Millennium – Quello che non uccide

Sei anni dopo l’ultimo capitolo della saga e il primo made in USA, Millennium – Quello che non uccide mostra inesorabilmente tutti i limiti e i punti di non ritorno di un’operazione dettata da esigenze commerciali esplicite, priva dell’intervento salvifico di un autore con idee vere (vedi David Fincher sulla riduzione di Uomini che odiano le donne) e di un’interprete che abbracci con verosimiglianza il carattere disturbante e spigoloso della protagonista Lisbeth Salander, a cui avevano già prestato il volto Noomi Rapace e Rooney Mara. Claire Foy, perfetta Regina Elisabetta in The Crown, è un’attrice dotata, volenterosa e serissima nell’approccio, tuttavia non riesce mai a sciogliere quell’impressione di inadeguatezza al ruolo in senso lato che si percepisce durante il film, e quel suo essere fin troppo amorevole (nello sguardo, nella fisicità, perfino nei colori) e inoffensiva per un personaggio così specifico.

 

Fede Alvarez, regista più vezzo all’horror, non ha la personalità di Fincher (che invece aveva in qualche modo legittimato il rifacimento del 2012), né soluzioni d’autore (pensate al montaggio alternato o alle sequenze di flashback di Uomini che odiano le donne), così decide di fare ricorso alle formule più classiche dei generi di riferimento, thriller e noir, finendo per mettere in piedi la solita spy story in stile supereroistico dove il personaggio principale è una donna fragile ma tosta, la cui infanzia spezzata torna a farle visita e che si riconcilierà con un quadro familiare mai risolto.

Davanti la macchina da presa la Foy si impegna, corre nella neve, incupisce i suoi occhi infantili, ma cammina sempre sul velluto come d’altronde ogni reparto tecnico/artistico; non perché sia incapace di mostrare le varie sfumature della rabbia (qui pare piuttosto monocromatica rispetto alle precedenti versioni), ma semplicemente perché costretta in un abito sbagliato, che le sta male. Rifiuta con il momento storico del Me Too e delle rivendicazioni femminili l’etichetta di “eroina” quando la realtà del film e il percorso della sceneggiatura vanno proprio in quella direzione, più superficiale del previsto e soprattutto infantile.

Di Millennium, della “vecchia” Lisbeth, della tensione anche sessuale che l’adattamento di Fincher aveva imbastito sei anni fa rimane soltanto l’etichetta posta davanti al titolo e il ricordo quasi evanescente di un cinema che preferisce seguire l’idea, non la politica, il rischio, non la difesa.

Millennium – Quello che non uccide, il trailer

Millennium – Quello che non uccide, recensione del film con Claire Foy

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