Eh, quanto tempo è passato da Venezia. C’era il sole, eravamo freschi di vacanze, mentre ora un gelido inverno batte alle porte e noi ripensiamo stringendoci nei nostri cappotti a quella lontana estate spensierata. Sento una vocina. Mi pare che scandisca le esatte parole: “Ma che cazzo stai addì che non era nemmeno un mese fa”. E in effetti…

E, per essere chiari, no, non dipende dalla qualità dei film e dalla scelta degli ospiti. Ci potrebbero pure essere Sam Raimi che presenta Spider-Man 4 con il ritorno di Tobey Maguire, Stanley Kubrick resuscitato grazie al potere di Cthulhu o Sasha Grey in performance multitasking live, per i romani lo Sfranticamentodicazzo è tale a prescindere. Tra parentesi, dopo le prime edizioni ricche di grandi star che sfilavano sul red-carpet, piano piano l’offerta s’è abbassata parecchio, come quell’anno che tutti erano convinti che dovesse arrivare Christian Bale e lo avvistavano come il mostro di Loch Ness nelle situazioni più improbabili (dalla proiezione per il pubblico ar cesso al chioschetto del kebab. Il che portò alla nascita del popolare hashtag #gentecheavvistachristianbale) mentre quello se ne stava in panciolle a casa sua ridendo della nostra provinciale ingenuità e pensando ‘questi ancora credono a Batman’.



In compenso, ci sono cartelli con la scritta ‘Auditorium’ in ogni parte della città, anche le più lontane e marginali, con delle frecce che indicano direzioni a cazzo. Tanto vi si accede solo in quel periodo dell’anno (dai, non me dite che c’andate a vedè i concerti a dicembre che non è credibile) e solo tramite un binario fatato nascosto tra le fermate di Colli Albani e Furio Camillo, un po’ come il treno che porta Harry Potter a Hogwarts a inizio anno scolastico. E nonostante tutto, lo Sfranticamento di cazzo Internazionale del Film di Roma diventa bello, come tutte le cose, quando lo condividi con la gente giusta. E quindi è bello ritrovarvi tutti qui, io, voi e Vì, sulle pagine virtuali di questi blogghettino che durante Venezia ha fatto faville. Il nome non lo cambiamo, Sticazzi al sugo (sì, mi rigioco le battute, come nella miglior tradizione dei sequel), anche perché tutti lo conoscete così e in fondo continua a essere vero che a Venezia non ci vivremmo, pure se stàmo a Roma. E se la vita se fa amara, se compràmo na chitàra. Cantate con noi?
(Ang)
Ben trovati gioiosi lettori, felice di essere di nuovo qui a rallegrarvi la kermesse con il mio compare Ang, e ringrazio anche lui perché mi ha ricordato l’esperienza della doccia veneziana, l’esperienza più traumatica della mia vita dopo aver visto Johnny Depp che s’è magnato Geronimo Stilton (ringraziamo sempre Marco Lucio Papaleo per quest’associazione che ha fatto giustamente il giro della rete).
Ma che ce frega, adesso siamo nella
città Eterna, dove sicuramente ‘na doccia per bene me la farò: se
non altro per queste previsioni allarmistiche, che ipotizzano
scrosci tempestosi che ci risucchieranno tutti in vortici
acquitrinosi direttamente dentro i tombini, io ho già preso un
vestito da
Detto questo, indovinate da dove scrive la vostra eroina? Ma da un treno! Essì, anche quest’anno torno si a un festival casalingo, ma siccome sono la donna con la valigia ho pensato di venire anche qui da una stazione per non perdere l’abitudine. Che poi se stai comodo sono cazzi. Ma quale comodità, detto tra noi? Ve lo ha già anticipato Ang, se Venezia è il periodo demmerda del cambio stagione, la Festa di Roma è quella della stagione che è cambiata o non è cambiata è uguale, tanto viviamo un posto irreale che cambia latitudine e longitudine da un giorno all’altro, come sottolineano appunto i precisi cartelli posti in ogni dove, dei quali vi parlava Ang. La cosa più agghiacciante è che questo festival è capitolino in tutto è per tutto, con quella romanità caciarona, con quel ‘famose un giro e fingiamo che abbiamo firmato lo script di un qualsiasi filmetto che presentano in una sottosezione di una sezione’, ‘imbucamose a qualche prima’, per cui è impossibile preventivare l’affluenza, pianificarti delle proiezioni, capire se magnerai o i tavoli del Red – uno dei pochi altri posti che dispensano cibo passabile – saranno sempre pieni della stessa gente che tu hai visto qualche settimana prima nella fila per comprare i biglietti del concerto dei Modà. Allo stesso modo, imprevedibile la gestione dell’accesso alle sale. Che non basta l’accredito, maccheseimatto? Spesso se perdi una proiezione stampa e vuoi recuperare un film perché, no ma giustamente, dovresti pure recensirlo, se non hai preso i biglietti la mattina all’alba non puoi minimamente entrare in alcune sale dove è presente anche il pubblico. Madonna quanto non fa una piega questo ragionamento! Infatti fa ‘na piaga. La mia, che ogni volta devo correre e implorare qualcuno della biglietteria a darmi biglietti che altri magari prendono a cazzo perché tanto li danno e poi cestinano accuratamente, anche con un senso di perverso piacere. Spero tantissimo che quest’anno si siano passati ‘na mano sulla coscienza e abbiano cambiato prassi. Spero eh.

Ah poi ho già intravisto la borsa del Festival di quest’anno: per chi non lo sapesse è un gadget che regalano agli accreditati, e che si caratterizza per la gara delle organizzazioni del festival a chi la fa più brutta. Quella 2015 è fantastica: pare la borsa della spesa che te danno alla Coop, spero almeno dentro ci sia qualcosa da magnà a km zero, tipo er kebab der kebabbaro (tutto torna), che più km zero di quello c’è l’erba attorno al red carpet.
Va bene, corro in stazione a prendere il treno. Ovviamente il binario è l’8/9.
(Vì)

