The Quiet Son: recensione del film di Delphine e Muriel Coulin – Venezia 81

Le registe imbastiscono una storia di incomprensioni e incomunicabilità familiari, ma anche di denuncia politica

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Essere genitori è un compito arduo, ancor più complesso quando si deve crescere un figlio in un contesto sociale e politico critico. Come si può evitare che un figlio compia errori? Fino a che punto un genitore può spingersi per proteggerlo dal pericolo? Qual è il limite? Delphine e Muriel Coulin affrontano queste domande quasi esistenziali in The Quiet Son, presentato in Concorso all’81esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia. Esplorando le dinamiche di una famiglia fratturata, le registe cercano di arrivare alle radici dell’incomunicabilità, un tema che Michelangelo Antonioni ha indagato bene, dimostrando come la mancanza di dialogo possa provocare danni irreparabili. Il film, che vede protagonista Vincent Lindon, sarà distribuito da I Wonder Pictures.

 
 

The Quiet Son, la trama

Pierre è un padre rimasto vedovo che si prende cura dei suoi figli vent’enni, Louis e Fus. Il primo, anche il più giovane, è un ragazzo tranquillo e studioso, e si sta preparando per trasferirsi alla Sorbonne a Parigi. Il secondo, invece, ha un temperamento più violento, e frequenta compagnie poco raccomandabili. Quando Pierre scopre come e con chi trascorre il tempo Fus, cerca in tutti i modi di dissuaderlo, scatenando l’ira del figlio che non accetta ragioni. Questi è infatti affascinato dalla violenza, e milita in gruppi estremisti di destra, l’esatto opposto dei valori del padre. Restare impassibili non è contemplato, ma ogni tentativo di Pierre per far riflettere il figlio, riportandolo sulla retta via, sembra invece un passo in più verso un epilogo tragico.

The Quiet Son

Fra dramma e politica

The Quiet Son è un dramma che intreccia tematiche familiari e politiche, offrendo molteplici chiavi di lettura. Al centro della narrazione ci sono i figli, i padri che devono assumere anche il ruolo di madri, e le incomprensioni che nascono da visioni del mondo divergenti. Fus è un giovane che rifiuta di ascoltare, convinto delle proprie idee, ma anche segnato dalla perdita della madre, un lutto che lo ha reso vulnerabile nonostante lui non ne sia pienamente consapevole. Pierre, suo padre, è amorevole ma eccessivamente protettivo, e non ha mai avuto il coraggio di affrontare apertamente questo dolore con il figlio. In un rapporto sempre più distante, i Coulin sfruttano l’occasione per introdurre una critica politica: le ideologie estreme, alimentate dal fanatismo, possono avere conseguenze devastanti, soprattutto su menti fragili come quella di Fus, che perde la propria identità.

Con una sceneggiatura densa e stratificata, le registe ci mostrano quanto sia difficile contrastare pensieri nocivi e razzisti che corrodono la società e le persone. The Quiet Son porta sullo schermo non solo il dolore provocato da una realtà crudele, ma anche la consapevolezza che, a volte, chi amiamo e abbiamo cresciuto può sfuggirci di mano, diventando irriconoscibile. Come si può perdonare un figlio che ha smarrito la via? Come si guarda negli occhi qualcuno che non ama il prossimo e ha perso ogni senso etico? È una tristezza infinita, un mondo che sembra privo di speranza. Vincent Lindon, nel ruolo del padre Pierre, offre una performance che fa vibrare le corde del cuore: i suoi occhi, pieni d’amore e di coraggio, riflettono la lotta contro un male invisibile ma tangibile. Una prova attoriale commovente, delicata ed essenziale, che merita un grande applauso.

The Quiet Son
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Summary

Il film porta sullo schermo non solo il dolore provocato da una realtà crudele, ma anche la consapevolezza che, a volte, chi amiamo e abbiamo cresciuto può sfuggirci di mano, diventando irriconoscibile. Come si può perdonare un figlio che ha smarrito la via? Come si guarda negli occhi qualcuno che non ama il prossimo e ha perso ogni senso etico?

Valeria Maiolino
Valeria Maiolino
Classe 1996. Laureata in Arti e Scienze dello Spettacolo alla Sapienza, con una tesi su Judy Garland e il cinema classico americano, inizia a muovere i primi passi nel mondo della critica cinematografica collaborando per il webzine DassCinemag, dopo aver seguito un laboratorio inerente. Successivamente comincia a collaborare con Edipress Srl, occupandosi della stesura di articoli e news per Auto.it, InMoto.it, Corriere dello Sport e Tutto Sport. Approda poi su Cinefilos.it per continuare la sua carriera nel mondo del cinema e del giornalismo, dove attualmente ricopre il ruolo di redattrice. Nel 2021 pubblica il suo primo libro con la Casa Editrice Albatros Il Filo intitolato “Quello che mi lasci di te” e l’anno dopo esce il suo secondo romanzo con la Casa Editrice Another Coffee Stories, “Al di là del mare”. Il cinema è la sua unica via di fuga quando ha bisogno di evadere dalla realtà. Scriverne è una terapia, oltre che un’immensa passione. Se potesse essere un film? Direbbe Sin City di Frank Miller e Robert Rodriguez.

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