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Uscite di mercoledì 23 e venerdì 25 novembre 2011

Uscite di mercoledì 23 e venerdì 25 novembre 2011

Uscita mercoledì 23 – Anche se è amore non si vede: Salvo e Valentino (Ficarra & Picone) sono due amici che hanno una piccola società di servizi per il turismo. Il loro mezzo, un restaurato e coloratissimo autobus inglese di qualche anno fa, trasporta i turisti tra i monumenti di Torino, una delle più belle città italiane. Salvo e Valentino sono due personaggi totalmente diversi. Valentino è abbastanza timido e riservato, mentre Salvo è parecchio intraprendente e sfacciato. Alle loro dipendenze c’è Natascha (Sascha Zacharias) una giovane e bella guida turistica, che non conosce però nessuna lingua straniera.

Uscite venerdì 25 novembre – Real Steel: Un grintoso film d’azione ambientato in un futuro non molto lontano, dove lo sport del pugilato è diventato hi-tech. In Real Steel, Hugh Jackman interpreta Charlie Kenton, un combattente fallito che ha perso la sua chance per il titolo quando dei robot di ferro da 900 chili, alti 2,4 metri hanno preso possesso del ring. Ora non è altro che un piccolo promotore.

Happy Feet 2 in 3D: I Pinguini Imperatori sono tornati, pronti a vivere un’altra avventura ballerina in Antartide! Il buffo Mambo ha ormai conquistato la sua Gloria. Dal loro amore è nato un figlio, Erik, che vuole assolutamente scoprire quale sia il suo talento ed affermarsi nel mondo dei pinguini. Ma nuovi pericoli minacciano la terra dei ghiacci. È necessaria un’unione di forze per raggiungere la salvezza e la felicità. Nel nuovo capitolo di Happy Feet il cast vocale originale si arricchisce con le voci di Brad Pitt e Matt Damon, ancora insieme dopo la saga di Ocean’s eleven. La pellicola animata, prodotta da Animal Logic, Kennedy Miller Productions e Villane Roadshow Pictures, è diretta e sceneggiata ancora una volta da George Miller.

Miracolo a Le Havre: Marcel Marx, un lustrascarpe, vive un’esistenza modesta ma tranquilla accanto alla moglie. La donna è affetta da una grave malattia, da lungo tempo tiene nascosta la cosa al marito, ma ora non può più mentirgli. Affranto da questo scherzo del destino, Marcel si reca nel porto di Le Havre. Lì incontra un bambino africano, clandestino, minacciato di deportazione in ogni momento. Marcel prende in simpatia il ragazzo e decide di proteggerlo.

Tower Heist – Colpo ad alto livello: Josh Kovacs è il direttore del personale del Tower, un lussuoso grattacielo residenziale di New York di proprietà del magnate Arthur Shaw. Josh ha una forte ammirazione verso il capo, per il quale gestisce con rigore e professionalità tutti gli impegni, oltre a uno stuolo di dipendenti e di clienti. Finché un giorno, l’FBI irrompe e Josh scopre incredulo che l’amato capo è accusato di bancarotta fraudolenta e che ha truffato, tra gli altri, anche tutti i suoi dipendenti, investendo i loro fondi pensione e lasciandoli senza un soldo. La sua furiosa reazione costa il licenziamento a lui e al cognato in procinto di diventare padre, ma anche l’idea di lanciarsi in una folle impresa volta a espropriare i beni illegalmente accumulati dal magnate.

Inti-illimani – Dove cantano le nuvole: Storia, emozioni e impegno politico degli Inti-Illimani, gruppo musicale di punta della Nueva Canción Chilena. Attraverso le testimonianze dei vari componenti ne conosciamo le origini, l’esilio italiano (dal 1973 al 1988) conseguente al golpe di Augusto Pinochet, il glorioso ritorno in Patria, i dissidi interni e l’avvio di due diverse e parallele formazioni, sempre nel nome di un’identità che riesce ad attraversare i cuori di più generazioni con messaggi di speranza e solidarietà civile.

L’uomo di neve per Scorsese

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Martin Scorsese dirigerà l’adattamento de L’uomo di neve, best seller del norvegese Jo Nesbo, settimo della

La Cosa da un altro mondo, il film cult del 1951

La Cosa da un altro mondo, il film cult del 1951

La Cosa da un altro mondo è il film cult del 1951 di Christian Nyby e Howard Hawks (non accreditato) con protagonisti Robert Cornthwaite e Jamess Arness.

