Lo avevamo lasciato trionfante Ethan Hunt, riuscito nel finale di Mission: Impossible – Dead Reckoning a recuperare la chiave cruciforme inseguita lungo tutto il film. Sono passati due anni da quel momento e nel frattempo il mondo è profondamente cambiato. L’intelligenza artificiale ha compiuto passi da gigante e le tensioni politiche hanno raggiunto livelli insostenibili. Non sorprende dunque che Mission: Impossible – The Final Reckoning inizi con un Hunt che sembra tutt’altro che reduce da una vittoria. Siamo arrivati all’ultimo capitolo della saga, a quella “resa dei conti” enunciata dal sottotitolo.
D’altronde ogni film di Mission: Impossible ha avuto l’obiettivo di farsi specchio delle preoccupazioni del presente e anche quest’ultimo non è da meno. Anzi, si nota un deciso complicarsi della vicenda tra questo e il precedente capitolo, coerentemente con quanto si è complicata la questione del rapporto con l’AI in questi due anni. Tom Cruise e il regista Christopher McQuarrie portano dunque sullo schermo un racconto che viene ormai difficile considerare fantascienza, concentrandosi a tal punto sulle implicazioni di esso da sacrificare in parte lo spettacolo, che resta però di una ricercatezza superiore di quello dei tanti imitatori.
4La trama di Mission: Impossible – The Final Reckoning
All’inizio di Mission: Impossible – The Final Reckoning Ethan Hunt è dunque diventato un fantasma. Ricercatissimo per le sue abilità e le sue conoscenza sull’Entità, egli si tiene nell’ombra indeciso su come agire dinanzi al caos che sta infestando il mondo. Richiamato all’azione dal fidato Benji (Simon Pegg), Ethan accetta di non poter più sottrarsi al suo destino: deve rintracciare il sottomarino Sevastopol, dove l’Entità ha avuto origine, e porre fine per sempre alla sua minaccia. Ma le forze in gioco sono tante e diventa difficile capire di chi potersi fidare quando il mondo è sull’orlo di un olocausto nucleare.