EMILIANO CORAPI
D: Com’è nato il progetto, l’idea di questo
film?
R: Il film nasce da un articolo di giornale, in cui si raccontava
di come la criminalità organizzata preferisse avvalersi di gente
incensurata per le sue consegne. Mi aveva stupito di come persone
apparentemente normali si trovassero a fare questo mestiere, a
correre questi rischi per appianare la loro crisi economica. Non
volevo fare un film di genere, ma un film che raccontasse la
tensione presente nella storia e nel personaggio, che ne
restituisse lo spessore drammatico. È un film sulla necessità di
rimanere integri: un tema classico, molto sfruttato certo, ma
quanto mai attuale, in un periodo che sollecita la parte peggiore e
più debole delle persone.
D: Per quanto riguarda il ruolo di Sergio, lui è già oltre
rispetto ad Alberto, ma poi recupera la sua umanità. Come l’avete
pensato?
EMILIANO CORAPI
R: Dietro la figura di Sergio si scopre un dramma che è simile a
quello di Alberto. Il gesto di riscatto e redenzione non è fatto
solo perché ha ucciso un uomo, ma anche per recuperare se stesso,
per fare qualcosa di buono dopo una serie di scelte, di scorciatoie
che gli hanno rovinato la vita.
DANIELE LIOTTI
R: Quello che mi ha colpito, e che mi ha portato ad accettare la
parte, è la frustrazione del personaggio di Sergio. Potrebbe essere
una proiezione di Alberto, quello che gli sarebbe potuto accadere
se fosse andato avanti per quella strada. Sergio sceglie una
strada, più facile e veloce, ma non lo rende felice. Non è però
l’omicidio a farlo redimere, ma la consapevolezza che quella che ha
scelto non è la sua strada. Lui e Alberto vivono lo stesso dramma,
ma da punti di partenza completamente diversi.
VINICIO MARCHIONI
D: Nella sua interpretazione c’è uno sforzo per
“scomparire” e far emergere l’uomo medio.
R: Sì, è quello che un attore dovrebbe fare sempre. Io ho iniziato
lavorando sull’inflessione ligure. Mi sono reso conto che
quell’inflessione era l’indizio di un modo di camminare, di
muoversi, della personalità di un uomo normale. E fare un uomo
normale è la cosa più difficile che ci sia.
D: È strana l’evoluzione dei due personaggi: normali,
mediocri, che hanno paura, ma che sono anche pronti ad
uccidere.
VINICIO MARCHIONI
R: Ma quante volte abbiamo letto negli ultimi anni di persone
normali che poi vanno fuori di testa? Perché sono arrivati, perché
non ce la fanno proprio perché hanno paura.
DANIELE LIOTTI
R: Questa è la storia di due disgraziati, persone che arrivano
sull’orlo del precipizio e vengono sbattuti fuori da quel presunto
equilibrio in cui vivono.
D: Come mai il film non è
stato finanziato tra le opere prime?
EMILIANO CORAPI
R: Beh, questo dovrebbe chiederlo al Ministero (ride). Non glielo
so dire, in realtà il film è stato molto apprezzato ed ha avuto un
punteggio molto alto, sempre a ridosso di quelle opere che poi
hanno avuto i finanziamenti. E poi, posso dirlo? In Italia, per
fare un film, bisogna passare attraverso alcuni circuiti
distributivi: se non ti danno l’ok, il film non si fa.
DANIELE LIOTTI:
R: Io non capisco perché il cinema italiano indipendente debba
sempre rimanere al palo, e a volte non si riesca a far emergere un
progetto. Vorrei sottolineare che gli attori che hanno fatto questo
film, cui certo non mancano offerte di lavoro, lo hanno fatto solo
con un rimborso spese.