Pochi franchise hanno un’idea evocativa come quella di La notte del giudizio. La saga allegorica ruota attorno all’idea di un periodo – chiamato lo Sfogo – di 12 ore durante il quale ogni crimine è legale negli Stati Uniti. Il primo film del 2013, un thriller con un’invasione domestica, era solo un assaggio di quello che il concetto avrebbe sviluppato nei film successivi. Il secondo e il terzo film hanno ampliato il mondo distopico del futuro prossimo, portando le scene per le strade nella notte dello Sfogo e intensificando la violenza. Tuttavia, pur continuando a mostrare diverse prospettive sullo Sfogo, la saga non aveva ancora esplorato appieno le menti dietro l’evento: i Nuovi Padri Fondatori d’America. Il quarto film, La prima notte del giudizio (qui la recensione) ha poi risposto a queste domande.
Questo capitolo prequel riporta il pubblico alle origini sperimentali di quella che diventerà una tradizione nazionale violenta e divisiva. Ambientato in stile stanza chiusa nel quartiere di Staten Island, a New York, il thriller permette di avere visione più chiara finora dei primi momenti dello Sfogo come istituzione. Il prequel si spinge poi al massimo nel commento sociale, ricco di riferimenti evocativi a tragedie reali che alimentano l’intero film. In questo approfondimento, ci concentriamo in particolare sul finale del film, andando a fornire una sua spiegazione in relazione ai colpi di scena proposti e a ciò che ci dice sul resto della saga.
La spiegazione del finale di La prima notte del giudizio: difendere il quartiere
Il terzo atto di La prima notte del giudizio scatta con un’esplosione vendicativa, trasformandosi da un thriller carico di suspense in un vero e proprio action movie: il boss della droga Dmitri irrompe nelle torri del complesso Park Hill per difendere i suoi amici dal 14º piano. A quel punto il film smette di ambientarsi in una bolla cittadina e si trasforma in una campagna di sterminio autorizzata dal governo, mentre la milizia internazionale assoldata dai NFFA inizia a sgomberare il palazzo piano dopo piano. C’è una vena di ironia drammatica nel fatto che l’unico a difendere la gente indifesa del complesso sia lo spacciatore di quartiere.
Egli – con quasi santa grazia – passa infatti ogni secondo libero ad allenarsi, mangiare pollo e diventare un esperto di armi da fuoco. Lontanissimo dagli stereotipi sul pusher predatorio, Dmitri diventa una sorta di Batman cittadino, l’uomo più capace, ben equipaggiato e carismatico del quartiere. Mentre il governo estremo e reazionario cerca di uccidere la popolazione, lui emerge come una figura autoritaria che valorizza la comunità e protegge le persone. Non è il tipico protagonista, ed è questo che rende questo capitolo della saga particolarmente intrigante.
I Signori della guerra
La prima notte del giudizio elimina qualsiasi appiglio di speranza con l’assassinio senza dignità del personaggio interpretato da Marisa Tomei, la dottoressa Updale, ideatrice dell’esperimento a Staten Island. Ricercatrice apparentemente imparziale – seppur estremamente immorale – Updale avvia l’esperimento dello Sfogo con intenti scientifici, osservando il comportamento umano. Non le importa se la gente si ammazza, il suo interesse è il dato. Ma la sua visione basata solo sui dati la mette in rotta di collisione con i Nuovi Padri Fondatori d’America. Questi sono rappresentati nel film dal politico alleato dei NFFA, Arlo Sabian.
Secondo la dottoressa Updale, però, le persone lasciate a loro stesse durante lo Sfogo non tendono alla violenza: preferiscono festeggiare in strada più che distruggersi a vicenda. Questa scoperta è fondamentale per la tesi del film: la natura umana è portata verso la gentilezza, non la sociopatia. La violenza scoppia solo quando un agente esterno – in questo caso la NFFA – schiaccia deliberatamente la bilancia. Dopo due atti di tensione crescente, il governo toglie quindi ogni freno per il finale brutale. A questo punto, si scopre chiaramente che lo Sfogo non era un esperimento casuale, bensì uno strumento progettato per sterminare deliberatamente le classi sociali più povere.
Le scuse sulla disoccupazione e sul deficit economico erano convenienti, ma lo Sfogo non era una soluzione: era un capro espiatorio per eliminare i più deboli e garantire alle élite quello che le loro azioni non potevano produrre. Considerando la crescente disuguaglianza economica nel mondo reale, il messaggio risuona forte. Spesso la colpa della miseria viene attribuita ai poveri, mentre chi sfrutta le città e interi Paesi resta impunito. Nel mondo distopico della saga, i poveri non vengono solo ignorati: vengono deliberatamente eliminati. Per i propri intenti, la NFFA non si affida solo alla milizia privata per sterminare i poveri. No, questo governo sa perfettamente che ci sono più modi per sconfiggere un avversario.
