A tre anni da Al di là delle montagne, Jia Zhang-Ke torna nel concorso di Cannes, edizione 2018, con Ash Is Purest White, una specie di epopea intima attraverso la Cina degli ultimi 20 anni.
Ash Is Purest White, il film
La storia segue la donna di un malvivente che, per amore del suo uomo, sconta cinque anni di prigione al suo posto. Uscita aspettandosi di trovarlo fuori ai cancelli, a braccia aperte, la donna scopre che lui non l’ha affatto aspettata e si mette alla sua ricerca. Da questo punto la storia si snoda in diverse fotografie di momenti ed eventi, che si dilatano nel tempo e che vedono i due incrociarsi più volte.
Mentre su di lei gli anni sembrano trascorrere senza lasciare traccia, lui li subisce nello spirito e nel corpo, diventando alla fine completamente dipendente dalle cure di lei. Il racconto è ambientato nel circolo della jianghu, ovvero quella linea di confine che calca chi opera nella microcriminalità. Il percorso dei due personaggi è speculare e segue l’ascesa della donna così come la caduta dell’uomo. Lei riesce, con la caparbietà tipica del suo sesso, a sopravvivere e a rimanere in piedi, nonostatne l’umiliazione inflittale dall’uomo che una volta amava.
Il confronto trai due
rasenta il comico con la donna che si sforza di mantenere il suo
contegno e lui che invece appare impotente e muto, di fronte
all’incrollabile durezza di quella donna che per lui ha scontato la
pena in prigione.
Nonostante l’appartenenza sociale specifica dei personaggi di Jia Zhang-Ke, il regista sembra più interessato allo sviluppo che il Paese ha attraversato dal 2001 al 2018, arco temporale durante cui si svolge la storia.
Nell’affrontare un arco narrativo esteso nel tempo, il regista si lascia andare a lungaggini che annacquano la storia principale, introducendo personaggi superflui, senza riuscire a dare densità al racconto. L’occhio resta sempre lucido e attento ma le forbici, in sala di montaggio, avrebbero potuto lavorare di più.