Arctic, del 2018, è un intenso film di sopravvivenza diretto da Joe Penna e interpretato da un magistrale Mads Mikkelsen, unico protagonista in scena per gran parte della pellicola. Il film racconta la storia di un uomo disperso nell’Artico dopo un incidente aereo, costretto a sfidare le condizioni estreme del gelo polare per tentare di salvarsi e salvare una giovane donna ferita. In un’ambientazione spoglia e inospitale, il film costruisce la sua tensione attraverso il silenzio, la fatica, e la lotta quotidiana per la sopravvivenza. È un racconto asciutto, essenziale, quasi privo di dialoghi, che lascia spazio solo all’istinto e all’umanità.
Il film si inserisce a pieno titolo nel genere del “survival movie”, accanto a titoli come The Revenant con Leonardo DiCaprio, All Is Lost con Robert Redford, o 127 ore con James Franco. A differenza di molti di questi film, però, Arctic rinuncia al flashback e al melodramma, scegliendo una narrazione lineare, cruda e quasi documentaristica. La regia, fredda e rigorosa, accompagna lo spettatore nell’isolamento assoluto del protagonista, sottolineando quanto ogni piccola scelta possa fare la differenza tra la vita e la morte. Il minimalismo della messa in scena è controbilanciato dalla performance fisica e carismatica di Mikkelsen, vero cuore del film.
Proprio per il suo stile asciutto e realistico, Arctic ha spinto molti spettatori a chiedersi se la storia raccontata sia ispirata a eventi realmente accaduti. Il film, infatti, evita ogni concessione all’eroismo spettacolare, privilegiando la verosimiglianza e la tensione drammatica quotidiana. Nel prosieguo dell’articolo, risponderemo proprio a questa domanda: quella di Overgård è una storia vera? E se no, a quali fatti o immaginari collettivi si ispira? E, in generale, quanto è plausibile ciò che vediamo nel film?
La trama di Arctic
Protagonista della vicenda è l’uomo noto come Overgård, del quale non vengono forniti dettagli su chi sia o come sia arrivato dove si trovi. Egli è infatti bloccato nel circolo polare artico, in attesa di soccorsi che potrebbero non arrivare mai. Nel frattempo, la sua routine quotidiana consiste nel controllare le lenze da pesca, mappare l’ambiente circostante e far funzionare un segnale di soccorso alimentato da una dinamo a manovella. Il più delle volte è inoltre costretto a doversi confrontare con la durezza dell’ambiente circostante, in particolare proteggendosi dagli attacchi di orsi polari in cerca di cibo.
La sua sorte sembra cambiare nel momento in cui un elicottero riceve la sua richiesta di soccorso. Nell’atterraggio, però, il velivolo si schianta uccidendo il pilota e ferendo gravemente l’altra passeggera. Overgård si prende cura di questa portandola nel suo rifugio, cercando di medicarle la ferita. Il fatto di parlare lingue diverse, inoltre, non aiuta a risolvere la situazione. Entrato in possesso di una mappa, questa rivela all’uomo la presenza di un altro rifugio non molto distante. Arrivare lì e cercare ulteriore soccorso sarà dunque la sola possibilità per entrambi di avere salva la vita. Per riuscirci, però, dovranno affrontare numerosi pericoli lungo il percorso.
La storia vera dietro il film
Nonostante il suo stile realistico e il tono asciutto, la storia raccontata in Arctic non è tratta da eventi realmente accaduti. Il film, scritto da Joe Penna e Ryan Morrison, è una sceneggiatura originale che nasce dall’intento di raccontare una vicenda di sopravvivenza essenziale, quasi archetipica, in un contesto estremo. L’ambientazione glaciale, l’assenza quasi totale di dialoghi e la lotta contro la natura riportano immediatamente a una dimensione universale, in cui l’eroe non ha nome né passato esplicito: è un simbolo della resilienza umana, più che un ritratto biografico.
Detto questo, esistono numerose storie vere che richiamano per intensità e contesto quella narrata in Arctic. Una delle più celebri è la vicenda di Leonid Rogozov, medico sovietico che nel 1961, durante una spedizione in Antartide, fu costretto ad auto-operarsi per un’appendicite in condizioni estreme. Oppure il caso del pilota di aerei Art Scholl, scomparso durante un volo di addestramento in condizioni proibitive, anche se meno noto. Più in linea con il film è la tragica spedizione di Franklin nel XIX secolo, in cui due navi inglesi scomparvero tra i ghiacci canadesi e i superstiti tentarono disperatamente di salvarsi a piedi.
Infine, la vera fonte d’ispirazione di Arctic sembra essere l’immaginario collettivo del “sopravvivere all’inospitale”, alimentato da cronache di naufragi, incidenti aerei in territori remoti e racconti di isolamento estremo. L’Artico, come luogo reale e mitico, incarna perfettamente questa idea: è una soglia tra il mondo e il nulla, tra la vita e la sua assenza. Arctic si inserisce dunque in questa tradizione, non per documentare un fatto preciso, ma per evocare una condizione umana senza tempo: quella di chi, da solo, deve scegliere ogni giorno di resistere.
“Il nucleo della storia che volevamo raccontare è rimasto lo stesso nel corso delle riscritture, e può essere ambientato ovunque, nell’Artico o in un deserto. Basta cambiare le meccaniche delle sue sfide, tutto qui”, ha detto Penna nel corso di un’intervista. Penna ha quindi spiegato che il film approfondisce la natura della psiche umana. La narrazione non fornisce alcun retroscena ai suoi personaggi, aggiungendo valore al tema universale della storia e consentendo un’esplorazione approfondita dell’umanità.
Nonostante sia un’opera di finzione, Arctic è però sorprendentemente realistico nella rappresentazione delle tecniche di sopravvivenza in condizioni di questo genere. Secondo esperti del settore, il protagonista compie infatti scelte credibili e fondate: si ripara all’interno del relitto dell’aereo, raziona con attenzione le scorte di cibo, stabilisce segnali visibili per eventuali soccorritori e tenta la traversata solo quando le condizioni lo impongono. Anche l’uso del rampino per la pesca, la costruzione di una slitta e la gestione della ferita della donna ferita sono azioni coerenti con le conoscenze basilari di sopravvivenza polare.
Naturalmente, sono presenti alcune “concessioni cinematografiche”. La resistenza fisica del protagonista è leggermente idealizzata, soprattutto nel mantenere lucidità e forze per giorni interi sotto temperature estreme. A parte questo, Arctic evita gli eccessi spettacolari tipici di molti survival movie, scegliendo una rappresentazione sobria, priva di eroismi forzati. Questo approccio ha reso il film credibile anche per esperti di spedizioni e ambienti estremi, che lo hanno elogiato come uno dei film più accurati del genere. La coerenza con la realtà non è totale, ma altamente plausibile.