In La stirpe del male Zac e Samantha sono due novelli sposini che decidono di regalarsi un viaggio di nozze nella Repubblica Domenicana, documentando ogni istante della con l’ausilio di una videocamera. La coppia viene improvvisamente catapultata in un misterioso party, del quale al mattino non rammentano nulla, ma tornati a casa scoprono inaspettatamente che Samantha, malgrado le precauzioni, e’ rimasta incinta. Zac pero’ trova uno strano cambiamento nella moglie, che oltre ad improvvisi sbalzi d’umore sembra modificare totalmente le proprie abitudini. Pensando inizialmente che si tratti dello stress dovuto alla gravidanza, Zac ben presto si rende conto che qualcosa di terribile e demoniaco sembra aver sconvolto la loro esistenza.

 

L’inflazione di genere sembra essere diventato una moda tipica di un cinema recente ormai stanco e dedito soprattuto alla pratica della “minestra riscaldata” che nei generi viscerali come l’horror pare aver trovato terreno fertile. Se poi a questo agiungiamo l’ormai abusato tema demoniaco e la pratica casereccia del found footage, La stirpe del male è l’ennesima pellicola che, muovendo dai capisaldi del genere come L’esorcista e Omen, crede erroneamente di avere qualcosa di originale da aggiungere a un piatto ormai freddo ed insipido. La coppia di esordienti Tyler Gillet e Matt Bettinelli-Olpin, gia’ avvezzi al mokumentary con l’opera collettiva V/H/S, decidono di partire da una vera amalgama metacinematografica debitrice dell’immenso Rosmary’s Baby, muovendosi su un terreno narrativo accidentato che attinge a piene mani ai topoi del genere, compresi alcuni ammiccamenti ai più recenti esperimenti de L’ultimo esorcismo. Una trama tutto sommato solida, lineare e prevedibile, senza particolare dispendio di energie creative, come si nota fin dall’accademica prima mezzora, dedicata a narrare le tenerezze di coppia che dovrebbero preludere alla catastrofe che tarda ad arrivare.

Interessante e ben studiata la modalità stilistica che abbandona il reportage in piano sequenza in favore di riprese da diversi dispositivi, replicando un montaggio cinematografico canonico (già sperimentato abilmente in Chronicle). A fare da contrappunto alla sterilita’ del plot, al quale va comunque riconoscuta una sufficente progressione nell’arco di suspance, vi e’ la piu’ che credibile prova attoriale della coppia Allison Miller (giovane veterana della tv gia’ vista in The Last Vampire ) e Zach Gilford (reduce dal recente The Purge), capacissimi di reggere ad una genuina a crescente tensione, fino alla cruenta scena finale del parto demoniaco degna di Brood di Cronemberg. Un uso parco e mai invasivo degli effetti speciali, di fatto credibili ma comunque incapaci di nobilitare una pellicola che insiste troppo sul fattore psico-sentimentale e troppo poco su una sana dose di gore, forse temendo di essere troppo originale e rinunciando ad essere quantomeno onesta con se stessa.

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