Babadook

Tutti i bambini vedono mostri. Tutti i bambini pensano che il mondo ne sia pieno perché le nonne e le madri ne raccontano, anche la televisione e i cartoni animati ne parlano e ne mostrano in continuazione, certo in storie sempre a lieto fine per chi rappresenta il bene. Il Signor Babadook è uno di loro, spaventoso nel suo vestito nero, gli artigli e il cappello a cilindro; come tradizione vuole vive nel buio, dunque esce allo scoperto e diventa pericoloso quando piccoli e grandi vanno a dormire.

 

Ma cosa vogliono, in realtà, questi mostri che terrorizzano il sonno? Qual è il loro fine, perché sbucano dagli armadi, dai libri e dagli angoli oscuri? Solo per mettere alla prova la resistenza delle nostre coronarie e il nostro coraggio? Forse, ma più di ogni altra cosa per il loro bisogno di esistere, di essere riconosciuti come esseri reali, materiali, perché la paura è un sentimento essenziale delle nostre vite, dall’infanzia alla vecchiaia, passando ovviamente per l’età adulta. Età nella quale, più di altre, neghiamo l’esistenza di fenomeni paranormali, di presenze oscure e incantesimi neri della peggior specie. Il Signor Babadook però si nutre proprio di questo, della negazione, più convinciamo noi stessi che non esiste, più diventa forte e possente, padrone della scena. La sceneggiatrice e regista Jennifer Kent mescola alcuni temi classici del genere horror come la possessione, gli spiriti e i mostri della tradizione per fare un film interessante e colmo di tensione.

Babadook: un film interessante e colmo di tensione

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Cita esplicitamente il protagonista di Shining Jack Torrance, l’immortale L’Esorcista di William Friedkin e lo Slender Man, il mostro in giacca e cravatta del fortunato videogame The Slender, ma sempre seguendo un obiettivo del tutto originale. L’ottima fotografia di Radek Ladczuk accompagna alla perfezione una regia asciutta e di gran gusto, catapultandoci in un vortice nel quale il confine fra follia e suggestione è molto labile e tende a giocare brutti scherzi allo spettatore.

A dare man forte alle scene, degli effetti sonori estremamente curati e dettagliati che hanno un ruolo narrativo fondamentale, insieme ai due protagonisti Essie Davis (nel ruolo di Amelia) e Noah Wiseman (il piccolo Samuel) che hanno un’ottima chimica. La storia non prende mai una direzione precisa, abbraccia repentinamente diverse teorie, risolvendo tutto in un finale audace e ironico. Un epilogo inaspettato che regala una tregua all’eterna guerra fra mostri e uomini, forse sopra le righe ma deliziosamente coraggioso, sicuramente da premiare e incoraggiare. Un’idea che si allontana dal voler spaventare a tutti i costi, e che dunque potrebbe deludere molti puristi dell’orrore, che tende piuttosto a educare gli adulti e i bambini più fragili a convivere con la paura, piuttosto che a negarla. Siete davvero pronti a lasciare la porta della vostra camera socchiusa, di notte..?

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