La Cosa da un altro mondo, la trama: Da una delle basi scientifiche, stabilite da studiosi americani nella regione del polo Nord, perviene una chiamata urgente al capitano Pat Hendry ed al giornalista Ned Scott. Guidati da uno scienziato, il prof. Carrington, i due raggiungono la banchisa polare, nella quale s’è incastrato un gigantesco ordigno, forse un disco volante. Nei tentativi intrapresi per liberare l’ordigno, questo va distrutto: si recupera soltanto un corpo mostruoso, imprigionato in un blocco di ghiaccio.

Trasportato alla base della spedizione, il blocco ghiacciato, per un fatale errore, si liquefa: riottenuta la libertà il misterioso individuo, proveniente forse da Marte, sparge intorno il terrore e la morte. Si tratta, a quanto la scienza ha potuto accertare, d’un organismo appartenente al mondo vegetale e dedito all’emofagia. Solo dopo varie dolorose perdite, il capitano Hendry e i suoi riescono a sopraffare il mostro. Durante la drammatica lotta, Hendry riesce anche a conquistare il cuore d’una giovane e graziosa segretaria.

La Cosa da un altro mondo, l’analisi

Nel 1951 esce negli Stati Uniti d’America il film La Cosa da un altro mondo, prodotto dalla RKO Pictures e basato sul racconto Who goes there? di John W. Campbell, sconvolgendo gli spettatori immersi nel clima “glaciale” della guerra fredda. Considerato da Stephen King come uno dei cento film realizzati tra il 1950 e 1980 che hanno dato “un peculiare contributo al genere horror”, La Cosa da un altro mondo rappresenta un vero cult per gli appassionati del science-fiction.

La Cosa da un altro mondo, pellicola in bianco e nero, conserva degli straordinari fotogrammi che raccontano la storia di un equipe scientifica chiamata in Alaska per indagare sulla misteriosa comparsa di un veicolo non identificato, congelato tra i ghiacci, al cui interno risiede un gigantesco mostro alieno apparentemente morto. Dopo aver perso in un increscioso incidente il disco volante, i coraggiosi uomini trasportano alla base scientifica il cadavere ibernato, per sottoporlo all’analisi dello stravagante Dottor Carrington (Robert Cornthwaite). Nella notte, a causa della manovra distratta di un soldato di guardia, la “Cosa” (Jamess Arness) si risveglia grazie al torpore di una coperta termica, e decisamente affamato, uccide qualsiasi essere vivente incontri, cibandosi del suo sangue.  Lasciando lo spettatore in trepidante attesa, il film procede seguendo una sottile linea di suspence, alimentata dalle tracce violente lasciate dal mostro sanguinario.

Scelto nel 2001 per essere preservato nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti, La Cosa da un altro mondo  nato dalla collaborazione dei registi Christian Nyby,  (famoso per le serie televisive di Lessie e Perry Mason), e il pluripremiato Howard Hawks,  stupisce per la sua originalità senza tempo. Gli effetti speciali, se pur artigianali, sono curati nei minimi dettagli e i dialoghi fittissimi, che hanno fatto penare non poco il doppiaggio italiano, si allontano dalla formalità  altisonante tipica del vocabolario filmico anni ’50, rimanendo sospesi in un’atmosfera di familiarità quotidiana che coinvolge lo spettatore fino alla fine.

Girato nel Montana, La Cosa da un altro mondo fu ritoccato più volte dai registi, e la produzione stessa fu costretta a ridurre il numero di inquadrature e di scene che avevano per soggetto la Cosa. L’esigenza fondamentale era quella di evitare un film eccessivamente prolisso, data la iniziale durata di tre ore, e realizzare un film più fruibile dal grande pubblico. Il risultato finale è comunque impeccabile. L’enorme successo del lungometraggio si protrae nel tempo, e non a caso il regista John Carpenter nel 1982 regala agli spettatori una nuova versione del film, La Cosa, aprendo la famosa Trilogia dell’Apocalisse, composta da Il Signore del Male, (1987), e Il Seme della Follia, (1995). Nonostante il film sia stato dichiaratamente tratto dal racconto Who goes there? di John W. Campbell, è innegabile per gli appassionati di letteratura sci-fi e horror vedere dietro la storia l’incredibile penna e la straordinaria immaginazione di H. P. Lovecraft.

Attualmente è prevista per il due dicembre 2011 l’uscita del prequel La Cosa diretto dal regista semi-esordiente Matthijs van Heijningen, che invita nuovamente tutti i cittadini a scrutare il cielo, attentamente…

Le idi di marzo – Trailer Italiano

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Le idi di marzo – Trailer Italiano

Il film è ambientato nel mondo politico statunitense in un prossimo futuro, durante le primarie in Ohio per la presidenza del Partito Democratico. Racconta la vicenda di un giovane e idealista guru della comunicazione (Ryan Gosling) che lavora per un candidato alla presidenza, il governatore Mike Morris (George Clooney), e che si trova suo malgrado pericolosamente coinvolto negli inganni e nella corruzione che lo circondano.

