Kevin Munroe presenta a Roma Dylan Dog

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Arriva oggi al cinema l’attesa e controversa trasposizione cinematografica di Dylan Dog made in USA e portata sullo schermo da Kevin Munroe, già regista di TMNT. Il giovane regista ha incontrato la stampa romana e, a seguito della proiezione, si è dovuto ben difendere da domande cortesi ma insistenti: perché il loro (e nostro) anti-eroe è stato così maltrattato?

Quando gli americani fanno qualcosa per il cinema, e in generale per tutto, cercano sempre di acchiappare più pubblico possibile e così ha apertamente dichiarato la stesso Munroe, anche a scapito del valore e della profondità della storia.

Lei ha avuto a che fare con una sceneggiatura già scritta, come si è approcciato a questo lavoro?

Ho finito di lavorare a TMNT e, dopo un anno, mi e arrivata la proposta, ma erano circa otto anni che il progetto a in piedi. Ho letto la sceneggiatura e la ho trovata fantastica. Questo film aveva umorismo e una serie di potenzialità per costruire un mondo completamente diverso.

Si sa che la versione inglese del fumetto non è uguale a quella italiana, lei a quale ha fatto riferimento?

La prima volta che ho letto Dylan Dog è stato in inglese ma con la traduzione si perdono moltissime cose. Quando mi è arrivata la sceneggiatura che si chiamava Dead of Night, ho cercato la versione in italiano, l’ho trovata più profonda. La tendenza per gli americani è cercare di abbracciare più pubblico possibile con un film. Ho trovato comunque che entrambe le versioni potessero adattarsi a una sceneggiatura.

Come spiega le evidenti differenze del personaggio di Dylan nel fumetto e sullo schermo?

Quando trasponi un fumetto ci sono delle differenze. Quando poi ci sono tanti fan, un personaggio come questo che è un’icona, i problemi sono inevitabili. Sono consapevole dei rischi. Ho preso in mano una sceneggiatura già scritta, poi ci ho lavorato sopra. Le citazioni, soprattutto quelle nei titoli di testa, l’assistente che lancia a Dylan la pistola, anche se non poteva essere Groucho, sono idee mie. Dato che so che i fan vogliono ritrovare dei segni distintivi, li ho inseriti. All’inizio lo script era ambientato a New York, Elizabeth viveva a Central Park West, ma poi l’ambientazione è stata cambiata per New Orleans. Se Dylan dovesse andar via da Londra per arrivare in America, penso che sceglierebbe proprio questa città, ha un sapore molto europeo.

Si era detto che non ci sarebbero state frasi tipiche di Dylan, invece nel film dice “Giuda Ballerino”…

Alcune espressioni erano semplicemente intraducibili. Giuda Ballerino è solo nel doppiaggio italiano, in inglese è “Jackpot”. Altrimenti al pubblico americano non avrebbe detto nulla.

Come mai si è scelto di abbassare in questo modo il target del film facendone un prodotto per teen agers?

So che ci sono state molte polemiche con i fan di Dylan Dog, succede sempre quando tocchi qualcosa che è caro a milioni di persone. In realtà non penso che abbiamo abbassato il target, credo solo che abbiamo fatto una versione cinematografica del fumetto. Poi abbiamo fatto un PG13 (vietato ai minori di 13), così ha chiesto la produzione.

Come sono stati i rapporti con l’editore Bonelli? Lei lo ha mai incontrato?

No, i rapporti con lui li ha intrattenuti la produzione. Avevamo un rappresentante della Bonelli il primo giorno sul set. Non ho avuto alcun contatto nemmeno con Tiziano Sclavi.

Ha pensato a un sequel?

Certo, se qualcuno pagherà per produrlo. Mi piacerebbe riportarlo a Londra e magari girare un paio di scene qui in Italia. Rimettere Bloch, inserire Xabaras come cattivo. Ma non ci sono piani, bisogna vedere se questo film incassa.

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