Venerdì mattina alla Casa del Cinema
di Roma è stato presentato alla stampa Benur – un
gladiatore in affitto di Massimo
Andrei. In sala erano presenti il regista, la produttrice
Flavia Parnasi, il produttore esecutivo
Mario Mazzarotto, e i protagonisti: Nicola
Pistoia, Paolo Triestino ed Elisabetta De
Vito. Presente anche Gianni Clemente,
autore del soggetto e della sceneggiatura di “Benur” nonché
dell’omonima commedia teatrale.
D: Perché la scelta di “Benur”?
FLAVIA PARNASI
R: Sono andata a teatro con una mia amica a vedere una pièce teatrale, non sapevo bene di cosa si trattasse, e mi sono emozionata e affezionata alla storia e agli attori. Quindi ho pensato perché non condividere tutto questo con il pubblico e farne un film? Mi è capitato poi di vedere “Mater Natura” di Massimo Andrei, e ho capito che lui sarebbe stata la persona giusta cui affidare la regia del film.
D: Cosa può dirci sulla genesi del film a partire dalla commedia di teatro?
MASSIMO ANDREI
R: Ovviamente ho rimesso mano al copione teatrale, il plot è più o meno lo stesso ma abbiamo fatto molte modifiche. Anzitutto, siamo potuti uscire fuori dal salotto in cui era relegata l’azione a teatro…
D: Come mai avete deciso di cambiare il finale, di farne uno in fondo più consolatorio?
MASSIMO ANDREI
R: Abbiamo preso le distanze dal messaggio inziale della pièce teatrale. Il finale è quello di un italiano: ho pensato di non dare solo lo sguardo di chi ha trattato male un extra-comunitario. Ho voluto dare anche un’altra possibilità, l’idea che quest’entusiasmo venuto da fuori, questa voglia di fare alla fine ti premia.
Qui l’extra-comunitario esce vincente rispetto all’italiano che resta seduto e torna a fare quello che faceva prima, anche se ha avuto un momento di splendore… Se il finale sia sogno o realtà l’ho lasciato alla libera interpretazione dello spettatore.
D: Nel suo caso si parlava di un personaggio con una certa indolenza: cosa vuol dirci a proposito? Vuole aggiungere qualcosa sulla trasposizione da testo teatrale?
NICOLA PISTOIA
R: Per me è stata una grande soddisfazione rivedere tutto nel cinema, c’era la stessa tensione drammaturgica, gli applausi scattavano nelle stesse scene a cinema e teatro.
Per quanto riguarda il mio personaggio, io come attore sono un po’ cialtrone, la mia indole rispecchia quella di Sergio – non mi va mai di provare e ripetere le scene.
Per il finale io sono più legato a quello originale, ma capisco la scelta di Andrei, è una scelta che ci può stare nella trasposizione filmica.
D: Avete affrontato dei temi sociali (l’illegalità, l’infortunio e lo sfruttamento sul lavoro, ecc). Come avete scelto questi argomenti?
R: Io posso raccontare un aneddoto. Quando feci il provino per il film, stavo girando per “Uno Mattina” un fiction proprio sul tema delle morti bianche sul lavoro, e si parlava proprio di un clandestino che resta ferito durante il lavoro. Sono storie purtroppo quotidiane, che si verificano di continuo nel nostro mondo.
GIANNI CLEMENTI
R: Guardavo sempre i centurioni davanti al Colosseo che tornavano a casa dal lavoro e mi chiedevo sempre cosa ci fosse dietro queste persone. La mia storia di fantasia si incrocia con la realtà; avevo sentito di un immigrato che era morto di fatica mentre raccoglieva dei pomodori in un campo, ed era stato trascinato qualche kilometro più avanti e abbandonato lì.
MASSIMO ANDREI
R: Ciò che volevo era raccontare la miseria umana (altra cosa rispetto alla miserabilità), ma volevo farlo con il riso, con battute a volte irriverenti, con una recitazione forte, aggressiva e urlata com’era quella di Pistoia – una recitazione che ricorda un po’ quella vecchia commedia italiana “caciarona”. Il tema del disagio civile è qualcosa che mi sta molto a cuore, io sono napoletano e guardo a Napoli gli immigrati con molta ammirazione per questa loro voglia di fare – una voglia che deriva dalla fame e dalla miseria.
D: Il film è stato girato tra il Colosseo e la zona di Tor Sapienza: cosa ci può dire di questa periferia?
NICOLA PISTOIA
R: Sono zone certo pericolose, ma esistono e ho imparato a conoscerle mentre giravo; e ho conosciuto persone di una semplicità e di una generosità che mai avrei incontrato altrimenti. Per me è stata una vera e propria lezione di vita.
PAOLO TRIESTINO
R: Volevo aggiungere che nel film non si vede mai la Roma borghese e Umbertina, ma solo quella archeologica e quella della periferia. Questa per me è la cosa più bella del film.