Accanto a Ryan Gosling e George Clooney, “Le idi di marzo” è interpretato anche da Philip Seymour Hoffman, Paul Giamatti, Marisa Tomei, Jeffrey Wright, Max Minghella ed Evan Rachel Wood. La direzione della fotografia è di Phedon Papamichael, il montaggio di Stephen Mirrione, la scenografia di Sharon Seymour, i costumi di Louise Frogley.

Moon

Moon

Moon è il piccolo gioiello del 2009 diretto da Duncan Jones, scritto da Nathan Parker e con protagonista assoluto Sam Rockwell e la voce di Kevin Spacey.

In Moon Sam Bell (Sam Rockwell) è un astronauta che lavora da quasi tre anni in completa solitudine presso una base lunare gestita da una società energetica: la Lunar. Il suo compito consiste nel monitorare la corretta estrazione di Elio-3, un elemento straordinario grazie al quale le persone sulla Terra possono ormai disporre di tutta l’energia di cui hanno bisogno.

La solitudine di Moon

Il film si apre mostrando la routine quotidiana di Sam a pochi giorni dal suo ritorno a casa: i suoi gesti sempre uguali, le conversazioni vuote con il robot Gerty (in originale voce di Kevin Spacey, il suo unico “compagno”), la sua solitudine e la voglia di riabbracciare la moglie e la figlia. Durante questi ultimi momenti sulla Luna, però, Sam inizia a sentirsi male, ad avere delle allucinazioni e dei fortissimi mal di testa e, un giorno, proprio a causa di un malessere, fa un grave incidente durante un giro di ricognizione e perde conoscenza, restando intrappolato nel veicolo lunare. Al suo risveglio in infermeria Sam non ricorda nulla di ciò che è accaduto, ma si accorge che Gerty, il robot, si rifiuta di farlo uscire dalla base; insospettito, adducendo un pretesto per recarsi all’esterno. Una volta fuori farà una scoperta che lo condizionerà per sempre.

Ambientato in un ipotetico futuro, il primo lungometraggio del regista Duncan Jones -conosciuto anche come Zowie Bowie e figlio del celebre cantante David Bowie – è un piccolo capolavoro di fantascienza che, nonostante omaggi e citi alcuni grandi film del genere (come 2001: Odissea nello Spazio) riesce a ritagliarsi un ampio spazio di autonomia e originalità.

Moon sam rockwellIl film, realizzato con un budget limitato (5 milioni di dollari) e quasi interamente interpretato dallo straordinario Sam Rockwell, mette in scena in modo originale una serie di temi scottanti come la crisi energetica, il rapporto uomo-macchina, l’ingegneria genetica, la clonazione, soffermandosi solo sulla vicenda di un individuo (o, sarebbe meglio dire, su quella di una serie di individui) che comprende fino in fondo la natura fasulla della sua esistenza. Il protagonista, infatti, è il clone di una persona reale e la sua vita è destinata a consumarsi in un eterno presente: senza passato (poiché i suoi ricordi non sono altro che innesti di memoria) e senza futuro (poiché programmato per vivere soltanto tre anni).

Inoltre, in Moon, l’inaspettato faccia a faccia tra cloni mette lo spettatore nella posizione di assistere ad un nuovo concetto di fantascienza; nell’infinità dell’universo, infatti, Sam non trova alieni o esseri paranormali, ma semplicemente un’altra faccia di sé stesso: un altro Sam incatenato come lui in un’esistenza potenzialmente reiterabile all’infinito e chiusa in un non-luogo e in un non-tempo.

Altra particolarità di Moon è la presenza di una macchina, come il famoso Hal 9000, che aiuta e consiglia il protagonista, ma qui, a differenza di tutta la storia fantascientifica precedente è la macchina a rappresentare i buoni sentimenti, la pietà e la compassione che negli uomini che hanno condannato Sam a quel destino di non esistenza sembrano latitare. Un’opera prima Moon che riesce a toccare contemporaneamente le corde della ragione e dell’emozione, senza fare moralismi e senza apparire sterile. Un capolavoro di equilibrio tra storia e stile.

L’altra faccia del diavolo – Trailer italiano

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L’altra faccia del diavolo – Trailer italiano

In Italia una donna viene coinvolta in una serie di esorcismi non autorizzati mentre tenta di scoprire cosa è accaduto alla madre, che involontariamente ha ucciso tre persone nel corso di un suo esorcismo.

