L’estate di Cleo: recensione di un film sull’infanzia diverso

L'esperienza personale della regista diventa la storia della piccola protagonista di questo racconto intimo, fuori da molti schemi soliti

L’estate di Cléo recensione

A dieci anni dal Party Girl che vinse la Camera d’Or a Cannes (e dopo un episodio della serie Demain si j’y suis), torna nelle nostre sale la regista francese Marie Amachoukeli. Grazie alla distribuzione di Arthouse, in collaborazione con I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection, dal 21 marzo il suo nuovo L’estate di Cléo è in molti cinema italiani, dopo aver aperto l’ultima Semaine de la Critique al Festival di Cannes 2023 e aver raccolto diversi riconoscimenti internazionali. Un racconto intimo, ma anche un film sull’infanzia diverso da altri, che vive del forte rapporto tra la Gloria di Ilça Moreno e la piccola co-protagonista, la Cleo interpretata da Louise Mauroy-Panzani, nella quale rivive l’esperienza della stessa regista e sceneggiatrice.

 

L’estate di Cléo, la trama

Dopo la perdita della madre, la piccola Cléo di sei anni vive con suo padre e la tata Gloria, originaria della Repubblica di Capo Verde, alla quale la lega un rapporto di affetto sincero e potente. Come una seconda madre, o la madre che Cléo non ha avuto, le due vivono una quotidianità fatta di tanti piccoli momenti preziosi che alimentano l’affetto reciproco tra le due. Così, quando Gloria deve tornare a Capo Verde per prendersi cura della sua famiglia, Cléo le chiede di mantenere una promessa: rivedersi il prima possibile. Con il permesso del padre, Gloria invita la bambina a raggiungerla nel suo paese natale, per trascorrere insieme a a lei e ai suoi figli un’ultima estate da ricordare per sempre. Nel bene e nel male.

L’estate di Cléo, da un titolo all’altro

È interessante lo slittamento semantico operato dalla distribuzione italiana nel trasformare il titolo originale (Àma Gloria, dedicato alla adulta e affettuosa governante) focalizzando l’attenzione sull’esperienza della piccola Cléo. Anche correttamente, in effetti, visto che l’origine della storia sta proprio nell’esperienza vissuta dalla stessa regista quando aveva l’età della sua protagonista. E che al netto dell’omaggio della Amachoukeli alla tata di allora – la Laurinda, immigrata portoghese, alla quale il film è dedicato – riporta l’attenzione sul momento vissuto dalla bambina, sulle sue emozioni e soprattutto sulle sue risposte alla scoperta di una vita completamente diversa e altra da quella che aveva imparato a conoscere.

Lontana da casa, dalla protezione paterna e soprattutto dalle dinamiche e dai ruoli ai quali era abituata, la piccola è spiazzata, ancora non completamente in grado di comprendere i confini tra dovere e sentimento, tra il rispetto degli obblighi deontologici della sua tata, l’attenzione nei suoi confronti e l’amore sincero che le lega. Ma che lega la donna anche ai suoi veri figli, che mal sopportano l’arrivo di questa ‘sorellastra intoccabile’, un corpo estraneo alla loro famiglia, che inevitabilmente affrontano anche con gelosia e un pizzico di classismo.

L’estate di Cléo film 2024L’estate di Cléo, un film di scoperta

Un groviglio confuso, complicato da gestire, figuriamoci da capire, e per una bambina di 6 anni. Ma è una parentesi – lunga un’estate, appunto – che vale una vita, e che costringe la piccola a uscire dalla propria bolla. Anche quella nella quale l’aveva sempre tenuta la sua Gloria. La scelta del punto di vista di Cléo rende il film qualcosa di diverso e di più di un romanzo di formazione, e del film “sull’infanzia e sull’universalità dell’amore” annunciato, visto che sono ‘adulte’ le emozioni (sottolineate dai tanti primi piani, che rendono ancora più privato e personale l’intenso racconto) e i conflitti di fronte ai quali viene messa, e i rischi di certe scelte.

C’è il concetto di famiglia, troppo spesso ipocritamente e strumentalmente sbandierato nella sua forma solo tradizionale a discapito della miriade di forme che questo assume nella vita reale, come scopre la stessa protagonista, ma ci sono anche la morte, l’errore, il rancore che viene dal non conoscere l’altro e la capacità di superare i pregiudizi insieme ai confini. Ma soprattutto il coraggio di tuffarsi dall’alto di una rupe in un mare pericoloso e aperto (che ritorna negli splendidi intermezzi animati che impreziosiscono il film e arricchiscono la caratterizzazione del suo mondo interiore), come vediamo in una delle scene più belle ed emblematiche del film, in un gesto estremo di affermazione e rivincita. Dal quale ripartire, un po’ più preparata ad affrontare il futuro e il mondo.

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RASSEGNA PANORAMICA
Mattia Pasquini
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lestate-di-cleoLa scelta del punto di vista di Cléo rende il film qualcosa di diverso e di più di un romanzo di formazione, e del film "sull’infanzia e sull’universalità dell’amore" annunciato, visto che sono 'adulte' le emozioni e i conflitti di fronte ai quali viene messa, e i rischi di certe scelte.