Recensione film You & Me Forever

In competizione, insieme ad altre 13 opere, nel Concorso Young Adult di “Alice nella Città”, troviamo You & Me Forever, seconda opera di Kaspar Munk. Il regista danese era già noto al pubblico romano per aver partecipato alla 5^ edizione del Festival con il suo film d’esordio Hold Om Mig (Hold Me Tight), grazie al quale aveva ricevuto il premio Marc’Aurelio Esordienti ed altri premi internazionali.

 

Con il suo secondo film, Munk continua la sua lista di opere incentrate sugli adolescenti di oggi, di questo nuovo mondo così tecnologico e frenetico, dove ogni tappa del percorso, che porta dall’infanzia alla vita adulta, è anticipata e sempre più breve.

You & Me Forever è una storia di amicizia e inimicizia, di fragilità e istinto, di amore e sesso. Laura (Julie Brochorst Andersen) e Christine (Emilie Kruse) sono inseparabili migliori amiche da sempre, ma l’incontro con la misteriosa e affascinante Maria (Frederikke Dahl Hansen) mette a dura prova la loro amicizia. Per Laura è l’inizio di un cambiamento profondo, che inizierà con il brusco e radicale allontanamento da Christine, in favore di Maria. Nasce così una nuova e diversa amicizia, che la porterà a superare quei limiti del suo rapporto con Christine, che la tenevano lontana dagli eccessi, come alcol, erotismo e sesso.

Forse per il fascino che i drammi degli adolescenti hanno su di lui o per una sua innata capacità di vedere nel profondo del loro animo, Munk scrive e dirige la storia con un tocco delicato, intenso e diretto, riuscendo a mostrare e a trasmettere al pubblico il turbinio confuso di emozioni e pensieri dei suoi personaggi. L’onestà del racconto e la schiettezza delle immagini si basano soprattutto sull’ottimo livello d’improvvisazione del piccolo cast, dovuto al rapporto di fiducia che il regista ha instaurato con i giovani interpreti, di cui solo la Brochorst Andersen (già protagonista del suo primo film) e la Dahl Hansen avevano avuto qualche esperienza nell’ambito cinematografico. Gli spazi e la fotografia della storia risaltano ciò che non viene detto e sono spesso un’immagine interna dei protagonisti: i palazzi abbandonati e distrutti dove vanno spesso Laura e Christine e dove vive tutto solo Jonas (Benjamin Wandschneider); la discoteca con il suo tempo frammentato, aritmico e vuoto, in cui Laura e Maria sembrano cercare quello che non hanno e che in fondo ancora non capiscono; la piscina, l’unico posto non “contaminato” dallo spirito selvaggio e irrequieto di Maria, in cui Laura si ferma, sott’acqua, a pensare. Anche il montaggio segue il tempo mentale ed emotivo dei protagonisti e, quindi, degli adolescenti; è lento e calmo quando scoprono e vivono la propria curiosità sessuale, verso l’altra e l’altro; è monotono a scuola e a casa con i genitori; è rapido e vivace quando sono con gli amici, quando bevono e si drogano: non si fermano a pensare o a parlare, possono solo agire, correre, restare in movimento.

Con il suo secondo lungometraggio Munk aggiunge un tassello prezioso a quell’insieme di opere che ci hanno mostrato l’età adolescenziale senza pregiudizi e punti di vista critici, ma con l’unico scopo di raccontare. Noi guardiamo il film e non sempre capiamo il perché che guida le azioni dei personaggi, ma osservandoli sentiamo quello che provano e ci ricordiamo quando eravamo noi gli adolescenti.

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