La Grazia: recensione del film di Paolo Sorrentino – Venezia 82

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Cos’è la grazia? Terrence Malick in The Tree of Life la intendeva come una condizione spirituale che si contrapponeva alla legge dura dell’uomo, i giuristi invece parlano di “grazia” in caso di “un atto di clemenza individuale concesso dal Presidente della Repubblica”, per Paolo Sorrentino, potrebbe essere una via di mezzo tra uno stato di leggerezza e compiutezza emotiva e la capacità altrui di mettere fine alla sofferenza di un altro. La Grazia è l’ultimo film di Paolo Sorrentino che apre Venezia 82 e ne inaugura anche il Concorso.

Con Toni Servillo a servire ancora una volta da protagonista, il regista napoletano trova una rotondità di racconto e di esposizione di pensiero per immagini che aveva smarrito con il suo recente Parthenope, tornando finalmente a fuoco sulla rappresentazione di un’età particolare, in cui la passione per la vita si spegne, mentre la vita continua.

Cosa racconta La Grazia?

La storia è quello di Mariano De Santis, irreprensibile e stimato giurista, divenuto Presidente della Repubblica Italiana. Il film lo accompagna negli ultimi sei mesi del suo mandato, mentre fa i conti da una parte con un dubbio che lo attanaglia da 40 anni e che riguarda la defunta e amatissima moglie Aurora, e con sua figlia, anche lei giurista e sua collaboratrice, che cerca di scuoterlo dal suo torpore, e dall’altra con la firma di una legge in favore dell’eutanasia e con una decisione da prendere in merito a due richieste di Grazia.

Paolo Sorrentino parte con cautela, proprio come il suo protagonista, per poi spingere a fondo: nella prima parte scalda i motori e olia gli ingranaggi, basandosi su una scrittura molto presente, formale, didascalica, a tratti invadente, che influisce anche sulla recitazione quasi salmodiante dei suoi attori. Questa esigenza di porre i pezzi sulla scacchiera appesantisce il ritmo del film che però nella seconda parte si scioglie, si apre a un Sorrentino molto autentico e schietto, profondamente emotivo, quando il suo protagonista si mette sulle tracce di una leggerezza perduta (forse mai posseduta per davvero).

Non c’è spazio per il mistero

La riflessione nel film si concentra sulla ricerca della verità quando i punti di vista sono diversi e tutti con una loro ragione. Nella scrittura e nell’esposizione, il film abbraccia la complessità della sua premessa, avventurandosi solo nel finale liberatorio alla lusinga di una risoluzione. Il mistero, l’insoluto non trovano spazio nel film e forse questo sguardo così nitido lo ha reso un po’ meno affascinante, ma va bene così, il Sorrentino a fuoco, legato alla narrazione, con il suo sguardo privilegiato sulle persone e sui luoghi, l’eleganza della messa in scena e la bellezza nitida e splendente delle sue immagini, è quello che preferiamo.

Il film di Sorrentino è una commedia piena di momenti esilaranti, di interpretazioni deliziose (su tutte la splendida Cocò di Milvia Marigliano, ma anche Anna Ferzetti al suo migliore ruolo in carriera), di freddure e di momenti che stemperano la tragicità della vita con cruda verità e grande acume.

L’acquisizione di senso nella perdita di gravità

Ma La Grazia è anche un dramma senile, che si crogiola nella densità delle sue parole, offrendo una riflessione attenta sull’acquisizione di senso nella perdita di gravità, sia letterale che figurata, una corsa verso il raggiungimento della leggerezza. È questa “la grazia” del titolo? Una condizione di leggerezza che Mariano acquisisce nonostante la sua natura radicata alla ricerca della verità, così fondamentale eppure così complicata da ottenere. Oppure è la capacità di sollevare qualcuno da uno stato di sofferenza e attesa? Lo strumento del Presidente della Repubblica per porre fine al periodo di detenzione o il potere di “staccare la spina” a chi vive una vita che più vita non è?

Il regista sceglie di dare una risposta precisa nella splendida inquadratura conclusiva, in cui un Mariano De Santis ritrova se stesso e il senso delle cose, una nuova consapevolezza di sé e della percezione del suo corpo in uno spazio vuoto eppure pieno di possibilità.

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Sommario

Il regista napoletano trova una rotondità di racconto e di esposizione di pensiero per immagini che aveva smarrito con il suo recente Parthenope, tornando finalmente a fuoco sulla rappresentazione di un’età particolare, in cui la passione per la vita si spegne, mentre la vita continua.

Chiara Guida
Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.

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