Festa di Roma 2015: James Vanderbilt racconta la sua Truth

Guardando alla sua carriera di sceneggiatore si contano un disaster movie che è stato un blockbuster e un blockbuster disastroso. James Vanderbilt, alla sua prima esperienza registica, ribalta l’immagine che Hollywood ha di lui e consegna al cinema Truth, presentato in anteprima al Toronto Film Feastival e film d’apertura della Festa del Cinema di Roma 2015, decima edizione.

“Sono molto orgoglioso del film ma sta a voi giudicare” così si rivolge ilò regista alla stampa, piuttosto entusiasta del suo film, solido dal punto di vista della scrittura e girato secondo una scuola piuttosto classica e convincente.

INTERVISTA A ISABELLA ROSSELLINI

In che modo vede i suoi protagonisti? Responsabili, sconfitti o colpevoli?

truth“Credo che siano umani. Il libro di Mary (Mapes, da cui è stato tratto il film, ndr) è bellissimo e lei scrive con grande sincerità, ci sono alcuni ritratti non molto lusinghieri di quelli che lavoravano alla CBS all’epoca. Nel film tutti provano a fare del loro lavoro, tutti cercano la verità, da cui il titolo del film, ma non sempre ci riescono. La verità sfugge e spesso può rovinare la vita, la carriera, come in questo caso. Per esempio Mary, non era famosa, ma aveva una solida carriera alle spalle di 15 anni alla CBS, e non ha potuto continuare”.

Ha scritto di recente la sceneggiatura di The Amazing Spider-Man, questi giornalisti possono essere considerati degli eroi?

“Per alcuni versi fare il giornalista è semplice, bisogna continuare a fare domande. Credo che se può nascere un dibattito da questo film sul ruolo dei media ben venga. Questi sono eroi, ma di tipo diverso rispetto a Spider-Man. La nostra volontà era che il film coinvolgesse, ma si parla anche di una storia vera, e quindi non ci potevano affidare a qualcuno che si lancia dai grattacieli, ma abbiamo giocato solo sulla tensionem e anche sui grandi attori che 8in questo caso abbiamo”.

Negli Stati Uniti, dove è già uscito, il film ha avuto diverse critiche, alle quali Vanderbilt replica così: “Avevamo previsto le critiche, non volevamo certo fare tutti felici, ma noi abbiamo raccontato la storia dal punto di vista di Dan Rather e Mary. Abbiamo chiamato Dan e gli abbiamo chiesto di fare un film su di lui, ma non sulla sua gloriosa attività professionale, ma sulla prova più difficile della sua incredibile carriera. Qualcuno ci ha detto che siamo stati troppo teneri, ma noi abbiamo provato solo a raccontare le storia come si è svolta”.

Come si contestualizza questa storia oggi?

“In termini di scena politica oggi è molto difficile fare del giornalismo di indagine, nel film ci mettono cinque giorni a mettere in piedi la storia, il che è da considerarsi in assoluto un tempo piuttosto breve, solo che oggi cinque giorni sono un eternità con i mezzi e le attrezzature di cui disponiamo”.

Come è stato lavorare con Cate Blanchett?

“Aveva appena vinto un premio Oscar e ha accettato di lavorare con un regista alle prime armi. Si è fatta un culo così, perdonate il francesismo. Ha studiato il mestiere, i tic, i modi di fare, Ha parlato tanto con Mary, facendo anche lunghe conversazioni su Skype. Ha ricostruito tutto con la massima minuzia”.