Con Duplicity (2009), Tony Girloy, già autore di Michael Clayton e sceneggiatore della trilogia di Bourne, tenta di unire il glamour della commedia romantica con i meccanismi del thriller di spionaggio. In teoria, gli ingredienti ci sarebbero tutti: una coppia di star di grande fascino come Julia Roberts e Clive Owen, un intreccio fatto di doppi giochi e colpi di scena, un respiro internazionale con riprese in diverse location. Ma il risultato, purtroppo, non è all’altezza delle promesse, lasciando la sensazione di un film raffinato in superficie ma poco incisivo nella sostanza.
Una trama tra amore e spionaggio
La storia inizia con l’incontro casuale tra Ray (Clive Owen) e Claire (Julia Roberts), due ex agenti segreti che, dopo una notte di passione, si ritrovano coinvolti in una complicata relazione sentimentale e professionale. Entrambi lavorano come spie aziendali, abili nel carpire segreti industriali e manipolare le informazioni, ma incapaci di fidarsi l’uno dell’altra.
Il loro obiettivo è mettere a segno un colpo che possa garantire un futuro felice e sicuro. Tuttavia, la loro stessa natura di spie li porta costantemente a dubitare delle intenzioni reciproche, generando un gioco di seduzione e inganno che, invece di appassionare, finisce spesso per appesantire la narrazione.
Stile e regia: virtuosismi poco efficaci
Girato in numerose location internazionali, Duplicity cerca di dare a ogni città un tono e un’atmosfera specifici, ma il respiro cosmopolita non basta a mascherare i limiti della regia. Gilroy ricorre con frequenza allo split screen, forse per richiamare certi modelli anni ’60 e ’70 del cinema di spionaggio, ma l’uso risulta eccessivo e poco funzionale, finendo per distrarre lo spettatore più che coinvolgerlo.
Anche la scelta di una narrazione frammentata, con continui salti temporali, rischia di confondere inutilmente. Se è vero che il pubblico contemporaneo è ormai avvezzo a intrecci complessi, in questo caso il montaggio approssimativo e il ritmo incostante bruciano l’efficacia del colpo di scena finale, che pure, sulla carta, avrebbe potuto sorprendere.
Cast e interpretazioni
Se la regia lascia a desiderare, il cast contribuisce a sollevare le sorti del film. Julia Roberts e Clive Owen, già coppia intensa e sensuale in Closer, mantengono una buona alchimia sullo schermo, anche se i loro personaggi non sempre risultano scritti con la necessaria profondità.
Di grande valore, come spesso accade, i comprimari: Tom Wilkinson e Paul Giamatti rubano la scena ogni volta che appaiono, offrendo momenti di ironia e intensità che danno respiro a una storia altrimenti troppo ingarbugliata.
Un’occasione mancata
Duplicity è un film elegante, patinato, ricco di ambientazioni suggestive e di dialoghi brillanti, ma incapace di tenere insieme tutti i suoi elementi. Dove Michael Clayton colpiva per la precisione della regia e per la forza narrativa, qui Gilroy sembra perdersi nei meandri di una struttura troppo artificiosa.
Il film avrebbe potuto essere un moderno omaggio alle commedie sofisticate con spionaggio e romanticismo, ma finisce per scivolare in una via di mezzo poco soddisfacente: troppo intricato per essere una commedia leggera, troppo patinato e superficiale per funzionare come spy thriller.
Conclusione
Pur con tutti i suoi difetti, Duplicity resta un film guardabile, grazie soprattutto al carisma dei suoi interpreti e alla qualità della scrittura di Gilroy, che rimane comunque uno sceneggiatore di grande talento. Se Michael Clayton resta la regola e Duplicity l’eccezione, c’è da augurarsi che Gilroy possa tornare in futuro a coniugare meglio eleganza e sostanza.
In definitiva, un’occasione mancata: un film che prometteva molto ma mantiene poco, lasciando lo spettatore con l’impressione di aver assistito a un raffinato esercizio di stile più che a un’opera compiuta.
Duplicity
Sommario
Duplicity di Tony Gilroy, con Julia Roberts e Clive Owen, unisce amore e spionaggio in un intreccio elegante ma confuso, tra doppi giochi e colpi di scena.

