Presentato in Concorso alla 82ª Mostra del Cinema di Venezia il 3 settembre 2025 e uscito nelle sale italiane il 18 settembre, Duse è il nuovo film di Pietro Marcello: un ritratto libero e sensoriale degli ultimi anni della grande attrice italiana Eleonora Duse, interpretata da Valeria Bruni Tedeschi, con Noémie Merlant, Fausto Russo Alesi e un ampio cast tra Italia e Francia. L’opera nasce nella scia autoriale del regista (tra documentario e finzione, uso creativo degli archivi, lavoro sul formato analogico) e si concentra sul ritorno in scena della “Divina” dopo un lungo ritiro, tra la fine della Grande Guerra e l’inizio degli anni Venti.
Per capire il nucleo storico del film Duse (La nostra recensione) bisogna ricordare chi fosse Eleonora Duse (1858–1924): considerata da molti la più grande attrice del suo tempo, rivoluzionò la recitazione teatrale con una naturalità radicale (“eliminare il sé” per farsi attraversare dal personaggio) e portò in tournée nel mondo i testi di Ibsen e d’Annunzio. Nata a Vigevano, figlia d’arte, fu protagonista di una vita pubblica e privata intensissima: la lunga relazione con Gabriele d’Annunzio segnò anche la sua carriera, mentre l’ultima stagione la vide tornare sulle scene oltre i sessant’anni, fino alla morte a Pittsburgh nel 1924 durante una tournée americana.
L’obiettivo di questo approfondimento è doppio: raccontare cosa mostra il film (e come lo mostra) e ricostruire la storia vera che lo sostiene, distinguendo tra licenze poetiche e fatti documentati. Per farlo ci appoggiamo a fonti ufficiali di festival e distribuzione, schede critiche e sintesi biografiche autorevoli.
Cosa succede nel film Duse di Pietro Marcello
Il film si colloca negli anni tra la Prima guerra mondiale e l’ascesa del fascismo. Duse – ormai oltre i sessant’anni – decide di tornare sul palcoscenico dopo un lungo silenzio: non solo per ragioni artistiche, ma anche per necessità molto concrete (economiche, esistenziali). È l’avvio di un nuovo ciclo di prove, tournée, teatri che si aprono e si chiudono, nel segno di una ricerca ostinata: fare dell’arte un atto morale, anche quando il tempo – biologico e storico – sembra voltarle le spalle.
Il rientro è faticoso. Marcello mette in scena il lavoro: le prove, le regole di compagnia, la gestione di risorse scarse, i fallimenti teatrali che si alternano alle serate di grazia. Attorno a Duse si muovono figure chiave: la figlia Enrichetta (Noémie Merlant), presenza affettiva e pratica; un’assistente straniera (Fanni Wrochna/Desirée) che ne custodisce i ritmi e la fragilità; colleghi e impresari che cercano di incasellarla nel mercato del tempo. L’ombra magnetica di Gabriele d’Annunzio (Fausto Russo Alesi) riaffiora come relazione irrisolta – biografica e artistica – che il film evoca senza mai trasformare in semplice melodramma.
La fisicità della Duse – acciacchi, affanno, abitudini di scena – diventa parte del racconto: non c’è sede nostalgica, ma resistenza. Ogni debutto può essere una disfatta o una rivelazione; ogni viaggio, una prova. Marcello alterna recitazione, materiali d’archivio e un uso analogico dell’immagine (Super16 e 35mm) per costruire una partitura tra presente e memoria, in cui la protagonista misura la propria età con la Storia: un Paese che cambia, nuovi poteri, nuove platee.
Nel percorso si insinua la domanda centrale: che cosa significa “tornare” quando il tuo corpo e il tuo secolo cambiano più in fretta di te? La Duse del film risponde non con proclami, ma salendo in scena. È lì – dentro il gesto quotidiano dell’attrice, dentro la comunità del teatro – che ritrova un’utopia possibile, a costo di sacrificare salute e affetti, fino all’ultimo viaggio.
La storia vera: cosa c’è di storico nel film e cosa è licenza poetica
Il ritorno sulle scene dopo la Grande Guerra
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Fatto storico. Eleonora Duse si ritirò dal palcoscenico nel 1909, ma tornò a recitare nel 1921, formando una propria compagnia e avviando nuove tournée in Italia (1921–1922) e poi all’estero nel 1923. È un rientro tardo, motivato da ragioni artistiche ma anche economiche e biografiche.
