L’importanza di essere Franco

Paolo Sorrentino
Foto La Biennale di Venezia / Iacopo Salvi

Genio di un Sorrentino, l’hai fatto apposta. L’altro ieri era il ‘Fertility Day’, ieri la vignetta sui terremotati di Charlie Hebdo. Sono stati giorni talmente pieni per il battagliero popolo della rete che oggi, stremato da questa lunga sequela di scuotimento di neuroni per l’affermazione delle più sofisticate delle posizioni intellettuali (roba complessa, tipo ‘Francia merda’ o ‘fucilateli tutti’) si è giustamente concesso una pausa rilassante sfruttando gli ultimi giorni di bel tempo estivo in attività edificanti come la gara di rutto con citazione di Hegel, il salto della nerchia e gli scherzo al citofono con formule sataniche recitate al contrario – “!Ozzacots”; “?E’ ihc”; “Niiiiiird! Niiiiiiiird!” – e non si è accorto che nel frattempo tu hai fatto appena passare a uno dei più importanti festival di cinema internazionali un film dove il papa non solo è uno stronzo ambiguo, ma fuma pure e dichiara cose atroci sulla Chiesa come se regalasse caramelle. Certo, poi se la cava sempre dicendo “dai, era un sogno”, oppure “dai, scherzavo”. È il famoso metodo Giacobbo: vi ricordate quando durante Voyager, in fissa per il Codice da Vinci le sparavano grosse spacciando il buon Gesù come un precursore hippie di Rocco Siffredi? Ecco, tutte le puntate così. “Il Santo Graal che sarebbe in realtà il figlio illegittimo del Cristo e della Maddalena travestita da Leonardo Da Vinci concepito nella cappella di Rosslyn che in realtà è una macchina del tempo che permette di reincarnarsi in Chubacabras per sterminare i templari e sostituirli con dei bambini Indaco”.

 

Poi, dopo aver fatto venire un infarto a diverse vecchie devote, aver provocato l’intasamento delle linee del Vaticano a causa delle numerose chiamate richiedenti esorcismi, aver provocato la resurrezione in contemporanea di Giuda Iscariota, Germano Mosconi e Mario Magnotta, immediatamente santificati perché, rispetto a quello che si sentiva in tivvù, le loro venivano considerate solo innocue marachelle, con la faccia sorniona e il sorrisone a trentadue denti di chi ti percula anche se non ti conosce, Giacobbo con un colpo da maestro ritirava tutto. “Abbiamo scherzato! Non c’è alcuna prova di quello che vi abbiamo detto! Lo abbiamo trovato scritto sui cessi dell’Autogrill! Avevate capito Cristo? Abbiamo detto Fristo!” e tutte questo cialtronesco arrampicarsi sugli specchi per evitare di vedere la Rai chiusa, barricata e purificata con le fiamme.

Comunque, il film – sono in realtà i primi due episodi di una serie, ma funzionano da soli anche come un film – mi è piaciuto moltissimo. Il papa è un incrocio tra una rockstar e un super-eroe e Silvio Orlando interpreta un antagonista che manda a casa Jared Leto e Luca Marinelli a fasse almeno ‘na bibbita prima del prossimo giro. Che ogni tanto c’è anche da riposarsi. Heath Ledger no, non esageriamo, che lui già si riposa da tempo.

Festival di Venezia 2016Ma invece c’è gente che la misura non ce l’ha. Per dire, James Franco. Ogni settimana fa un film. E ormai sarà una decina d’anni che non si può avere una Venezia senza James Franco. Che io per carità, gli voglio bene pure perché è narcolettico e si addormenta durante le interviste, quindi ti ci fai i selfie facile che lui neanche se ne accorge, e se hai tempo gli metti pure la cartaccia delle merendine in bocca come facevamo alla gita delle medie quando qualche poraccio si addormentava sull’autobus.

Però dopo che hai fatto Spider-Man e il tuo primo film da regista io la prossima volta che te vojo vedè è ai Migliori Anni con Carlo Conti, non è che ogni dieci minuti poi stà lì a gridà che hai sfornato un nuovo capolavoro. Non fà finta di niente, Mainetti, che stai lì in fondo a fischiettare ma t’avemo sgamato che stasera presenti un altro corto alla sezione ‘Cinema nel giardino’. Lo chiamavano Jeeg Robot c’è piaciuto a tutti, ma mo’ pigliate respiro, guardate il cielo, le montagne, rilassatevi. Non facciamo come con Zerocalcare, che a un certo punto dove mi giravo ci stava lui e il mio strizzacervelli ha dovuto sudare le sette proverbiali camicie – quelle che gli avventori qui al Lido non usano, loro ne hanno una sola per tutta la durata del festival – per convincermi che non mi stava perseguitando.

(Ang)

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