Si chiamano caratteristi, quegli
attori senza i quali molti film perderebbero quel tocco particolare
che li rende indimenticabili. Jack Palance in
Scappo dalla città, Robert
Loggia, da poco venuto a mancare, che suona le Tagliatelle
con passo felpato insieme a Tom Hanks in
Big. E tanti, tanti altri, e tra questi,
Mr. Blonde. Sì, proprio lui, il sadico rapinatore
che sevizia un poliziotto in Reservoir
Dogs, o Le iene, a seconda
del purismo o della spocchia. Non era un faccia sconosciuta, quella
di Michael Madsen, anzi, di lui si era accorto già
un discreto cineasta, un tal Ridley Scott, a cui
sembrava avere la faccia perfetta per essere abbandonato da
Susan Sarandon in Thelma &
Louise. E la carriera di questo ragazzone
All
American nato nel 1957 nella città del vento, Chicago, è
proprio racchiusa in questa affascinante contraddizione.
L’amorevole compagno che lascia andare la sua donna verso la
libertà, perché la ama troppo per poterla imprigionare, è
paradossalmente non diverso dallo spietato Budd di
Kill Bill, un killer che si è sentito
tradito da una parte della sua famiglia, ma che conosce anche
l’ineluttabilità del destino. Tutto con quella faccia da bambinone
che guarda il mondo con una perenne aria perplessa e un po’
annoiata, chiedendosi perché la gente si affanni tanto.
L’attore per la quarta volta alla corte di
Tarantino.
E potevano essere cinque.
Lui poi che instancabile è, come
tutti gli attori che considerano il loro un lavoro, Mr.
Madsen non si ferma un attimo, con una media di otto film
l’anno invidiabile, catalogabili alfabeticamente tra la serie C e
la serie Z, perché tanto prima o poi arriva sempre quel regista che
ha bisogno di lui per qualcosa di serio. Come Quentin
Tarantino, che aveva bisogno di mettere insieme otto nuovi
bastardi, chiuderli in un rifugio in montagna in mezzo a una
tormenta e vedere poi che fine fargli fare. Michael
Madsen è Il Mandriano, e da quel poco che
si sa dell’attesissimo The Hateful Eight,
anche stavolta sembra quello che osserva l’evoluzione degli eventi.
La sua specialità. Per poi fare qualcosa di imprevedibile. Con un
rasoio. Con una doppietta caricata a sale. Vedremo con cosa in
questo caso.
L’imprevedibilità fa parte della
carriera stessa di Madsen. Come quando si trovava sul set di
Wyatt Earp, epopea della frontiera americana con
Kevin Costner diretta da Lawrence
Kasdan, in cui vestiva lo spolverino di Virgil
Earp, non uno di quei ruoli che entrano nella Storia, ma
che a un buon americano restano dentro. E per non togliersi gli
stivali e il cinturone rinunciò a una nuova offerta dell’amico
Quentin, quella di rimettersi un completo nero e diventare
Vincent Vega in un film chiamato Pulp
Fiction. Non gli era possibile. Grazie, sarà per la
prossima.
Ecco, come sarebbe stata la vita da
gregario di Michael Madsen senza Virgil
Earp? Il dittico di Species
sarebbe davvero stato il meglio della sua carriera senza
Tarantino (e anche un grande ruolo in
Donnie Brasco, a onor del vero)? Forse
John Travolta dovrebbe mandargli una cassa di
quello buono ogni Natale per avergli salvato la vita. Eppure
Michael non sembra farsene un cruccio. Anzi. Tra
matrimoni e divorzi la sua vita continua, ha comprato casa in
Italia, vicino Chieti, e passa dalle nostre parti tutto il tempo in
cui non lavora. Affascinante il suo line up del prossimo anno:
Vigilante Diaries, Dirty
Dealing 3D (in coppia con C. Thomas
Howell), Kidnapped in Romania,
diretto da Carlo Fusco, vero “regista di genere”
italiano (tocca chiamarli così, a quanto pare), e altri già pronti
o da concludere.
Eppure, a noi Michael
Madsen piace così, con quella faccia di cuoio, e adesso
anche un po’ di botox, e quello sguardo malinconico, il sorriso
beffardo e la voce suadente e un po’ seccata. Ce n’era un altro di
attore così, dal gran talento, si chiamava Mickey
Rourke. E da qualche parte c’è ancora. Il 4 febbraio,
quando uscirà in Italia The Hateful Eight
(distribuito da 01 Distribution) scopriremo se anche
Michael Madsen è ancora tra noi. Ma noi siamo
sicuri di sì.