Trauma: la spiegazione del finale del film di Dario Argento

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Trauma, uscito nel 1993, rappresenta un capitolo particolarmente significativo nella carriera di Dario Argento, segnando il suo primo film girato interamente negli Stati Uniti. Dopo aver costruito gran parte della sua fama internazionale con capolavori italiani del giallo-horror come Profondo rosso e Suspiria, il regista romano approda in America con l’intento di esportare la sua poetica visiva e il suo stile inconfondibile. Trauma è un tentativo ambizioso di coniugare le atmosfere ossessive del giallo italiano con le logiche produttive e narrative del thriller statunitense.

Argento realizza così un film che, pur restando fedele ad alcune delle sue ossessioni autoriali, si distingue per una maggiore linearità narrativa e per un approccio più contenuto rispetto al suo cinema precedente. Se Trauma conserva elementi tipici del cinema argentiano — come l’attenzione quasi feticistica per i dettagli, la presenza ricorrente del trauma infantile, e l’indagine ossessiva sulla verità nascosta — al tempo stesso introduce una componente più umana e psicologica, lasciando spazio a una riflessione sulla malattia mentale, sull’identità e sulla memoria.

Nel corso di questo articolo, analizzeremo in particolare il finale di Trauma, cercando di chiarire i nodi della narrazione e di evidenziare come la conclusione del film si leghi ai temi centrali della storia. La rivelazione dell’identità dell’assassino, il legame con il passato e l’impatto che tutto ciò ha sui personaggi principali offrono un terreno fertile per interpretazioni multiple, che proveremo a esplorare per fornire una lettura più completa del significato dell’opera.

Asia Argento in Trauma

La trama di Trauma

Il film è ambientato in una cupa e piovosa Minneapolis. La storia segue Aura, una giovane ragazza anoressica fuggita da un istituto psichiatrico, che viene soccorsa dal giovane giornalista David. Aura è profondamente traumatizzata dalla morte dei suoi genitori, brutalmente decapitati da un misterioso serial killer che sembra colpire seguendo un preciso rituale. Mentre la polizia brancola nel buio, David decide di aiutare Aura a scoprire l’identità dell’assassino, scivolando sempre più in un incubo fatto di ricordi frammentati, ossessioni e crimini raccapriccianti.

Le indagini conducono i due protagonisti in un labirinto di segreti e traumi sepolti, dove ogni indizio sembra svelare solo nuove ambiguità. Il killer continua a mietere vittime, sempre utilizzando un macabro strumento meccanico per le decapitazioni. Il legame tra Aura e David si fa più profondo man mano che emergono verità inquietanti legate al passato della ragazza, fino al momento in cui l’identità dell’assassino viene rivelata in un finale dai toni tragici e ambigui.

La spiegazione del finale del film

Nelle ultime sequenze di Trauma, il mistero che ha accompagnato l’intero film giunge finalmente a una risoluzione. Dopo una lunga e inquietante indagine, Aura e David scoprono che l’assassina è Adriana, la madre della ragazza, creduta morta dopo un suicidio. In realtà, Adriana è sopravvissuta e ha messo in atto una vendetta efferata contro i medici della clinica che, anni prima, avevano provocato accidentalmente la morte del suo figlioletto durante una seduta di ipnosi. Il suo modus operandi — la decapitazione delle vittime con un marchingegno meccanico artigianale — è tanto simbolico quanto grottesco, richiamando la frattura insanabile che il trauma ha lasciato nella sua psiche.

Asia Argento e James Russo in Trauma
Asia Argento e James Russo in Trauma

La rivelazione arriva in un momento di grande tensione, in cui Aura affronta la madre e riesce, seppur con dolore, a fermarla. Questo finale, pur offrendo una chiusura narrativa chiara, non si limita a svelare l’identità del colpevole, ma invita a riflettere sull’eredità della sofferenza e sulle dinamiche familiari disfunzionali. Il personaggio di Adriana incarna una follia che non nasce dal nulla, ma da una ferita profonda e irrisolta: la perdita di un figlio e l’impunità dei responsabili. La sua vendetta diventa una forma distorta di giustizia, un modo per dare senso a un dolore altrimenti insopportabile. In parallelo, Aura è vittima di un’altra forma di trauma, quello derivante dall’abbandono, dalla malattia e dalla violenza psicologica.

Il confronto finale tra madre e figlia diventa così una metafora del passaggio da una generazione lacerata a una che cerca la guarigione. L’intero film è costruito intorno al concetto di trauma — non solo come evento scatenante della violenza, ma come condizione psicologica permanente. Il titolo stesso non è casuale: ogni personaggio sembra portare addosso le cicatrici di un evento che ha alterato in modo irreversibile il corso della propria vita.

Il finale riflette questa impostazione tematica, mostrando come il tentativo di affrontare il passato sia l’unica via per evitare che il dolore si tramandi, amplificato, alle generazioni successive. In questo senso, Trauma si discosta da altri film di Argento più concentrati sull’estetica dell’orrore puro, per assumere una dimensione più intimista e riflessiva. Il finale non è solo lo scioglimento di un enigma, ma una resa dei conti emotiva e simbolica, che tenta di mettere ordine nel caos delle emozioni e dei ricordi.

Gianmaria Cataldo
Gianmaria Cataldo
Laureato con lode in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza e iscritto all’Ordine dei Giornalisti del Lazio come giornalista pubblicista. Dal 2018 collabora con Cinefilos.it, assumendo nel 2023 il ruolo di Caporedattore. È autore di saggi critici sul cinema pubblicati dalla casa editrice Bakemono Lab.
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