Festival di Roma 2014: Tomas Milian: “Tornare a Roma è una rinascita”

Marco Muller, direttore del Festival, dà il benvenuto ai giornalisti per dare il via a questa nona edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, iniziato con la presunta cancellazione di alcune proiezioni (Miike Takashi e Joe Dante), smentite da Muller, che invece conferma entrambi gli incontri.

 

Una domanda riguarda la scelta dei due film di apertura e chiusura: due film italiani, due commedie (Soap Opera e Andiamo a Quel Paese), scelta sistematica per ricondurre questa “festa” del cinema alla tradizione puramente italiana della commedia, due film ritenuti da Muller diversi dalle solite produzioni e che gettano nuova luce sull’argomento.

Per quanto riguarda i dati statistici delle vendite dei biglietti, tutto procede sulla linea più giusta di vendita nonostante l’incalzante crisi del settore.

Tomas MilianA seguire, c’è stata una breve anticipazione riguardante l’ospite d’onore di questa edizione: Tomas Milian riceverà Il Marc’Aurelio Acting Award di quest’anno, un premio prestigioso per un attore globale che ha rappresentato la romanità in tutto il mondo (pur essendo cubano di nascita e americano d’adozione).

Il personaggio che più ha amato interpretare è stato proprio “Er Monnezza”: a tal proposito, racconta- tramite un aneddoto- di quando, esponente dell’alta borghesia cubana, decise di “ribellarsi” a quel sistema e a quella società e, dopo un’illuminante visione del film La Valle dell’Eden con James Dean, decise di diventare attore per provare qualcosa a suo padre (morto suicida, con un colpo al cuore, quando Milian aveva 12 anni). Così andò da sua zia, una donna ricca e colta, ma anche castrista e, confidandosi con lei, la donna prese la decisione di pagargli le lezioni presso il prestigioso Actors Studio trasferendosi negli Usa. La zia gli dà però un saggio consiglio: per fare davvero del buon cinema, doveva interpretare personaggi distanti da lui, figure del popolo lontane dal suo status. Così, con questa nuova consapevolezza, si iscrisse all’Actors Studio (dove c’erano 3000 attori Usa e un unico cubano con forte accento… lui, appunto). Il provino consisteva in un monologo tratto da “Home of the Brave” di A. Lawrence, che Milian scelse perché l’intensità drammatica gli ricordava il suicidio del padre e il rapporto burrascoso e doloroso che i due avevano, raccontando così un altro aneddoto che racconta con dolore struggente, senza risparmiare nessun dettaglio.

Alla fine, Milian ha espresso il suo punto di vista sulla recitazione e sul mestiere d’attori: per lui “essere bravi” e credibili sulla scena non vuol dire recitare, ma vivere il personaggio: perdersi in esso, con tutti i rischi del caso e la possibilità di essere totalmente assorbiti dal character che si interpreta.

Il ritorno di Milian a Roma è paragonabile, secondo lui, ad una vera e propria resurrezione personale.

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