Venerdì 13, diretto nel 1980 da Sean S. Cunningham, è uno dei film cardine del genere horror slasher. Ambientato nel campeggio di Crystal Lake, il film mescola suspense, tensione crescente e colpi di scena con un ritmo serrato che ha ridefinito il modo di raccontare la paura sul grande schermo. La trama semplice ma efficace, centrata sul misterioso assassino che uccide i ragazzi del campeggio uno a uno, ha contribuito a stabilire gli archetipi del genere, influenzando decine di pellicole successive e fissando nuovi standard per il pubblico horror degli anni ’80.
Il successo del film è stato immediato, nonostante un budget limitato. Il meccanismo delle “regole del sopravvissuto” e la tensione crescente hanno catturato l’immaginazione degli spettatori, trasformando Venerdì 13 in un fenomeno commerciale e culturale. L’opera ha dato vita a un franchise duraturo, con numerosi sequel, remake e prodotti derivati, consolidando la fama di Jason Voorhees, che pur non essendo il killer nel primo film, sarebbe diventato la vera icona della saga. La maschera e l’ascia sono infatti diventate simboli immediatamente riconoscibili dell’horror.
Insieme a Halloween di John Carpenter e Nightmare – Dal profondo della notte di Wes Craven, Venerdì 13 ha film di mafia lo slasher movie, stabilendo convenzioni narrative e visive poi imitate da molti altri film. La combinazione di tensione psicologica, omicidi creativi e ambientazioni isolate ha imposto un nuovo standard per il genere, con una struttura prevedibile ma efficace che permette al pubblico di identificarsi con le vittime e temere per la loro sorte. Nel resto dell’articolo verrà proposta un’analisi approfondita del finale e del significato nascosto dietro gli eventi conclusivi.

La trama di Venerdì 13
È venerdì 13 giugno 1979 quando un gruppo di studenti, tra cui Alice, Bill, Brenda, Ned e i due fidanzati Jack e Marcie, arriva al campeggio Camp Crystal Lake, dove sono stati assunti per preparare il camping in vista dell’imminente riapertura estiva. Nello stesso momento un’altra ragazza, Annie, ingaggiata come cuoca del campeggio, accetta un passaggio da un abitante del luogo, Enos, il quale la avverte riguardo le voci sul quel campeggio considerato maledetto dalla gente del posto, tanto da essere stato rinominato ‘il mattatoio’ a causa di un evento accaduto più di vent’anni anni prima.
Nel 1957 infatti un ragazzino di nome Jason Voorhees, figlio dell’allora cuoca del campo Pamela, venne spinto nel lago dai compagni di campeggio e vi morì annegato a causa della negligenza dei due ragazzi addetti alla sorveglianza. Un anno dopo il nefasto incidente, i due furono però trovati morti e il campeggio venne chiuso. A questi primi terribili fatti seguirono altri eventi drammatici che fino a quel momento avevano impedito la riapertura del campeggio.Nonostante gli avvertimenti degli abitanti del luogo, i ragazzi continuano però a lavorare in vista della riapertura del campeggio, luogo che diventerà a breve teatro di numerosi omicidi frutto di una sanguinosa brama di vendetta.
La spiegazione del finale del film
Nel terzo atto di Venerdì 13, l’azione si concentra sul confronto finale tra Alice e l’assassino, inizialmente misterioso, che si rivela essere Mrs. Voorhees. Dopo che i suoi amici sono stati sistematicamente uccisi, Alice si trova isolata all’interno del campeggio, scoprendo i corpi di Annie e Steve e rendendosi conto della vera minaccia. La tensione raggiunge l’apice quando la donna, motivata dalla vendetta per la morte del figlio Jason, tenta di sopraffare Alice, trasformando il lago e le strutture del campo in un terreno di caccia claustrofobico e violento, tra inseguimenti e scontri fisici serrati.
La lotta culmina sulla riva del lago, dove Alice affronta Mrs. Voorhees in uno scontro diretto. Con astuzia e determinazione, riesce a ribaltare la situazione, impugnando una machete e decapitandola, ponendo fine alla furia omicida della donna. Esausta, Alice si rifugia su una canoa, che scivola lentamente sul lago mentre lei cade in uno stato di semi-incoscienza. La sequenza mostra il classico momento di “calma apparente” tipico degli slasher, in cui la sopravvissuta riesce a sopravvivere ma la minaccia sembra non essere del tutto eliminata.

Tuttavia, il finale riserva un ultimo colpo di scena: all’alba, Jason, il figlio di Mrs. Voorhees, emerge in forma di cadavere dal lago, trascinando Alice sott’acqua. Questa apparente visione sovrannaturale viene immediatamente smentita dalla successiva scena in ospedale, dove Alice scopre che non ci sono prove della presenza del ragazzo, lasciando il pubblico sospeso tra realtà e incubo. La tensione si stempera solo in parte, suggerendo che l’ombra del trauma e della vendetta potrebbe persistere oltre il film.
Il finale compie pienamente i temi del film, tra cui la vendetta materna, il senso di colpa e la punizione per trascuratezza, attraverso l’eroina che affronta il male direttamente. La figura di Alice come sopravvissuta attiva ribalta il tradizionale ruolo passivo delle vittime femminili, consolidando il trope dello “slasher survivor” e mostrando come la resilienza e l’astuzia siano strumenti essenziali per sopravvivere al terrore. La violenza, pur estrema, diventa un mezzo narrativo per sottolineare giustizia e ribaltamento di potere.
Il messaggio finale del film è duplice: da un lato, mette in guardia contro la negligenza e la responsabilità personale, mostrando le conseguenze estreme del mancato controllo sui giovani; dall’altro, enfatizza la forza individuale e l’ingegno come strumenti di sopravvivenza in circostanze estreme. Alice rappresenta la capacità di affrontare la paura e superare il trauma, mentre la presenza ambiguamente “reale” di Jason suggerisce che l’orrore può lasciare un’eco persistente, un monito che la paura non si limita agli eventi visibili, ma continua a vivere nell’immaginazione del pubblico.
