Jonas Rivera, produttore di Toy Story 4, racconta il ritorno di Woody & Co

Jonas Rivera

Jonas Rivera è entrato a far parte della famiglia Pixar dall’inizio, all’epoca della realizzazione di Toy Story. Era il 1995, e il giovane Jonas portava i caffè ai boss dello studio. A distanza di 24 anni, Rivera è arrivato a Milano per presentare il prossimo film della Pixar, in cui è coinvolto in veste di produttore: Toy Story 4.

 

Certo, il nuovo film del franchise sui giocattoli non è il primo prodotto da Rivera, che vanta nel CV già un premio Oscar per Inside Out, sempre alla Pixar, che divide con Pete Docter. Tuttavia, per chi lavora in questo studio, partecipare a un film di Toy Story ha un che di magico e primordiale, come toccare l’origine, il punto vitale dello Studio stesso.

Toy Story 3 ha chiuso alla perfezione il racconto della trilogia, accomiatandosi dall’infanzia e passando il testimone ad altre storie. I giocattoli di Andy continuano ad avere un’utilità e allo stesso tempo Andy, con gratitudine, andrà avanti senza di loro. Forse proprio per la perfezione di questa conclusione, l’annuncio di Toy Story 4 ha destato qualche perplessità. Come si è trovata una storia che potesse davvero valer la pena di raccontare?

“Quando abbiamo cominciato a lavorare a questo film, abbiamo deciso che la storia doveva davvero essere valida, sapendo che il finale di Toy Story 3 era un finale meraviglioso. La cosa di cui più abbiamo discusso erano i personaggi, perché le avventure sono importanti solo ai fini dello svolgimento di una trama, in realtà quello che abbiamo analizzato è stato il personaggio di Woody, riflettendo sul fatto che valesse la pena continuare a raccontare il suo personaggio anche dopo i suoi anni con Andy. Abbiamo pensato che fosse possibile esplorare ulteriormente questo personaggio.”

In occasione della presentazione, sono stati mostrati anche 20 minuti del film, in esclusiva, in cui si nota subito che alcune scene, come nella migliore tradizione di Toy Story, sono decisamente cupe (in questo caso la scena ambientata nel negozio di antiquariato) e con riferimenti cinefili ben precisi. Dettagli troppo difficili per i bambini a cui il film è destinato?

“In realtà noi facciamo i film per noi stessi, questo perché siamo in realtà dei bambini e ci comportiamo come tali, ma al tempo stesso siamo dei cinefili alla Pixar e quindi amiamo tutto il cinema. Tutto questo lo riversiamo nei film che facciamo. Ovvio che poi ci auguriamo che quello che facciamo possa piacere anche a tutto il pubblico. Ripensando alle scene che vi abbiamo mostrato oggi hanno dei toni noir, ma c’è anche molta commedia. Io ho tre figli di 13 10 e 7 anni e sono loro il mio riferimento perché reagiscono a quello che gli mostro, e questo mi insegna molto su ciò che può funzionare meglio o peggio.

Tra l’altro, ogni volta che si parte con un progetto nuovo, ad esempio è accaduto con Inside Out, qualcuno si è chiesto se fosse troppo esoterico o filosofico, troppo giocato sulle emozioni. In realtà poi scopriamo che i bambini capiscono molto meglio degli adulti, il nostro è un pubblico intelligente. È chiaro che vedendo una scena con un riferimento a Viale del tramonto un bambino non può riconoscere quel riferimento cinematografico, però capirà che si trova davanti a una situazione di pericolo o a una situazione più comica, divertente. Ci sono più livelli sui quali lavoriamo.”

La più grande novità del film è quella legata a Bo Peep, un personaggio che abbiamo incontrato ne primi film e che poi è sparito dal terzo, una lampada della sorellina di Andy che aveva un legame speciale con Woody. La ritroviamo profondamente cambiata in questo film.

“Siamo stati molto fortunati ad avere con noi, nel team, delle donne che erano responsabili del personaggio, sia da un punto di vista dell’animazione, sia da quello dello sviluppo della storia. Lo abbiamo rinominato il team Bo, era la squadra dedicata a lei e quando si è trattato di lavorarci su, hanno chiesto a noi uomini di uscire, di non interferire, e hanno deciso loro come si doveva muovere, come doveva essere vestita e come si doveva comportare. Non si volevano gli stereotipi o le scelte e scontate. Hanno realizzato un personaggio deciso e forte, e da questo è venuto fuori il personaggio che vedrete nel film.”

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