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Nel film. Duse colloca la protagonista nel dopoguerra e concentra lo sguardo sul rientro tardivo e faticoso, tra prove, tournée e fragilità fisiche: una scelta aderente all’arco biografico reale pur con inevitabili condensazioni narrative.
Il rapporto con Gabriele d’Annunzio
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Fatto storico. La relazione con d’Annunzio (fine anni ’90–primi 1900) fu centrale sul piano personale e artistico: Duse interpretò più testi del Vate (insieme a Ibsen), e la loro vicenda influenzò carriera e immagine pubblica; il romanzo Il fuoco (1900) rielabora in chiave romanzesca il loro legame.
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Nel film. La presenza di Gabriele d’Annunzio (Fausto Russo Alesi) riaffiora come ombra magnetica del passato: un elemento storicamente fondato, che il racconto usa per intrecciare memoria sentimentale e identità artistica.
Le tournée finali e la morte a Pittsburgh
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Fatto storico. Dopo tappe italiane e europee (Londra, Vienna nel 1923), Duse partì per gli Stati Uniti nell’ottobre 1923. Morì di polmonite a Pittsburgh il 21 aprile 1924, durante la tournée; la sua ultima recita fu il 5 aprile 1924 al Syria Mosque, con La porta chiusa di Marco Praga. Dopo solenni onoranze, venne sepolta ad Asolo.
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Nel film. Il percorso verso l’ultimo viaggio è trattato come tragitto esistenziale: la strada, i teatri, il corpo che cede e resiste. La meta americana e l’“ultimo atto” sono coerenti con i dati storici, anche se resi con libertà poetica.
Licenze poetiche e scelte di messa in scena
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Struttura e tempi. Come in altri lavori di Marcello, il film condensa tempi e situazioni, alternando materiali d’archivio, ricostruzione e immagini analogiche per restituire sensazione oltre al fatto: una licenza funzionale a mettere al centro l’etica del lavoro d’attore più che il puro inventario cronachistico.
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Personaggi-sintesi. Alcune figure di compagnia, assistenti e impresari possono agire da personaggi composti (fusione di più persone reali) per semplificare reti e dinamiche teatrali: è una pratica tipica del biopic, purché non alteri i nodi verificabili (ritiro/rientro, tournée finali, Pittsburgh). (Inferenza fondata sul formato biografico; i cardini storici restano aderenti alle fonti.)
Box cronologico rapido — Eleonora Duse (1858–1924)
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1858 – Nasce a Vigevano (3 ottobre), figlia d’arte.
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1898–1904 – Apice del sodalizio artistico e sentimentale con Gabriele d’Annunzio; ruoli chiave tra Ibsen e il Vate.
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1909 – Ritiro dal palcoscenico (salute e logorio).
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1916 – Unico film: Cenere; l’esperienza la delude, resta soprattutto un’attrice di teatro.
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1921 – Ritorno sulle scene; tournée in Italia (1921–1922).
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1923 – Tournée Londra e Vienna; partenza per gli USA (ottobre).
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5 aprile 1924 – Ultima recita, La porta chiusa (Syria Mosque, Pittsburgh).
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21 aprile 1924 – Muore a Pittsburgh di polmonite; dopo solenni onoranze, sepoltura ad Asolo.
Curiosità e fact-check su Eleonora Duse e il film di Pietro Marcello
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Cenere (1916): unico film girato da Eleonora Duse. Nonostante il mito teatrale, la diva restò delusa dall’esperienza cinematografica e tornò subito al palcoscenico. Pietro Marcello inserisce materiali d’archivio di quell’epoca come contrappunto alla finzione.
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Time cover (1923): Duse fu la prima donna del mondo dello spettacolo ad apparire in copertina su Time Magazine (27 agosto 1923), durante la tournée americana: un segno del prestigio internazionale che la accompagnava fino agli ultimi mesi di vita.
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La “Divina” vs. la “Divina”: nel film ricorre un dialogo su “chi è la vera Divina”. In realtà l’appellativo “Divina” passò dalla Duse a Maria Callas decenni dopo; Marcello lo usa per legare idealmente la figura dell’attrice a un archetipo di artista fuori dal tempo.
Con questi elementi, Duse diventa non solo un biopic, ma una riflessione sul mestiere dell’attore e sulla tensione tra memoria, corpo e storia.