Per assicurare che l’esperimento iniziale funzioni davvero, gli agenti della NFFA introducono quindi un ingente arsenale di armi pesanti nel mercato nero di Staten Island. La maggior parte di quelle armi finisce nelle mani del team di Dmitri, che usa il materiale per resistere agli invasori sponsorizzati dal governo. Ma come viene ribadito mentre i personaggi si preparano alla contromossa, il piano originale del NFFA era far sì che la popolazione si autodistruggesse, armata fino ai denti. Questo passaggio riflette tattiche reali attribuite al governo statunitense: si inviano armi in contesti ostili per controllarli da dentro. La prima notte del giudizio suggerisce che la NFFA credeva che solo attraverso la morte su larga scala si potesse creare capitale politico per una Purge nazionale. Per farlo, erano disposti ad armare la popolazione.
Simboli della violenza
All’inizio Dmitri torna quindi nelle torri con un intero plotone, pronti per il conflitto, armati fino ai denti. Ma anche se fossero stati utili contro la milizia del governo, la trappola era già tesa: il quartiere è circondato da droni armati, che falciano chiunque. Come sempre nella saga, carica di metafore, anche questo massacro trasmette un messaggio politico potente: l’uso dei droni come forma di guerra asimmetrica e la capacità dello Stato di eliminare i cittadini senza processo. Non è fantascienza: il governo Usa utilizza davvero droni in missioni letali anche contro civili all’estero. La prima notte del giudizio porta questa premessa al suo compimento logico, con il governo che usa la tecnologia per schiacciare una resistenza nella propria terra.
Inoltre, la politica razziale della saga non è mai stata tanto esplicita quanto in questo quarto film, dove il NFFA e i suoi alleati vestono simboli riconoscibili di suprematisti bianchi. Non si tratta solo di guerra di classi: c’è una guerra razziale in piena regola con missione neo-nazista. Non è un caso che il film abbia praticamente solo attori neri: il tema della violenza bianca sulle comunità nere è centrale. Il film utilizza immagini forti come i cappucci stile KKK rossi, bianchi e blu, uomini in nero con passamontagna, guardie SS e simboli di odio. La chiesa invasa da una squadra della morte extra-legale, uomini trascinati con moto: scene troppo reali per non colpire duramente lo spettatore.
Un bagliore di speranza
Il film finisce tra le fiamme, quando lo scontro nei complessi Park Hill culmina con un’esplosione di C-4 proprio mentre termina il periodo di 12 ore sperimentale. Con la fine dello Sfogo la calma torna. Dmitri, Nya, Isaiah e Dolores scendono dalla torre, si uniscono alla folla all’alba e ricostruiscono la comunità dopo una notte di violenza. Invece di macellarsi, la gente si è difesa. È una piccola vittoria morale. Anche se non fermeranno lo Sfogo in tutto il paese, la loro resistenza è un simbolo di speranza. La colonna sonora finale suona Alright di Kendrick Lamar – un moderno inno alla resistenza e alla resilienza. Anche in un mondo distopico senza speranze, la gente lotta: in una saga così cupa, questa è già una vittoria.
La spiegazione della scena mid-credits
Durante i titoli di coda appare una scena che mostra una conferenza stampa post-Sfogo tenuta dal malvagio tirapiedi del governo Arlo Sabian (Patch Darragh), capo dello staff del presidente Bracken, recentemente eletto. Bracken, ovviamente, rappresenta il partito Nuovi Padri Fondatori d’America, ora al potere, che, come chiarisce il film, ha implementato il concetto di Sfogo come un modo per eliminare le popolazioni povere e principalmente minoritarie che riteneva indesiderabili e un peso per la società.
Grazie agli sforzi diabolici per aumentare artificialmente la partecipazione allo Sfogo, Sabian annuncia durante la scena dei titoli di coda che l’esperimento è stato giudicato un successo e che i Nuovi Padri Fondatori d’America intendono promuovere l’espansione a livello nazionale del concetto. Come tutti i fan sanno, questo sforzo si è rivelato vincente, portando alle caotiche notti viste negli altri film, tra cui la morte di James Sandin (Ethan Hawke), il percorso morale di Leo Barnes (Frank Grillo) e l’eventuale elezione della senatrice Charlie Roan (Elizabeth Mitchell), oppositrice dello Sfogo. La scena non è quindi realmente pensata per un nuovo film, ma piuttosto per fornire l’ultimo tassello del puzzle, ricollegandosi ai successivi capitoli.