Don Jon, recensione: Joseph Gordon-Levitt tra ironia, desiderio e dipendenza digitale

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Arriva anche nelle sale italiane Don Jon, l’atteso esordio alla regia di Joseph Gordon-Levitt, attore versatile e tra i più promettenti della sua generazione, qui anche sceneggiatore e protagonista. Accanto a lui due interpreti d’eccezione, Scarlett Johansson e Julianne Moore, per una commedia provocatoria e sincera che indaga l’amore e il sesso nell’epoca della pornografia online e delle relazioni filtrate dallo schermo.

Don Jon è un film che sorprende per la sua apparente leggerezza: dietro la patina pop e l’umorismo da commedia americana si nasconde infatti una riflessione acuta sulla perdita dell’intimità autentica e sul modo in cui la società contemporanea plasma i desideri attraverso modelli mediatici e digitali.

Il piacere come ossessione: una commedia sulla solitudine contemporanea

Scarlett Johanson in Don Jon
Foto di Daniel McFadden – © 2013 Relativity Media, LLC.

Protagonista della storia è Jon Martello (Joseph Gordon-Levitt), giovane palestrato, devoto alla palestra, alla famiglia e alla messa domenicale. I suoi amici lo soprannominano “Don Jon” per la sua abilità nel sedurre una donna diversa ogni weekend, ma nessuna di queste avventure lo soddisfa davvero. Jon preferisce il sesso virtuale: il porno gli garantisce controllo, gratificazione e assenza di rischi emotivi. Questa dipendenza, però, scava un vuoto sempre più profondo nella sua vita, fino a quando l’incontro con Barbara (Scarlett Johansson), donna perfetta secondo gli stereotipi della commedia romantica, e con Esther (Julianne Moore), più matura e fragile, lo costringeranno a confrontarsi con il proprio modo di amare e di desiderare.

Gordon-Levitt affronta questi temi con un tono ironico ma sorprendentemente empatico, costruendo un ritratto disincantato del maschio contemporaneo e del suo rapporto con la cultura dell’immagine. Il film si muove su un doppio binario: da un lato l’esplorazione della dipendenza sessuale e affettiva, dall’altro la critica alle convenzioni sociali e cinematografiche che confondono il piacere con l’amore e il possesso con la felicità.

La regia, dinamica e frenetica, rispecchia il ritmo interiore del protagonista: ripetizioni, montaggi sincopati e una fotografia dai colori saturi evocano il bombardamento visivo del web e dei media. L’effetto è volutamente straniante, come se ogni immagine riflettesse la frammentazione del desiderio nel mondo digitale.

L’ambizione e i limiti di un esordio coraggioso

Don Jon (2013)
Foto di Daniel McFadden – © 2013 Relativity Media, LLC.

Nella prima parte, Don Jon convince per la schiettezza con cui affronta un tema ancora tabù, riuscendo a bilanciare provocazione e leggerezza. Gordon-Levitt mostra una sorprendente consapevolezza autoriale, capace di trasformare la volgarità in ironia e di affrontare l’ossessione maschile con sguardo critico e mai moralista. Tuttavia, nella seconda metà, il film perde parte della sua forza: la satira iniziale si attenua e la narrazione si sposta verso toni più convenzionali, sfiorando la commedia romantica e lasciando sullo sfondo le intuizioni più originali.

Questa ambivalenza – tra il desiderio di autenticità e l’esigenza di piacere al grande pubblico – è forse il limite principale dell’opera, ma anche il segno di un regista alle prime armi che non ha paura di esporsi. Alcune scelte visive risultano acerbe, come la fotografia troppo levigata e l’uso talvolta eccessivo dei cliché pop, ma nel complesso Don Jon si distingue per ritmo, freschezza e sincerità. Il film trova la sua forza soprattutto nelle interpretazioni:

  • Joseph Gordon-Levitt è credibile e autoironico nel ruolo del narcisista ossessionato dal controllo;

  • Scarlett Johansson interpreta con carisma e intelligenza una figura femminile intrappolata nel mito della perfezione;

  • Julianne Moore, infine, offre il contrappunto emotivo più autentico, incarnando la possibilità di una connessione reale e profonda.

Conclusione

Don Jon è un esordio sorprendentemente maturo, che riesce a trasformare una storia apparentemente frivola in un discorso più ampio sulla solitudine emotiva e la mercificazione del desiderio. Pur con qualche ingenuità, Gordon-Levitt dimostra di avere uno sguardo personale e il coraggio di affrontare temi scomodi con intelligenza e leggerezza. Il suo film non è perfetto, ma è onesto, divertente e necessario: un racconto generazionale che fotografa la difficoltà di amare in un mondo dominato dall’immagine e dall’illusione di controllo.

Don Jon
3.5

Sommario

Un esordio fresco e imperfetto, che riflette con ironia sul desiderio e la dipendenza digitale. Don Jon segna l’inizio promettente di un autore da seguire.

Francesco Madeo
Francesco Madeo
Laureato in Scienze Umanistiche-Cinema e in Organizzazione e Marketing della Comunicazione d'Impresa è l'ideatore di Cinefilos.it assieme a Chiara Guida e Domenico Madeo.

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