Nicolas Cage resta tra gli attori più amati nel panorama hollywoodiano, ma è innegabile come stia vivendo un periodo di declino. Ora l’ex Golden Globe ritenta in Solo per vendetta, diretto dal danese Roger Donaldson (“La rapina perfetta”, “Thirteen Days”). Protagonista è William Gerard, un professore di lettere che cerca, senza successo, di trasmettere la propria etica attraverso l’insegnamento di Shakepeare e altri famosi poeti. Il nostro però si troverà ben presto a cedere alla violenza per vendicare lo stupro di sua moglie Laura (Jurnary Jones).
L’incipit di Solo per Vendetta è sicuramente molto efficace, sopratutto a livello scenografico: dagli ambienti eleganti e accademici si vira repentinamente ai quartieri malfamati di una New Orleans devastata dall’uragano Katrina. Un plauso va fatto alla gestione della fotografia, che mette in risalto in ogni dettaglio il degrado di una città in fase di ricostruzione. Tale ambiente costituisce uno specchio perfetto per lo stato d’animo di Will, che dopo la violenza subita dalla moglie rivede le sue convinzioni sulla violenza. Nelle prime battute la narrazione incalza, grazie all’ambiguo Simon, interpretato in una buona prova da Guy Pearce.
Sfortunatamente il promettente inizio di Solo per Vendetta si rivela ben presto un fuoco fatuo: lo script si dilata in maniera piatta , senza guizzi né avvenimenti che diano un’energica scossa alla situazione, e le poche scene d’azione non sono sufficienti a sollevare una trama soporifera. Illuso dalle premesse, lo spettatore aspetta il colpo di scena che non arriva mai, e tra le estenuanti indagini di William e gli inutili flashback sul suo passato, i restanti minuti del film rappresentano una vera tortura per chi guarda. Complice di tutto ciò anche una cattiva scrittura del personaggio principale, stereotipato e privo di profondità, ma sopratutto di un cattivo, Simon, inizialmente avvincente ma il cui carattere sfocia in ideologie lapalissiane.
Vedendo Solo per Vendetta si ha la netta sensazione, in questo come negli ultimi casi, di trovarsi di fronte a un lavoro a cui Cage ha preso parte per necessità e non per vocazione. Insomma caro Nicolas, ma quando torni?