The Great Wall (qui la recensione) è un kolossal del 2016 diretto da Zhang Yimou, uno dei più importanti autori del cinema cinese contemporaneo, noto per capolavori visivamente sontuosi come Lanterne rosse e Hero. Con questo progetto, il regista si confronta per la prima volta con una grande produzione sino-americana, mescolando fantasy, azione e cinema storico in un racconto ambientato nella Cina medievale. Protagonista è Matt Damon nei panni di un mercenario europeo che si imbatte nella costruzione della Grande Muraglia, scoprendo che la sua funzione non è soltanto difensiva contro altri popoli, ma contro un’antica e mostruosa minaccia.
Il film affronta temi come l’onore, il sacrificio e la cooperazione tra culture diverse, mettendo da parte l’accuratezza storica per abbracciare un immaginario mitologico ricco di effetti speciali, battaglie coreografate ed eserciti disciplinati. Tuttavia, The Great Wall è stato al centro di numerose controversie, in particolare legate all’accusa di “whitewashing”: molti critici hanno contestato la scelta di un protagonista occidentale in una storia profondamente radicata nella tradizione cinese, vedendola come un espediente commerciale pensato per rendere il film più appetibile al pubblico internazionale.
Altri spettatori, invece, hanno apprezzato il tentativo di costruire un ponte narrativo tra Oriente e Occidente in una forma spettacolare e accessibile. Che lo si consideri un esperimento ambizioso o un blockbuster disomogeneo, The Great Wall resta un’opera visivamente imponente e ricca di elementi simbolici, soprattutto nella sua parte conclusiva. Ed è proprio su questo che ci concentreremo nel resto dell’articolo: analizzeremo infatti il significato del finale del film e il ruolo che esso gioca nel percorso dei protagonisti e nel messaggio complessivo dell’opera.
La trama di The Great Wall
Ambientato in un epoca remota, il film ha per protagonisti i mercenari William Garin e Pedro Tovar. Questi sono in viaggio per la Cina alla ricerca di una preziosa polvere nera, antenata della polvere da sparo. Nel corso del loro cammino, però, la squadra capitanata dai due viene attaccata da una mostruosa creatura. Questa riesce ad uccidere tutti tranne i due mercenari, che si salvano mettendo in fuga la bestia. Scossi dall’evento, William e Pedro si dirigono verso la Grande Muraglia, attualmente in costruzione. Cercando riparo qui, i due vengono fatti prigionieri dai soldati dell’Ordine Senza Nome, guidati dal generale Shao e dallo stratega Wang. Presso di loro vengono a conoscenza di quanto sta accadendo in quei giorni nel territorio cinese.
A distanza di sessant’anni dall’ultimo attacco, una razza aliena giunta sulla terra tramite un meteorite è ora di nuovo pronta a dichiarare guerra al popolo lì presente. Tali creature sono chiamate Taotie, e a giudicare dall’incontro avuto dai due mercenari sono molto più vicini di quanto sembri. Comprese le abilità in battaglia dei due europei, i membri dell’Ordine decidono di liberarli soltanto se questi acconsentiranno a combattere al loro fianco. Per William e Pedro ha così inizio una lunga preparazione strategica, il cui fallimento comporterebbe la caduta del popolo cinese e forse dell’intera umanità. Affascinato dalla comandante Lin, William non ha dubbi sulla volontà di combattere, mentre il suo amico Pedro sembra nutrire molti più dubbi circa la riuscita della missione.
La spiegazione del finale del film
Nel terzo atto di The Great Wall, i Taotie non sono più contenuti entro i confini della Muraglia e stanno marciando verso la capitale, guidati dalla loro regina. Lin organizza un disperato contrattacco utilizzando le mongolfiere dell’Ordine, liberando William Garin affinché possa unirsi alla missione, nonostante il suo tentativo di dissuaderlo e mandarlo via come ambasciatore verso l’Occidente. Una volta giunti in città, i pochi soldati sopravvissuti cercano di mettere in atto un piano audace: utilizzare un Taotie catturato come bomba vivente, legandogli esplosivi e facendolo condurre alla presenza della regina.
Tuttavia, il tragitto è tutt’altro che semplice: i mostri attaccano la squadra, e sacrifici dolorosi segnano ogni avanzata, compresa la morte dell’amico e mentore Wang. La sequenza conclusiva vede Garin e Lin fuggire verso la sommità di una torre, l’unico punto da cui possono innescare l’esplosione finale. Il tentativo iniziale di Garin fallisce: le sue frecce vengono deviate dalle guardie personali della regina. È solo dopo un ultimo gesto di ingegno — lanciare il magnete tra la folla di mostri, creando una frattura momentanea nella loro formazione protettiva — che Lin riesce a colpire con precisione mortale.
La regina viene annientata, e con essa l’intera armata di Tao Tei. La minaccia svanisce all’istante. A guerra conclusa, Garin ha la possibilità di reclamare la preziosa polvere da sparo che aveva cercato dall’inizio del viaggio, ma sceglie invece di tornare a casa portando con sé l’amico Tovar, suggellando così il suo cambiamento interiore. Il finale di The Great Wall completa il percorso narrativo del protagonista, trasformando quello che inizialmente era un mercenario mosso unicamente dall’interesse personale in un eroe disposto al sacrificio.
La sua scelta di rifiutare la ricompensa materiale rappresenta il simbolo più evidente della sua crescita morale: Garin ha finalmente compreso il valore dell’onore e del senso di appartenenza a una causa più grande. Allo stesso modo, Lin incarna la disciplina e la dedizione tipicamente associate all’ideale dell’eroe militare cinese, ma la sua alleanza con Garin dimostra che anche la forza più radicata nella tradizione può evolversi grazie alla fiducia e alla collaborazione tra culture diverse.
Il gesto finale — due combattenti di mondi opposti che condividono la stessa vittoria e lo stesso dolore — sancisce l’unione tra Oriente e Occidente non come superiorità di uno sull’altro, ma come incontro equilibrato. La sconfitta dei Tao Tei non è solo militare, ma simbolica: la minaccia aliena rappresenta il caos, la voracità cieca dell’avidità e della disgregazione sociale. La loro caduta non avviene grazie alla forza bruta, ma attraverso una combinazione di ingegno, tecnologia, coraggio e sacrificio umano. In questo senso, il film suggerisce che soltanto la cooperazione e la fiducia possono salvare una civiltà dall’estinzione.
Ciò che The Great Wall lascia allo spettatore è un messaggio semplice ma potente: il vero valore di un individuo non si misura da ciò che conquista per sé, ma da ciò che è disposto a proteggere insieme agli altri. Al di là dei toni spettacolari e degli elementi fantastici, il film racconta una storia di riscatto personale e di solidarietà collettiva. La Grande Muraglia non è solo un confine difensivo, ma un simbolo di responsabilità condivisa: non importa da dove provieni, ma per cosa decidi di combattere. In un mondo costantemente minacciato da divisioni e paure, questa riflessione risuona più attuale che mai.
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