Presentato alla Festa del Cinema di Roma 2024 nella sezione Grand Public, The Dead Don’t Hurt (I morti non soffrono) è la seconda opera da regista di Viggo Mortensen, in cui l’attore e regista rende omaggio ai codici del western, a quel romanticismo che sopravvive e trova compimento anche negli ambienti più ostili. Senza mai allontanarsi dalle proprie inquietudini, esplora i legami tra l’archetipo dell’antieroe nomade e la donna indipendente e fedele a se stessa, consegnando agli spettatori un film nello stile dei classici e al tempo stesso profondamente personale.
The Dead Don’t Die: raccontare l’assenza
Tutto inizia alla fine, o quasi: assistiamo alla morte di Vivienne LeCoudy (Vicky Krieps, già splendida ne Il filo nascosto e Il corsetto dell’imperatrice) e, da lì, torniamo indietro, tra flashback e sequenze oniriche che raccontano l’incontro della donna con l’uomo che chiama affettuosamente per cognome, il danese Holger Olsen (Viggo Mortensen). I due si innamorano e vanno a vivere nella nella fattoria isolata di quest’ultimo, che è un falegname.
Si tratta anche di una storia molto personale per il regista stesso, in quanto dedicata alla madre: Grace Gamble Atkinson, con la quale la protagonista ha dei parallelismi: Vivienne Le Coudy sfida la società dell’epoca rompendo con le abitudini prevalenti. Rifiuta di sposarsi, vuole guadagnarsi i propri soldi per non dipendere da nessuno e sceglie come compagno un uomo che si distingue dagli altri. Si tratta, come dicevamo, di Holger Olsen, un immigrato danese che incontra a San Francisco. Non volendo rinunciare alla sua indipendenza, Vivienne accetta di viaggiare con lui per stabilirsi vicino alla tranquilla cittadina di Elk Flats, che comincia a prosperare, e dove iniziano una vita insieme.
Quando arrivano in questo luogo di frontiera senza nome, oltre al loro tranquillo amore per le case di legno e gli odori della natura, troveranno un subdolo sindaco (Danny Huston), un potente rancher (Garret Dillahunt) e il suo violento figlio (Solly McLeod). Quando il tranquillo Holger parte per combattere nella Guerra Civile, Vivienne rimane sola di fronte al pericolo: proprio l’intrattabile Weston che ha messo gli occhi su di lei. Quella che segue è una storia tanto ortodossa nei modi quanto senza tempo (e quindi moderna) nelle forme e nelle trame, che risuona nella brutalità del presente
Il western come il luogo “impreciso” dell’avventura
In quella che è la sua seconda opera da regista dopo il melodramma familiare Falling, l’attore, opta per una storia costruita dalla memoria dei suoi protagonisti e, in un certo senso, dai ricordi di ciascuno degli spettatori: in fin dei conti, il West, più che coincidere con punto cardinale o un genere cinematografico specifico, indica il luogo impreciso dell’avventura, del nuovo, di ciò che è ancora da scoprire. Non occupa un posto sulla mappa perché appare congiuntamente alla frontiera, al limite esatto dell’ignoto. Denomina ciò che ancora non ha nome: per questo è uno spazio selvaggio, e per questo appartiene a tutti.
Il punto di vista di chi rimane
È interessante che Viggo Mortensen faccia un passo indietro per lasciare che il suo western si affidi al personaggio femminile, un omaggio a coloro che hanno aspettato il ritorno dell’eroe. Nel vecchio West americano, aspettare significava muoversi in modo diverso: rendere fertile una terra arida, creare legami con la comunità, crescere un figlio in solitudine e, soprattutto, non nutrire false illusioni. Forse la decisione di sceneggiatura più discutibile di The Dead Don’t Hurt – l’improvvisa partenza di Holger per combattere con gli Yankees nella Guerra Civile – è anche la più saggia: con un pudore in linea con la serenità del film, il laconico eroe si riserva un lungo momento fuori campo che offusca il suo peso drammatico per sublimare la luce femminile in un western che non si accontenta di essere neoclassico.
È infatti Vivienne a controllare la propria storia, a prendere decisioni rischiose, a cercare di gestirsi autonomamente in un mondo in cui non è del tutto comprensibile che una donna faccia certe cose. E mentre il film va avanti e indietro tra i due protagonisti, il peso emotivo della storia è su di lei: si può sapere fin dall’inizio qual è il suo destino, ma il viaggio consiste nel capire le scelte che farà prima di arrivarci.
The Dead Don't Hurt
Sommario
Con The Dead Don’t Hurt, Viggo Mortensen confeziona un western classico nella forma e moderno nella sostanza, che non si interessa particolarmente alle sorprese da copione quanto ad accarezzare dolcemente la sfera emotiva dei suoi protagonisti.