ghiaccio

Si parla di boxe, ma non solo, nel film d’esordio che affianca Alessio De Leonardis a Fabrizio Moro, noto cantante appena visto sul palcoscenico dell’Ariston alla 72esima edizione del Festival di Sanremo. Con la canzone che ha vinto il premio “Sergio Bardotti per il miglior testo”, “Sei tu”, per altro, composta per la colonna sonora di Ghiaccio, distribuito in sala da Vision Distribution per l’uscita evento del 7, 8 e 9 febbraio.

 

Ghiaccio, la trama e il messaggio del film

Un film interpretato da Giacomo Ferrara e Vinicio Marchioni, che idealmente lo dedica “ai più giovani, dimenticati dalla scuola in questi anni di pandemia”, ai quali spera che la storia del protagonista possa idealmente “indicare una strada”, suggerire la “possibilità di condividere qualsiasi cosa, comprese perdite e mancanze”. E in effetti, colpisce come un film scritto due anni fa sappia intercettare il problema di empatia che la nostra società sembra patire dopo le quarantene subite e le tante varianti circolate.

Tutto si svolge a Roma, nel 1999, nella zona periferica del Quarticciolo. Dove Giorgio (Giacomo Ferrara), giovane promessa della boxe, vive con la madre dopo che l’assassinio del padre li ha lasciati indebitati e in quasi povertà. Con l’aiuto dell’ex pugile Massimo (Vinicio Marchioni), Giorgio ha finalmente la possibilità di riscattarsi diventando professionista. Ammesso che i boss di zona glielo consentano.

Un esordio alla regia umano e personale

Che Moro e De Leonardis siano stati facili profeti è possibile, molto della storia e delle interazioni tra i personaggi, oltre ai dialoghi proposti, restano nell’alveo del prevedibile e dello stereotipato. D’altronde, non è la prima volta che un esordio alla regia punta sul racconto di una storia popolare, ambientata nelle periferie della grande città, in ambienti disagiati e ai margini del mondo che spesso vediamo in tutt’altri film e serie tv italiane.

Per quanto si voglia insistentemente sottolineare, didascalicamente, quanto sottile sia il confine tra Bene e Male in molti di noi, in certe situazioni, non si ha quasi mai la sensazione che questo conflitto possa avere un esito diverso da quello che ci viene mostrato. Non c’è un problema di onestà, ché quella si percepisce senza fatica nell’impegno dei registi e dei protagonisti, quanto piuttosto di rappresentazione.

Debolezze e prospettive

La retorica del sacrificio, il valore della paura, l’importanza dei limiti e la forza di superarli, di autodeterminarsi e seguire i propri sogni, come anche la capacità della vita di sorprenderci e di mostrarci i nostri errori… c’è tutto quello che ci si potrebbe aspettare e nel modo più ‘chiaro’. Coatti dal cuore buono, criminali in grado di comprendere solo concetti basici come onore e controllo, donne “curiose” e un senso di comunità alla “uno per tutti” piuttosto che “tutti per uno” al quale manca la verità – o veracità – degli irraggiungibili Non essere cattivo o La terra dell’abbastanza.

Le musiche, sulle quali i registi sembrano aver puntato, son forse un’ulteriore occasione persa, quasi volutamente, per il timore che con un cantautore come Fabrizio Moro a occuparsene potessero prendere il sopravvento. A certe riprese aeree interessanti, anche della splendida location dello Stadio Olimpico, fanno inoltre da contraltare – purtroppo – leggerezze di montaggio e di costruzione che denotano delle distrazioni non gravi, ma evidenti. E che rischiano di indebolire ancor più la credibilità del racconto messo in scena. Che avrebbe potuto essere meno confuso. “Nella vita ci sta sempre qualcosa per cui vale la pena combattere” ci ricorda il film, e sbagliare, potremmo aggiungere. Basando su questa massima e sulle note positive sparse qui e lì un generico ottimismo sulle prospettive dei due giovani registi. Sperando che traggano la giusta lezione dal loro primo sforzo.

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RASSEGNA PANORAMICA
Mattia Pasquini
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ghiaccio-fabrizio-moroA certe riprese aeree interessanti, anche della splendida location dello Stadio Olimpico, fanno inoltre da contraltare - purtroppo - leggerezze di montaggio e di costruzione che denotano delle distrazioni non gravi, ma evidenti. E che rischiano di indebolire ancor più la credibilità del racconto messo in scena. Che avrebbe potuto essere meno confuso.