Suburra: recensione del film di Stefano Sollima

Suburra

L’inferno è una pozza stagnante che si nutre di se stessa, un luogo statico in cui si ripetono tormenti terribili senza possibilità di riscatto o via di fuga e la Suburra ne è un degno esempio terreno.

 

Nell’antica Roma era appunto il quartiere dove potere e criminalità si incontravano e tenevano le fila del loro delicato equilibrio. Oltre duemila anni dopo, quel luogo esiste ancora ed è il mondo dove Filippo Malgradi (Pierfrancesco Favino), politico corrotto, Numero 8 (Alessandro Borghi), capo di una famiglia criminale che gestisce il territorio di Ostia e Samurai (Claudio Amendola), ultimo, temutissimo componente della Banda della Magliana, s’incontrano nella loro corsa al potere a ogni costo.

Suburra

Il noir metropolitano di Stefano Sollima, che si dimostra uno dei rari registi capaci di raccontare la crudeltà costitutiva dell’uomo senza scomodare retorica e giudizio, è un film che scuote perché ci priva dell’anelata redenzione. Siamo nel novembre del 2011 e su Roma si abbatte l’apocalisse: il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il capo della cristianità si dimettono, facendo sprofondare la città su se stessa.  Quella di Suburra è una Roma tetra e piovosa, dove una notte eterna la fa da padrona soprattutto nelle anime dei suoi protagonisti, vinti dalla loro stessa vita, che non è altro che una tensione all’ambizione cieca e alla sopravvivenza.

Il film di Sollima racconta storie terribili, fatte di umana malvagità e grettezza, che schiaccia al suolo i suoi personaggi, senza la possibilità di sollevarsi né di ricevere il colpo di grazia. Perennemente sull’orlo del baratro, non incoraggiano l’empatia dello spettatore e non vengono giudicati in alcun modo, eppure riescono a tenerci ipnotizzati per oltre due ore, merito di una scrittura minuziosissima e del lavoro enorme sugli attori – che traspare in ogni sequenza- e conferisce un realismo agghiacciante, se pur calato in una sorta di dimensione surreale della realtà quotidiana. Opera dal carattere marcatamente simbolico, fa di Roma stessa un personaggio. La città diventa qui una reale entità immortale, che brucia e rinasce continuamente dalla proprie ceneri, portando con sé i più deboli.

Attesissimo, Suburra supera le aspettative, regalandoci immagini fotograficamente bellissime nella loro turpitudine e un racconto di vita che difficilmente abbandonerà lo spettatore, chiamato all’appuntamento terribile con lo specchio e le tremende verità che esso fa affiorare. In uscita nelle sale italiane il 14 ottobre, è uno dei rarissimi film italiani in grado di portare sullo schermo una storia tutta italiana, eppure universale, come solo la vera narrativa sa fare, indicando la via alle prossime produzioni nostrane.

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