Il colore viola: la recensione del film con Fantasia Barrino

Il film è l'adattamento cinematografico del musical che ha ottenuto enorme successo a Broadway.

Il colore viola recensione

Anche se risulta piuttosto complesso tenerlo a mente, bisogna comunque costantemente ricordare che il nuovo Il colore violadiretto da Blitz Bazawule, non è un secondo adattamento cinematografico del romanzo omonimo di Alice Walker, ma la versione per il grande schermo del musical che ha ottenuto enorme successo a Broadway negli anni precedenti. Di conseguenza anche l’accostamento con il film di Steven Spielberg uscito nel 1985 potrebbe essere fuorviante, anche se onestamente quasi impossibile da evitare.

 

La sceneggiatura scritta da Marcus Gardley proietta storia, ambientazione e soprattutto i rapporti tra i personaggi in un universo cinematografico aggiornato, decisamente più vicino e consono ai gusti del pubblico contemporaneo. Se alcune tematiche vengono rese maggiormente esplicite – in particolar modo la storia d’amore tra la protagonista Celie (Fantasia Barrino) e la cantante Shug Avery (Taraji P. Henson), altre invece rimangono in secondo piano. Una scelta comprensibile visto il tipo di prodotto realizzato e gli spettatori di riferimento. Condivisibile invece? Questo è un altro discorso…

Le due anime di Il colore viola

Vedendo Il colore viola risulta immediatamente evidente come il talento visivo del regista Blitz Bazawule venga espresso in maniera molto più compiuta nei momenti musicali che in quelli narrativi. Quando gli attori in scena ballano e cantano il suo film possiede una forza quasi prorompente, in alcuni momenti il coinvolgimento emotivo è impossibile da negare. Nelle sequenze rimanenti al contrario la messa in scena risulta piuttosto accademica, con una certa retorica che spunta in momenti non sempre opportuni. Il colore viola si sviluppa quindi come un lungometraggio chiaramente spezzato in due, con una delle sue due “anime” che funziona molto meglio dell’altra.

Ed è a questo punto che risulta davvero molto difficile non accostare questa nuova versione a quella di Spielberg, la quale possedeva una fluidità di narrazione – anche per immagini – di fattura elevata. Appare chiaro e condivisibile il fatto che Gardley e Bazawule non abbiano voluto ricalcare le orme tanto ingombranti del cineasta due volte premio Oscar per la regia, anche perché quando non possono esimersi dal farlo ecco che la differenza di peso specifico del film si fa sentire eccome: nella sequenza in cui Celie rade la barba di Mister (Colman Domingo) l’odierno Il colore viola non riesce a restituire un decimo della potenza emotiva della scena che vedeva protagonisti Whoopi Goldberg e Danny Glover.

Lo stesso vale per il momento forse più importante dell’intera storia, ovvero la “nascita” della nuova Celie e la maledizione nei confronti dell’uomo che l’ha sfruttata per decenni. Ultima annotazione prima di finirla con i paragoni: perché gli autori del musical hanno deciso di cambiare totalmente il tono della scena della riappacificazione tra Shug e suo padre, che tra l’altro nel film del 1985 era uno straordinario momento musicale?

Il colore viola Colman Domingo

Gli attori non riescono a risollevare le sorti del film

Nel passare a commentare la prova del cast scriviamo subito che vale lo stesso discorso fatto poche righe qui sopra per il film: Fantasia Barrino, Taraji P. Henson, Corey Hawkins e il resto degli attori sono efficaci, in alcune scene addirittura notevoli quando si tratta di mettere in scena il musical vero e proprio. Per il resto invece non riescono a sollevare i propri personaggi dalla ricerca eccessivamente esplicita del tono melodrammatico, sviluppato poi dentro una confezione talvolta fin troppo elegante a livello visivo. Unica eccezione una Danielle Brooks coriacea e grintosa, la quale regala alla sua Sofia almeno un paio di sequenze che sanciscono la statura e la presenza scenica dell’attrice.

Nonostante si tratti di un film lungometraggio visivamente ineccepibile, che contiene almeno un paio di sequenze di intensità emozionale, Il colore viola non riesce veramente a trovare un equilibrio funzionale tra musical e melodramma, finendo per possedere due “anime” che non sanno fondersi con pienezza. Rimane senza dubbio un film con alcuni pregi indiscutibili, escluso quello della coerenza cinematgorafica.

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Adriano Ercolani
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il-colore-viola-fantasia-barrinoNonostante si tratti di un film lungometraggio visivamente ineccepibile, che contiene almeno un paio di sequenze di intensità emozionale, Il colore viola non riesce veramente a trovare un equilibrio funzionale tra musical e melodramma, finendo per possedere due “anime” che non sanno fondersi con pienezza. Rimane senza dubbio un film con alcuni pregi indiscutibili, escluso quello della coerenza cinematgorafica.