The Caine Mutiny Court-Martial: recensione del film di William Friedkin #Venezia80

L'ultimo film di William Friedkin è un'opera ricca di lezioni sulla regia e sulla natura umana.

The Caine Mutiny Court-Martial recensione film

“Tutti i film che ho realizzato, che ho scelto di realizzare, riguardano la sottile linea tra il bene e il male. E anche la sottile linea che esiste in ognuno di noi. Questo è ciò di cui parlano i miei film”. Con questa citazione del regista William Friedkin viene introdotto alla Mostra del Cinema di Venezia il suo nuovo film dal titolo The Caine Mutiny Court-Martial, che arriva a dodici anni dal suo precedente lungometraggio, Killer Joe, dopo essersi scolpito un posto nella storia del cinema grazie a film come Il braccio violento della legge, L’esorcista e Vivere e morire a Los Angeles.

 

Si tratta, come noto, dell’ultima fatica cinematografica di Friedkin, venuto a mancare nell’agosto di quest’anno, prima di poter dunque presentare il nuovo film al grande pubblico. Arrivato a Venezia senza il proprio regista, The Caine Mutiny Court-Martial si dimostra essere in ogni caso la testimonianza di un Friedkin in piene forze, che adatta l’opera teatrale di Herman Wouk dal titolo Corte marziale per l’ammutinamento del Caine con meticolosa precisione, gusto per la parola e completa padronanza del ritmo, facendo dunque di questo nuovo lungometraggio un’opera di grande valore.

The Caine Mutiny Court-Martial, la trama del film

La vicenda narrata vede l’avvocato Greenwald (Jason Clarke) difendere con riluttanza Maryk (Jake Lacy), l’ufficiale della Marina che ha sollevato dal comando il  tirannico capitano Queeg (Kiefer Sutherland), accusato di instabilità mentale nel corso di una violenta burrasca. Man mano che il processo va avanti, Greenwald diventa sempre più interessato a fare chiarezza, domandandosi se quello del Caine sia stato un vero ammutinamento o semplicemente l’atto coraggioso di un gruppo di marinai che non potevano più fidarsi del loro instabile capitano.

Dal testo allo schermo

Legal drama a tutti gli effetti, The Caine Mutiny Court-Martial era un film che Friedkin ambiva a realizzare da tempo, affascinato dai dubbi che il racconto morale solleva e da quel confine tra bene e male esistente in ogni essere umano e che per tutta la sua carriera il regista ha esplorato. Lo spettatore viene dunque fatto entrare in una piccola aula dove si svolge il processo tra Maryk e Queeg e qui rimarrà sostanzialmente fino alla fine, ascoltando le testimonianze dei due diretti in causa come anche quelle di una serie di testimoni ed esperti. Ci si trova dunque di fronte ad un film dalla forte economia narrativa, dove alla parola è conferita massima attenzione.

Friedkin, anche sceneggiatore del film, riadatta il testo non solo per aggiornarlo ma anche per incrementare la musicalità delle battute, delle parole, dando così vita ad un film che è un piacere ancora solo da ascoltare. The Caine Mutiny Court-Martial è però non solo una vera e propria lezione di adattamento, quanto anche di costruzione delle immagini. Quelle che potrebbero apparire delle limitazioni – la sola location e il forte uso della parola – non impediscono a Friedkin di lavorare su una ricerca del ritmo e in generale della messa in scena degni di un maestro quale è lui. Non è un film facile questo, specialmente se non si è amanti di questo genere di opere, ma è davvero difficile staccare gli occhi dallo schermo.

Il confine tra bene e male

Friedkin riesce dunque a rendere appassionante la vicenda narrata, fornendo indizi, testimonianze, prove o suggestioni che permettono di far emergere tutta l’ambiguità e l’universalità di quanto proposto. Lo spettatore si trova infatti a dover scegliere egli stesso da che parte stare, se da quella dell’ufficiale Maryk o quella del capitano Queeg. Per scegliere, occorre ascoltare quanto viene detto, cercare di formulare il proprio giudizio, che può essere naturalmente influenzato da innumerevoli fattori personali. Il regista sceglie di rimanere volutamente ambiguo, proponendo sì una risoluzione dei fatti ma concentrandosi sul far emergere, una volta di più, quel confine tra bene e male e la sua facilità nell’oltrepassarlo, sia in un senso che nell’altro.

- Pubblicità -
RASSEGNA PANORAMICA
Gianmaria Cataldo
Articolo precedenteSaltburn: Emerald Fennell ha scelto Jacob Elordi senza aver mai visto Euphoria
Articolo successivoL’Esorcista oggi in versione restaurata a Venezia Classici
Gianmaria Cataldo
Laureato in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è un giornalista pubblicista iscritto all'albo dal 2018. Da quello stesso anno è critico cinematografico per Cinefilos.it, frequentando i principali festival cinematografici nazionali e internazionali. Parallelamente al lavoro per il giornale, scrive saggi critici e approfondimenti sul cinema.
the-caine-mutiny-court-martial-william-friedkinCon il suo ultimo film William Friedkin lavora sull'essenziale, propronendo una storia con unica location ma un vulcano di parole, dialoghi e battute, lavorando su una ricerca del ritmo e in generale della messa in scena degni di un maestro quale è lui.