I cento passi: la storia vera dietro il film

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I cento passi, diretto da Marco Tullio Giordana e uscito nel 2000, è uno dei film più significativi del cinema italiano contemporaneo, capace di coniugare impegno civile, narrazione storica e forza emotiva. Dopo aver esordito negli anni Ottanta con titoli attenti al contesto politico e sociale italiano, Giordana raggiunge con I cento passi una delle vette della sua filmografia, affermandosi definitivamente come autore in grado di raccontare il nostro Paese attraverso la lente della memoria e dell’etica pubblica.

Il film può contare su un cast di altissimo livello, guidato da Luigi Lo Cascio nei panni di Peppino Impastato, giovane attivista e giornalista siciliano ucciso dalla mafia nel 1978. Accanto a lui, attori come Luigi Maria Burruano e Lucia Sardo regalano interpretazioni intense e credibili, contribuendo a restituire l’autenticità del contesto familiare e sociale in cui si muove il protagonista. I cento passi ha avuto un forte impatto culturale e sociale, contribuendo a far conoscere al grande pubblico la storia di Impastato e a consolidare un immaginario collettivo di resistenza civile alla mafia.

Nel corso dell’articolo approfondiremo la vicenda vera che ha ispirato il film, analizzando il contesto storico e politico della Sicilia degli anni ’70, il percorso personale e ideologico di Peppino Impastato e il modo in cui Marco Tullio Giordana ha saputo trasformare una storia tragica in un’opera di denuncia e di speranza. Un racconto che continua a risuonare con forza anche oggi, a più di vent’anni dall’uscita del film e a quasi cinquant’anni dalla morte del suo protagonista.

Luigi Maria Burruano in I cento passi
Luigi Maria Burruano in I cento passi

La trama del film

Protagonista della vicenda è Peppino Impastato (Luigi Lo Cascio), giornalista attivo nella lotta alla mafia in Sicilia. Nato e cresciuto in una famiglia legata all’ambiente mafioso, soprattutto a causa del padre Luigi (Luigi Maria Burruano), Peppino cercherà in tutti i modi di dissociarsi dalla malavita, anche se questo gli costerà caro. Un’esistenza, quella del giovane attivista, segnata da una serie di eventi che ne decideranno il destino: prima l’assassinio dello zio mafioso Cesare Manzella (Pippo Montalbano), poi l’incontro col pittore comunista Stefano Venuti (Andrea Tidona) e, infine, il rifiuto netto del legame tra la sua famiglia e la mafia.

Peppino decide, infatti, di sfidare il boss del paese Gaetano Badalamenti (Tony Sperandeo), detto don Tano, denunciandone pubblicamente le attività illecite. Nonostante le ripetute minacce, la sua battaglia non si arresta: oltre a scrivere moltissimi articoli portando alla luce verità sempre più scomode, apre Radio Aut, emittente radiofonica dalla quale attacca duramente la mafia, beffeggiando boss e criminali. Peppino diventa agli occhi di tutti un simbolo anti-mafia e, per fare qualcosa di ancora più concreto per il suo paese, decide di candidarsi alle elezioni comunali schierandosi con il partito Democrazia Proletaria.

La storia vera dietro film

La storia vera dietro I cento passi affonda dunque le sue radici nella Sicilia degli anni ’70, una terra attraversata da profondi contrasti sociali, politici ed economici. In questo periodo, l’isola era dominata da un sistema di potere fortemente intrecciato con la mafia, che agiva indisturbata non solo nei traffici illeciti, ma anche nella gestione del territorio, nella politica locale e nella vita quotidiana delle persone. La popolazione era spesso rassegnata o complice, anche per paura, e il silenzio era una condizione diffusa. Parlare apertamente di mafia, denunciarne le collusioni e fare nomi significava mettersi in pericolo. È in questo contesto che emerge la figura di Peppino Impastato, un giovane che decise di rompere quel silenzio.

Peppino nacque nel 1948 a Cinisi, un piccolo paese in provincia di Palermo, in una famiglia legata alla mafia: il padre Luigi era vicino al boss locale Gaetano Badalamenti. Fin da ragazzo, Peppino si oppose con forza a quella cultura mafiosa che permeava il suo ambiente familiare e sociale. Dopo la morte dello zio, mafioso ucciso in un regolamento di conti, la sua presa di coscienza si fece più radicale. Si avvicinò alla sinistra extraparlamentare, al movimento antimilitarista e a quello studentesco, maturando un pensiero politico lucido e fortemente critico verso le strutture oppressive del potere mafioso.

Paolo Briguglia e Luigi Lo Cascio in I cento passi
Paolo Briguglia e Luigi Lo Cascio in I cento passi

La sua fu una lotta culturale oltre che politica: fondò collettivi, organizzò manifestazioni e soprattutto diede vita a una radio libera, Radio Aut, con cui denunciava corruzione, malaffare e violenza con un linguaggio ironico e dissacrante. Attraverso i microfoni di Radio Aut, Peppino prendeva di mira soprattutto Badalamenti, che chiamava sarcasticamente “Tano Seduto”, mettendone in ridicolo la figura pubblica e rivelandone i crimini. La sua voce diventava ogni giorno più forte, più scomoda. Nonostante fosse costantemente minacciato e ostacolato, Impastato non smise mai di esporsi, convinto che la cultura e l’informazione fossero armi fondamentali contro la mafia.

La sua militanza era tanto più straordinaria perché esercitata in un contesto in cui la mafia era non solo potere criminale, ma anche consuetudine, mentalità, cultura dominante. Il 9 maggio 1978, tuttavia, Peppino fu assassinato in maniera brutale: il suo corpo venne fatto esplodere sui binari della ferrovia, in un evidente tentativo di inscenare un attentato suicida. La sua morte, avvenuta nello stesso giorno del ritrovamento del corpo di Aldo Moro, passò inizialmente sotto silenzio, e le indagini furono da subito segnate da depistaggi e coperture.

Solo dopo anni di battaglie da parte della famiglia, in particolare della madre Felicia e del fratello Giovanni, e del Centro siciliano di documentazione a lui intitolato, fu riconosciuto il vero mandante: proprio quel Gaetano Badalamenti, il boss che Peppino aveva sfidato a viso aperto. I cento passi riprende allora questa vicenda reale e la racconta con una tensione emotiva e politica che non cede mai al patetismo o alla retorica. Marco Tullio Giordana compie un’operazione preziosa: non solo ricostruisce con rigore i fatti, ma riesce a restituire il fermento intellettuale e il coraggio etico che animavano Peppino.

Il titolo stesso del film richiama la distanza tra la casa degli Impastato e quella del boss Badalamenti: solo cento passi, simbolo concreto e potente di una prossimità fisica e di un’enorme distanza morale. Il lascito di Peppino Impastato continua a vivere oggi in scuole, associazioni, libri e opere cinematografiche che portano avanti il suo esempio. La sua storia è diventata emblematica del potere della parola e dell’impegno civile in un Paese che spesso ha fatto fatica a guardare in faccia la verità. I cento passi ha contribuito in modo decisivo a far conoscere la sua vicenda anche alle generazioni più giovani, trasformando la memoria in strumento di lotta e coscienza collettiva.

Gianmaria Cataldo
Gianmaria Cataldo
Laureato con lode in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza e iscritto all’Ordine dei Giornalisti del Lazio come giornalista pubblicista. Dal 2018 collabora con Cinefilos.it, assumendo nel 2023 il ruolo di Caporedattore. È autore di saggi critici sul cinema pubblicati dalla casa editrice Bakemono Lab.
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