Diabolik - Ginko all'attacco

Sarebbe stato contento il Francesco Nuti di Madonna che silenzio c’è stasera ad assistere all’impresa dei Manetti Bros., capaci di spostare sul mare il Santuario mariano di Monte Grisa a Trieste per farne la spettacolare sede del Museo con cui si apre il loro nuovo Diabolik – Ginko all’attacco!. Al cinema dal 17 novembre, grazie a 01 Distribution, nel secondo film della trilogia sul Re del Terrore creato dalle sorelle Giussani cambia tutto, a partire dall’interprete principale.

 

Diabolik – Ginko all’attacco! Dopo Marinelli, Gianniotti

Non più Luca Marinelli, salpato per altri lidi, ma l’ex Grey’s Anatomy Giacomo Gianniotti, dallo sguardo glaciale e un incontestabile physique du rôle, che ci accompagnerà fino alla fine del terzo film (già girato insieme a questo e attualmente in post produzione) insieme agli altri protagonisti: la Eva Kant di Miriam Leone, l’Ispettore Ginko di Valerio Mastandrea e la sua amata Altea, duchessa di Vallenberg, con la quale entra in gioco anche Monica Bellucci.

Figure che in questa occasione rubano la scena al criminale di nero vestito, vittima del geniale trabocchetto del poliziotto cui il film è intitolato (a partire dall’albo originale n. 16 del 1964, citato con assoluto rispetto filologico financo nel punto esclamativo) e del tradimento della sua complice storica, che in questa occasione vediamo vestire per la prima volta l’iconica e aderentissima tuta.

Non solo Diabolik, guidano le donne

Sulla vendetta di Eva Kant – e la sua collaborazione con le forze dell’ordine – si fonda molto dell’intreccio di questa nuova avventura, nella quale è proprio l’elemento femminile a dominare. Il privato della coppia di ladri, con dinamiche definite dagli stessi Manetti “alla Sandra e Raimondo“, e la tormentata e clandestina relazione tra Ginko e la duchessa Altea, danno tutt’altro rilievo alla sfera sentimentale, e un nuovo equilibrio al thriller che offre uno sviluppo maggiore alla Origin Story dell’anno scorso.

Allargando l’orizzonte degli eventi e aggiungendo linee narrative, si perde forse qualcosa rispetto all’asciuttezza e compattezza del primo film, che in molti avevano faticato a digerire viste certe scelte stilistiche. Ma pur guadagnando in dinamismo e varietà, e offrendo al pubblico una apprezzabile cura quanto a location e aspetto visivo (sin dalla sigla iniziale, affidata all’inedito di Diodato e a un balletto in perfetto stile Bond), il punto debole di questo secondo capitolo sembra essere nel racconto vero e proprio.

Un film da vedere, principalmente

Nella scrittura di molte sequenze, in primis, dalle quali si vorrebbe ben più che la fedeltà a una tavola disegnata e un realismo maggiore di quello sufficiente a far procedere una storia divisa in vignette. Secondariamente, nella gestione di alcune interpretazioni, a tratti stonate anche rispetto al particolare contesto, e che forse alcuni dettagli secondari (per esempio l’acconciatura di Gianniotti, iconica al pari dello sguardo e del costume di Diabolik) avrebbero potuto sostenere piuttosto che affossare.

Il risultato resta piacevole da vedere, e da sentire, considerata la colonna sonora di Pivio e Aldo De Scalzi e nonostante tutto (e tutti) sembri funzionare meglio nelle scene non parlate. O nelle quali non ci si debba sforzare troppo per trovare una spiegazione valida a quanto messo in scena o conservare la sospensione dell’incredulità. In ogni caso, come dichiarato, “la guerra a Diabolik continua“, vale la pena essere fiduciosi e aspettarsi una degna conclusione di questa trilogia, capace comunque di riportarci indietro nel tempo… e di regalarci il cameo – quello sì, davvero toccante per gli spettatori più nostalgici – dello scomparso gettone telefonico.

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