The Cloverfield Paradox, recensione del film di Julius Onah

The Cloverfield Paradox

A sorpresa, dopo parecchie notizie confuse e nessun annuncio ufficiale, The Cloverfield Paradox, terzo capitolo della saga cominciata nel 2008 con Cloverfield, è stato distribuito su Netflix, in contemporanea con la messa in onda del primo trailer del film stesso durante il Super Bowl, lo scorso 4 Febbraio.

 

Era il 2008 quando sui grandi schermi arrivò Cloverfiel, un godibilissimo film di fantascienza – con qualche venatura horror – portatore nel suo ambito della innovativa ripresa con la camera a mano (successivamente fin troppo utilizzata, come ben sappiamo, in tutti i generi possibili). Nel 2016, senza alcun preavviso, esce invece il trailer di 10 Cloverfiel Lane, seguito del primo film e diretto da J.J. Abrams (prima solo produttore). Apparentemente sconnesso da Cloverfield, il secondo capitolo vi si ricollega invece perfettamente nel finale.

La peculiarità dei due Cloverfield è stata la strategia di marketing. Il primo capitolo è stato infatti pionieristico nel campo del viral marketing, fenomeno che con le dovute correzioni si è ripetuto con questo terzo capitolo. A distanza di due ore dalla messa in onda del trailer, il film era disponibile sulla piattaforma di streaming.

The Cloverfiel Paradox si limita ad introdurci a bordo della Stazione Spaziale Cloverfield, dove un equipaggio di sei scienziati sta cercando di attivare un acceleratore di particelle in grado di fornire energia sufficiente al pianeta Terra. Eppure tale nobile intento potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio: un sovraccarico di energia, sprigionatasi nello spazio, potrebbe provocare quello che viene chiamato il “Paradosso Cloverfield”, ovvero il generarsi di un portale, una sorta di apertura verso un mondo Altro dal quale possono scaturire orrori di ogni genere.

Il terzo capitolo di Cloverfield, che doveva essere quello risolutivo o quello che prendeva le fila dei suoi predecessori per amalgamare bene ogni contenuto, fallisce nei suoi intenti.

Certi deja-vù citazionistici sono anche apprezzabili, come quello di Alien o del moncherino “pensante” che omaggia Sam Raimi, in quanto dichiarazione d’amore verso il grande cinema di genere.

Ma ciò non compensa la reale mancanza di una sceneggiatura solida, ammortizzata con l’immissione frenetica e confusa di continui colpi di scena, di continue trovate che si sforzano a tutti i costi di sorprendere.

Dando per scontato che ormai ci troviamo dinnanzi ad un franchise, possiamo sperare che il Cloverfield Universe si arricchisca di un ulteriore capitolo, possibilmente migliore e rievocativo di quell’alone di mistero e di angoscia che avevano fatto dei primi due capitoli un esempio lampante di fantascienza letta in chiave post 11 settembre.

Il trailer di The Cloverfield Paradox

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