l'amministratore recensione

 

L’amministratore di Vincenzo Marra è stato presentato all’ottava edizione del Festival Internazionale del Film di Roma e ha aperto il concorso “CinemaXXI“.

Umberto Montella è amministratore di numerosi condomini di Napoli, da quelli poveri a quelli ricchi. Ogni giorno è costretto a scontrarsi con la realtà quotidiana di numerosi inquilini, situazioni familiari diverse, persone che non perdono occasione per parlar male del vicino di casa. Umberto deve continuamente agire da pacere, accontentando qua e là. Ma alla fine, a parlar male, ad inventare menzogne più degli altri, per un innato ma professionale obbligo di “quieto vivere”, deve essere proprio lui.

L’amministratore è un doppio viaggio dentro la quotidianità napoletana. Doppio perché Vincenzo Marra entra dentro la vita di Umberto, e Umberto, che interpreta se stesso,entra a sua volta dentro la vita delle persone, magari restando sull’uscio, ma muovendosi con maestria e professionalità, tappando tutti i buchi possibili per mantenere soddisfacente la vita dei “suoi” clienti.

Marra segue quattro vicende separate, così vicine ma anche così lontane. Si va dall’acqua che filtra dalle pareti, ai vicini che si lamentano perché il condomino paga troppo poco e si arriva alle differenze economiche, culturali, anagrafiche e caratteriali. Chiunque abbia di fronte, Umberto non può permettersi di perdere la sua professionalità e soprattutto la sua duttilità nell’approcciarsi con questa o quella situazione.

Si tratta del quinto capitolo di Vincenzo Marra per i documentari che riguardano Napoli. Addentrarsi dentro una realtà meno straordinaria di altre, come quella della vita quotidiana di un amministratore, è rischioso poiché non permette di fare appello alla potenza visiva o al sensazionalismo, laddove si dovesse ovviare ad una debole sceneggiatura. Ma Marra riesce nell’intento, con una cura quasi maniacale della quotidianità, di una routine che non ha picchi o se li ha sono ormai assorbiti nella quotidianità stessa.

Il suo abile stile lo porta a rendere invisibile la macchina da presa, come se la storia si svolgesse da sola. Il confine tra documentario e film di finzione, come  osservabile sempre di più negli ultimi anni di cinema, è ormai superato. Qui non c’è la storia inventata, il mezzuccio di sceneggiatura per giustificare il passaggio successivo o il colpo di scena finale; ma neanche si forniscono sfilze di dati, numeri, statistiche, informazioni degne del miglior documentario. Qui si vive e con frenesia. Come frenetica è la vita di Umberto, instancabile camminatore di situazioni altrui.

La nostra foto gallery del Festival:

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