vita reale. Il simulatore è stato utilizzato solo per mettere in pratica la procedura elaborata, per comunicare i passaggi a Swigert in modo più efficace.
Lovell era ansioso di ottenere le procedure, come si vede nel film, e ha anche chiesto alla NASA di controllare i calcoli fatti su una carta per confermarne l’accuratezza chiamando i numeri. I numeri, tra l’altro, sono gli stessi e il biglietto su cui Lowell li ha effettivamente scritti è stato venduto a un’asta del 2011 per l’incredibile cifra di 388.375 dollari. Il drammatico finale di Apollo13, con il rientro dell’Apollo e un blackout più lungo del previsto, è accurato, solo che, al contrario, è meno drammatico di quello che è successo nella realtà.
Nel film il blackout dura quattro minuti, ma in realtà è stato di sei minuti e mezzo, a causa dell’angolo di entrata poco profondo. Sempre nel film, dopo il blackout, si sente Lovell dire: “Houston, qui Odyssey, è bello rivedervi”, parole che scatenano una gioiosa celebrazione al Controllo Missione. Una citazione di gran lunga migliore del semplice “Ok, Joe” pronunciato nella realtà da Swigert, diretto al CAPCOM Joe Kerwin.
I cambiamenti di Ron Howard rendono ‘Apollo 13’ avvincente
Nel complesso, Apollo 13 trova il giusto equilibrio tra accuratezza storica e intrattenimento, con Howard che apporta abilmente modifiche alla vicenda, da quelle apparentemente insignificanti al revisionismo su larga scala. L’incapacità di Marilyn di recuperare l’anello perduto è solo uno di questi piccoli cambiamenti, ma nel contesto del film, prefigura sottilmente l’elemento “tutto si sta sfaldando” dell’evento stesso, la prima cosa ad andare storta in quella che diventa una sfilza di momenti simili. Le modifiche alle frasi, come “abbiamo un problema” rispetto a “abbiamo avuto un problema”, o “il fallimento non è un’opzione”, aggiungono drammaticità alla narrazione.
Drammaticità che però non ha necessariamente avuto luogo, grazie alla pianificazione anticipata della NASA della possibilità di simili emergenze. I momenti del film che più si discostano dagli eventi reali, come il tempo trascorso da Mattingly sul simulatore, hanno lo stesso scopo. La rappresentazione della realtà di quei momenti sarebbe l’equivalente cinematografico di guardare la vernice che si asciuga, le routine banali e la matematica che sono state praticate più e più volte da coloro che lavorano alla NASA in caso di emergenza. Momenti che cinematograficamente semplicemente non hanno attrattiva.
Aggiungendo invece quel senso di caos e incertezza, Howard ha cambiato e migliorato la narrazione dalla realtà di una macchina ben oliata, alle prese con un evento senza precedenti e pertanto difficile da gestire, offrendo quindi una reinvenzione drammatica che aggiunge urgenza emotiva all’equazione. Ciò non cambia il risultato, ma aggiunge indubbiamente un elemento umano con cui lo spettatore medio può relazionarsi. Sono proprio queste modifiche ad aver reso Apollo 13 un film di grande successo, un classico ancora amato oggi da generazioni di spettatori.