Barbarossa – recensione

Barbarossa

Barbarossa – Quando con un occhio si guarda alla Storia e con l’altro all’intrattenimento cinematografico si fa spesso grande cinema, lo dimostrano i tanti capolavori storici che sono arrivati nelle sale negli ultimi anni. Questa equazione tuttavia non si verifica sempre e purtroppo Martinelli è caduto in pieno nella trappola che si è preparato da solo. Film pretenzioso e costoso, Barbarossa si presenta come una storia forte, epica, soprattutto reale, che promettendo tanto, delude profondamente lo spettatore. Una storia lunga scritta male e raccontata peggio.

L’intreccio è confuso, portato avanti seguendo i singhiozzi di un montaggio apparentemente casuale che non aiuta ad appassionarsi alla storia con tempi morti e momenti risolutivi trattati troppo in fretta, annoiando per i 139 minuti della sua durata. Martinelli si porta dietro l’eredità di regista di videoclip, proponendo un prodotto i cui blocchi narrativi non hanno consequenzialità né producono la giusta armonia che un racconto dovrebbe avere tra le sue parti. Pur supportato da tecnologie all’avanguardia come la crowd replication (per la prima volta in una produzione italiana), il regista mostra la sua inesperienza a sfruttarne il potenziale espressivo, inficiando la credibilità dell’immagine, come esempio per tutti valga l’utilizzo del digitale per riprodurre il sangue nella battaglia di Legnano: asettici schizzi rossi che partono dalle ferite dei guerrieri per proiettarsi verso lo spettatore, a ricordare gli altrettanto finti schizzi di sangue dei titoli di coda dello snyderiano 300; sarebbe bastato il sangue finto che nella tradizione italiana dell’horror ha espresso sempre bene, seppure in maniera talvolta grottesca, il disgusto e lo scempio dei corpi.

Gli ingenti mezzi messi a disposizione di Martinelli impallidiscono di fronte ad una sceneggiatura cattiva e senz’anima. Il regista cerca di dare un ritmo, ma senza seguire uno spartito mette male l’accento con l’abuso di ralenti che non sono giustificati dalla narrazione.

Eppure buone sono le interpretazioni di Rutger Hauer e F. Murray Abraham a dispetto dei ‘nostri’ attori. La bella Kasia Smutniak, alle prese con un personaggio controverso e complesso, non fa che ripetere gli stessi gesti scarmigliati e confusi per tutto il film e Raz Degan, nella sua stentata interpretazione, sembra l’unico elemento che possediamo per orientarci nel tempo, in quanto pare che il trascorrere degli anni nella storia venga misurato tramite in progressivo grado di disordine dei capelli dell’attore protagonista.

Le musiche di accompagnamento sono anonime, approssimative e senza il respiro epico e poetico che la storia dei ribelli avrebbe meritato. E’ vero, il coraggio andrebbe premiato, poiché Martinelli si dimostra coraggioso scegliendo sempre temi che vanno oltre il contemporaneo panorama delle storie italiane da cinema, né drammi familiari né cine-panettoni quindi, ma purtroppo non mette a frutto l’originalità dell’idea con la realizzazione di un buon prodotto. Barbarossa si potrebbe definire un passo falso, un altro dopo il non entusiasmante Carnera, e se è vero che ‘errarehumanum est, perseverare autem diabolicum’.

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