Halloween Ends, recensione del film con Jamie Lee Curtis

La recensione di Halloween Ends, capitolo finale della trilogia di David Gordon Green con Jamie Lee Curtis protagonista.

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Halloween Ends arriva nelle sale cinematografiche 44 anni dopo il primo film di John Carpenter del 1978 e si presenta come il 13° film di una delle saghe horror più longeve in assoluto. La nuova trilogia a cura di David Gordon Green, iniziata nel 2018, è stata concepita come una diretta continuazione della prima, ovviando a tutti i remake che ci sono stati proposti nel corso degli anni e convogliado l’attenzione del pubblico sul ritorno del personaggio di Laurie Strode interpretato nuovamente dall’impavida e magnetica Jamie Lee Curtis.

 

Halloween Ends: la paranoia del Male

Senza entrare nel territorio degli spoiler, chi ha seguito la saga sa che Laurie è stata affidata alla nipote Allyson dopo il drammatico finale di Halloween Kills. Dopo aver vissuto come una sorta di predatrice con l’unico scopo di uccidere Michael Myers e il massacro che ne è seguito, Laurie opta per una vita più tranquilla, cercando di ricostruire gradualmente la sua vita. Nonostante siano passati quattro anni in cui non si sa nulla di lei, la paranoia sembra essersi insediata a Haddonfield, dove la paura suscitata dal brutale serial killer continua a mietere vittime.

Halloween Ends inizia con una sequenza promettente, organizzata addirittura secondo quella che era la tipica tecnica di ripresa degli oggetti di scena hitchockciani. A Haddonfield, nella notte di Halloween del 2019, Corey Cunningham (Rohan Campbell), personaggio centrale di questo terzo film, viene scelto come babysitter di un ragazzino dispettoso di nome Jeremy. Quando questi viene accusato di aver ucciso il piccolo Jeremy, si scatena un’ondata di violenza e terrore che costringerà Laurie a confrontarsi per l’ultima volta con il male che ha reso la sua vita un inferno.

È uno strano incidente. Corey non ha fatto nulla di male. Ma, anche se è stato assolto dall’accusa di omicidio colposo, rimane emarginato dalla comunità di Haddonfield, che inizia a designarlo come il “babysitter sensitivo” che ha ucciso un bambino. Non sarebbe l’unica persona nella saga ad essere accusata di cose che non ha fatto. Si potrebbe pensare che Laurie Strode, a questo punto, sia una sorta di eroina locale, ma no. La gente ora la ritiene responsabile dell’attentato a un bambino. La gente ora la ritiene responsabile della catena di eventi nefasti che ha avuto inizio con Michael Myers.

Personaggi persi in un vicolo cieco

Dall’interminabile body count di Halloween Kills, si passa in questo terzo e ultimo capitolo a una sorta di simulazione dell’intenzione seminale di John Carpenter di trasformare la sua saga originale di Halloween in capitoli autoconclusivi con il fallimentare Halloween III: Day of the Witch (1982). Volontà che è presente, appunto, in Halloween Ends, dove ci viene presentato lo scontro finale tra Laurie e Michael Myers, ma anche la genesi di un nuovo criminale, diretta conseguenza del precedente. È qui, soprattutto in questa nascita di una nuova forma del male che risiede il “concetto alto” che Gordon Green ha voluto venderci con la sua trilogia: un’indagine su come il Male, la paura, si muova come un virus nell’America contemporanea ma abbia anche bisogno di una radice interiore o di una predisposizione per il suo sviluppo.

Per un po’, il film è all’altezza della sua promessa. Se non ci troviamo esattamente in un terreno di malvagità fuori dagli schemi, Halloween Ends è almeno – in netto contrasto con i suoi predecessori – incentrato sui personaggi, relativamente privo di sangue e meno ammaccatto dall’umorismo pervasivo e spesso incongruo che il co-sceneggiatore Danny McBride ha impresso alla serie.

In Halloween Ends, Green gioca con un’idea a cui la serie ha accennato nel corso dei due precedenti film: che Michael non sia un semplice mortale, ma piuttosto una forza soprannaturale, l’incarnazione fisica del male puro e incancellabile. Ognuno di noi è suscettibile al virus di Michael Myers: bastano umiliazioni, insulti e rifiuti per accendere la miccia della nostra predisposizione interiore alla violenza. Ma dato che, come abbiamo detto, l’attrazione principale del film è il duello Myers/Strode, è sorprendente che gran parte dello sviluppo del film non sia dedicato a loro, personaggi centrali del film, ma ad altri comprimari che vengono presentati come eredi della malvagità del villain, senza mai realmente incrociarsi: in poche parole, troppe deviazioni per raggiungere un vicolo cieco.

Un altro dei temi più importanti degli spin-off di questa nuova trilogia è stato il trattamento e l’evoluzione di Laurie Strode, che deve fare i conti con il suo rancore e la sua furia ma non abbassa mai la guardia. È in questo episodio che la percepiamo più umana, più bisognosa di voltare pagina e di intraprendere un nuovo cammino, lasciandosi alle spalle le sue paure più intime, che le hanno fatto sviluppare un sesto senso per percepire la presenza di Myers o la sua influenza malevola.

Haddonfield – oggi più che mai una brutta città industriale – diventa sfondo per la storia di personaggi secondari in un film che si cristallizza tra la narrazione seriale televisiva, che segue direttamente il dramma dei sopravvissuti, e i bruschi sfalsamenti di un sequel horror anni Ottanta, con nuovi volti che rimangono ben poco impressi.

Halloween Ends

Halloween Ends è davvero la resa dei conti?

Questo capitolo finale, che si chiude non con un botto, ma piuttosto con un piagnisteo, non è solo superfluo e pieno di cliché, ma rappresenta anche ciò che si prova quando si raschia il fondo di un barile che è stato arido e sterile per decenni. A parte la trama francamente assurda, Halloween Ends non è spaventoso e neanche satirico: in assenza di una premessa coerente, David Gordon Green e i suoi co-sceneggiatori ricorrono ai peggiori tropi slasher e nulla più.

Il film impiega troppo tempo a svelare una storia che vorrebbe portare a un’escalation, con solo gli ultimi 20 minuti che entrano davvero nel vivo della questione. In questo ultimo frangente, tutto è studiato su misura per ottenere effetti piuttosto drastici ed esageratamente sanguinosi: semplicemente, non ci sono abbastanza vittime che possano morire in pochi minuti e la disinvoltura con cui vengono commessi gli omicidi sembra spesso del tutto disumana. Passo dopo passo, il film si trasforma in un groviglio di uccisioni gratuite e cinico fan service, mentre si avvia verso l’inevitabile conclusione: la resa dei conti corpo a corpo tra Laurie e Michael, una distruzione corporea tanto prevedibile quanto insoddisfacente.

Ma si tratta davvero dell’ultimo scontro? Halloween Ends sembra quasi riconoscere la natura condizionale della sua stessa fine in una delle sue battute finali, pronunciata da Laurie: “Il male non muore, cambia forma“. Finchè ci sarà da guadagnare, sembra che Micheal Myers rimarrà sempre in agguato nell’ombra.

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Voto di Agnese Albertini
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halloween-ends-jamie-lee-curtisCon una sceneggiatura mal calibrata, Halloween Ends impiega troppo tempo a svelare una storia che vorrebbe portare a un'escalation, con solo gli ultimi 20 minuti che entrano davvero nel vivo della questione: la resa dei conti corpo a corpo tra Laurie e Michael, una distruzione corporea tanto prevedibile quanto insoddisfacente.