Frankenstein: lo spettacolo con Benedict Cumberbatch

Dopo il grande successo al National Theatre di Londra nel 2011, il Frankenstein diretto da Danny Boyle e scritto da Nick Dear ha visitato moltissime sale in Europa e nel mondo, trovando anche una distribuzione italiana grazie alla Nexo Digital già lo scorso anno: l’acclamata rilettura del mito di Mary Shelley che ha visto i suoi protagonisti alternarsi ogni sera nei panni di Victor Frankenstein e della Creatura torna così al cinema il 10 dicembre proprio nella sua prima versione, che affida stavolta a Johnny Lee Miller il ruolo dello scienziato e a Benedict Cumberbatch quello del suo mostruoso esperimento.

 

Frankenstein rinuncia alla simmetrica struttura del romanzo per fare della Creatura il centro della narrazione: la vita del mostro senza nome si apre con una nascita che rievoca più l’immagine di un grembo materno che gli impulsi elettrici tradizionalmente usati dal Dottore, per poi proseguire mentre il caos della rivoluzione industriale irrompe sul palco con una rumorosa locomotiva steampunk e un gruppo di laboriosi operai che non può non ricordare il Pandemonium della cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Londra 2012 diretta dallo stesso Boyle.

Frankenstein, lo spettacolo

Supportata da una grande piattaforma girevole e scarne scenografie, la spettacolare istallazione luminosa che sovrasta il palco scandisce il ritmo della storia, mischiando l’artificiosità elettrica della vita della Creatura ai battiti di un cuore che pulsa di sentimenti e sensazioni umane. Quanto il Mostro è curioso, spontaneo, appassionato e vendicativo tanto Victor è freddo, razionale, incapace di dimostrare amore a qualcuno tranne che a sé stesso: il cuore e la mente, due facce della stessa medaglia estranee e lontane dalla società come se il Dottore avesse rinunciato allo spettro delle sue passioni, quelle pure dell’infanzia e quelle oscure dell’età adulta, per donare tutto al prodotto del suo ingegno e svuotarsi.

In entrambi i ruoli Miller e Cumberbatch danno sempre e comunque il massimo, ma per quanto le Performance del primo siano ottime e ricche di sfumature, è comunque il collega a riuscire a far interamente suo lo spirito del Dottore e del suo doppelgänger:se Miller interpreta la creatura con minore spontaneità ma innegabile ardore, la prova di Benedict Cumberbatch nello stesso ruolo è interamente giocata sulla fisicità del personaggio, dall’iniziale incapacità di articolare i movimenti e usare la parola fino alla scoperta della natura e dei suoi sapori, rumori e delizie; il processo di apprendimento inizia con l’imitazione e prosegue nel sogno, quando la Creatura immagina di poter condividere la propria solitudine con un’anima gemella altrettanto diversa e orrenda, cercando disperatamente di raggiungerla per avere il calore di un abbraccio destinato a svanire nel labirinto dell’onirico.

Lo standard si mantiene elevatissimo anche nella prova di Benedict Cumberbatch come Victor, quando la passione dello scienziato degenera in un delirio di onnipotenza che non si scompone neppure di fronte alle legittime domande dell’essere da lui creato e della donna che pur con distacco l’uomo sostiene di amare, una Elizabeth interpretata con la giusta dolcezza dalla nuova Moneypenny Naomi Harris. Senza disdegnare alcuni momenti di sincera ironia e con un finale commovente anche in amarezza e disillusione, il Frankenstein di Danny Boyle è un’esperienza che sfinisce emotivamente e fisicamente, ma che in cambio dell’impegno restituisce luce e meraviglia.

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