Le guerre horrende, recensione del film di Luca Immesi e Giulia Brazzale

Le guerre horrende

Le guerre horrende è il secondo lungometraggio di Luca Immesi e Giulia Brazzale, che dopo l’esordio con Ritual – Una storia psicomagica, traggono ispirazione per il loro nuovo film dall’omonima pièce teatrale di Pino Costalunga. Il titolo prende spunto da una frase di Machiavelli, che per “horrende”, intendeva grandi, straordinarie. E nell’anno del centenario dalla fine della Grande Guerra, è proprio sui grandi sconvolgimenti bellici della prima metà dell’900 che i due registi decidono di focalizzarsi, per raccontare di come la guerra nasca prima di tutto dentro di noi.

La vicenda del film racconta le avventure del Capitano (Livio Pacella), eccentrico reduce della Grande Guerra e del secondo conflitto mondiale, che in compagnia del suo fedele scudiero (Désirée Giorgetti) si è ritirato a vivere in un misterioso bosco sperduto. I due trascorrono tutto il tempo a narrare ed inscenare epiche battaglie, ma quest’atmosfera fiabesca viene spezzata dall’arrivo di un giovane soldato privo di memoria (Dario Leone), che porterà tensioni e conflitti tra i personaggi.

Di forte impostazione teatrale, il film non rinuncia alle convenzioni per le quali il testo originario è stato scritto, avvalendosi così di un’unica location, pochi attori ed una recitazione enfatica. Se tutto ciò potrebbe funzionare adeguatamente in teatro, non sempre si può dire la stessa cosa al momento della trasposizione cinematografica. Benché la bellezza del luogo in cui le vicende sono ambientate mantenga sempre una certa attrattiva nei confronti dello spettatore, con lo scorrere dei minuti si trovano sempre meno motivi per voler continuare a seguire gli eventi narrati. Complici scelte di sceneggiatura che hanno modificato parzialmente il testo di Costalunga, con l’aggiunta di elementi onirici e surreali che però non fanno che disorientare lo spettatore. Dove il film voglia arrivare risulta ben presto prevedibile, non riuscendo così a generare interesse verso lo svelamento finale dell’intreccio.

Le Guerre HorrendeUlteriore appesantimento è dato dai dialoghi del film, che se da una parte sottolineano come quella dei protagonisti sia tutta una grande recita, dall’altro risultano eccessivamente irrealistici e fuori contesto per il mezzo cinematografico. Tutto ciò non aiuta nemmeno gli attori, che si trovano costretti alle prese con un ibrido tra cinema e teatro che però non riesce a fondere adeguatamente i due medium.

Benché da un punto di vista fotografico il film trovi il suo punto di forza, è un’opera quella dei due registi inadatta per il cinema o che comunque non si avvale di una trasposizione in grado di renderla facilmente fruibile né godibile. Trattare il tema delle guerre ricercandone l’origine nei conflitti interiori che animano ognuno di noi è un’idea interessante, ma ridurre il tutto a soluzioni surreali e risvolti macchinosi risulta assai difficile da digerire.

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Gianmaria Cataldo
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Gianmaria Cataldo
Laureato in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è un giornalista pubblicista iscritto all'albo dal 2018. Da quello stesso anno è critico cinematografico per Cinefilos.it, frequentando i principali festival cinematografici nazionali e internazionali. Parallelamente al lavoro per il giornale, scrive saggi critici e approfondimenti sul cinema.
le-guerre-horrende-recensioneBenché da un punto di vista fotografico il film trovi il suo punto di forza, è un’opera quella dei due registi inadatta per il cinema o che comunque non si avvale di una trasposizione in grado di renderla facilmente fruibile né godibile.