Damsel: recensione del film con Millie Bobby Brown

Disponibile dall'8 marzo.

Damsel recensione film
Damsel. Millie Bobby Brown è Elodie. Cr. John Wilson/Netflix ©2023

In occasione della Giornata Internazionale per i Diritti delle Donne è una produzione Netflix a ricordare alle donne che devono salvarsi da sole, e non solo dai draghi: Damsel. Dimenticate i racconti in cui un prode cavaliere porta soccorso a una damigella in difficoltà perché non è questo il caso, avverte una voce fuori di campo fin dalle prime battute di Damsel, il nuovo film di Juan Carlos Fresnadillo in uscita sulla piattaforma proprio l’8 marzo. Un film che gioca sulle atmosfere del fantasy per portare in realtà un messaggio concreto, a qualunque livello di lettura si scelga di affrontarlo.

 

A testimoniare l’importanza attribuita all’operazione sono i nomi di rilevanza presenti nel cast che partecipano al film con quello che si potrebbe definire come poco più di un cammeo, come Angela Bassett e Robin Wright Penn. Entrambe le attrici sono note per aver più volte manifestato pubblicamente la richiesta di maggiori diritti per le donne: nel 2016 Wright Penn, protagonista di House of Cards, ha intavolato una dura contestazione con la produzione della serie per rivendicare la parità salariale con il collega Kevin Spacey.

In Damsel i loro ruoli incorniciano l’interpretazione della ventenne Millie Bobby Brown, volto e corpo in azione della principessa Elodie la quale, perse le speranze di poter contare su un cavaliere in arrivo su un un destriero bianco, giocoforza deve diventare lei stessa un guerriero. Le riprese di Damsel hanno impegnato Brown sia davanti che dietro la macchina da presa, dal momento che, oltre che protagonista è anche produttrice del fim. L’attrice inglese si è fatta notare appena tredicenne per la sua interpretazione di Undici, personaggio della serie Stranger Things dei Duffer Brothers che le è valso due candidature agli Screen Actors Guild Award e due agli Emmy Award come miglior attrice non protagonista: la più giovane di sempre ad ottenere la nomination.

Damsel: una storia fantasy trasmette un messaggio di grande realismo

Damsel Millie Bobby Brown
Credit Netflix

La storia di Damsel attinge al classico schema del viaggio dell’eroe ribaltandone alcuni cliché, primo fra tutti, quello annunciato di un principe azzurro che è meglio dimenticare. Principessa di una terra sterile e battuta dal vento, Elodie riceve una proposta di matrimonio e con essa la possibilità di ottenere un riconoscimento in monete d’oro che può portare respiro alle casse del regno. Di fronte a un popolo stremato dalla fame, il sogno del grande amore le appare una distrazione che non può permettersi ma niente toglie che possa ancora sperare fino all’incontro con il promesso sposo.

Il sorriso di Nick Robinson (Noi siamo tutto) che lo impersona sembra aprire ad un futuro di felicità, non fosse che proprio la sua mano apre alla giovane la porta dell’inferno. Non è forse quello che succede ad oltre il 60% delle donne, le quali, secondo un’indagine ISTAT del 2014, subiscono le forme più gravi di violenza proprio ad opera dei partner, dei parenti o degli amici, ovvero delle persone di cui più si fidano. 

Da ‘Damigella’ a ‘Cavaliere’

Damsel rappresenta un percorso di liberazione dalla gabbia delle proprie illusioni simboleggiato dal vestito da sposa ‘costruito’ intorno a una rigida ma vuota armatura che impedisce alla sposa i movimenti, senza tuttavia proteggerla, e rappresenta la tradizione che costringe le donne in ruoli fin troppo precisi. ‘Donne non si nasce, si diventa’, ammoniva già nel 1949 Simone De Beauvoir dalle pagine de Il Secondo Sesso, ‘Nessun destino biologico, psichico, economico definisce l’aspetto che riveste in seno alla società la femmina dell’uomo; è l’insieme della storia e della civiltà a elaborare quel prodotto intermedio tra il maschio e il castrato che chiamiamo donna’.

Elodie dovrà dire addio alla crinolina per salvarsi dal destino di morte che il suo uomo ha scelto per lei. Un aspetto significativo del percorso che porterà la principessa a diventare il cavaliere che avrebbe voluto al fianco è l’acquisizione della capacità di discernere chi sono i veri draghi: non sempre i più temibili sono quelli che sputano apertamente fuoco e a volte le fiamme covano a lungo prima che le ustioni diventino visibili.

Da questa nuova prospettiva, non sempre i nemici meritano di rimanere tali fino alla fine. Affrontare il mostruoso, infatti, non significa lasciarselo alle spalle una volta per tutte, dimenticare, bensì sapere implementare quanto di oscuro si è vissuto per farne la propria forza e andare incontro con un maggior senso di completezza al domani.

Damsel ha i contorni di una favola leggera ma attraverso il linguaggio simbolico tocca corde capaci di risuonare più a lungo dei servizi giornalistici che accompagnano una giornata, vale la pena ricordarlo, che non è una mera celebrazione rivolta al passato ma una progressione in corso verso una serie di diritti di dignità e uguaglianza che ancora oggi, nel 2024, devono essere pienamente riconosciuti.

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Beatrice Rinaldi
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