The Orphanage: recensione del film di J.A. Bayona

The Orphanage: recensione del film di J.A. Bayona

The Orphanage è il film del 2007 diretto da J.A. Bayona e con protagonisti Belén Rueda (Laura), Fernando Cayo (Carlos), Roger Princep (Simòn), Montserrat Carulla (Benigna), Geraldine Chaplin (Aurora).

 

The Orphanage Trama

Laura e Carlos, moglie e marito poco meno che quarantenni, vanno a vivere in una grande casa, un tempo sede dell’orfanotrofio in cui Laura ha vissuto parte dell’infanzia, con l’intenzione di aprirvi un centro per bambini. Con i due c’è il piccolo Simòn, figlio adottivo e affetto da HIV.

Il bambino comincia ben presto a parlare di giochi con amici immaginari, ma sembra che lo faccia solo per ovviare alla solitudine. Il giorno dell’inaugurazione della struttura, Simòn, dopo aver fatto arrabbiare la madre proprio a causa di Tomas, uno dei suoi amici immaginari, scompare.

Passano dei mesi: le ricerche della polizia sono sterili e Laura crede sempre di più che gli amici immaginari di Simòn c’entrino con la sua scomparsa. Infine, passando per la regressione di una medium Laura scopre la dura verità.

The Orphanage Analisi 

È un film horror, The Orphanage? A suo modo, sì. Il primo lungometraggio di J. A. Bayona segue una certa recente tendenza del genere (si pensi a The Others di Amenabar, non a caso prodotto sempre da Guillermo del Toro) a organizzarsi e svilupparsi sui binari dell’inquietudine, del dubbio, lasciando da parte (del tutto o quasi) truculenze, sbalzi di volume e mannaie. La paura e il mistero in The Orphanage si presentano sotto forma di un passato che ritorna; ritorna perché Laura, personaggio-porta che permette il contatto tra ora ed allora, tornando al vecchio orfanotrofio, ne va a sfiorare e pungolare il sonno leggero.

Il punto di forza del film sta nella sfida che propone allo spettatore: credere ai fantasmi e alla natura soprannaturale dell’enigma del film, o restare incollati alla razionalità, pensando che ogni apparente manifestazione dell’irrazionale, dell’aldilà, per quanto forte, sia solo una suggestione? Ovvero, stare con Laura, madre disperata che sceglie di cedere e credere alle presenze, o con il marito medico Carlos, per il quale la medium è una fattucchiera, le voci intercettate dei bambini fantasma una bieca impostura, e l’unica soluzione – un po’ codarda, testimone forse d’una paura che giocoforza dà credito all’irrazionale – è lasciare la casa e cambiare vita? Non è facile, per chi guarda, decidere da che parte stare, ed è un bene, una strategia efficace, che rende spesso ambiguo lo statuto di ciò che viene mostrato: relazione oggettiva della horror-cinepresa o esplorazione e proiezione dei pensieri, delle paure e delle suggestioni di Laura?

La storia è costellata di indizi, ora forniti dai fantasmini per dar vita a cacce al tesoro dagli esiti decisivi, ora, più globalmente, dal racconto audiovisivo, per invitare lo spettatore a costruire la propria versione dei fatti, a farsi un’idea circa la fine di Simòn. A volte – non che sia un male – la sceneggiatura sembra desunta da un videogame pieno di indovinelli e prove. Bayona ricorre ad alcuni mezzi, forse con un po’ di pesantezza, per chiarire un intreccio a tratti complicato: le chiarificazioni fornite dai personaggi, in particolare una spiegazione data da Laura nella seconda parte del film circa le intenzioni e la natura delle presenze, e i super 8 di Benigna Escovedo, ex dipendente dell’orfanotrofio e madre dello sfigurato Tomas, morto tragicamente per uno scherzo degli orfanelli ospiti del ricovero.

Da sottolineare un uso sapiente della colonna sonora, in particolare dei rumori, che entrano nel gioco di decifrazione e interpretazione caratterizzante l’intera storia. Ben studiata anche la gestione luministica della messa in scena, che rifugge le banali coppie luce/bene e buio/male, preferendo insinuare il mistero, diffuso e strisciante, sia nel buio, nei diversi bui della grande indomabile dimora, sia nella luce, e in quella quasi abbagliante dei lontani giochi dell’orfanotrofio, e in quella più tenue del giardino in cui si svolge la festicciola in maschera che dovrebbe inaugurare il centro d’assistenza per bambini.

Un ultimo punto: il film è arrivato in Italia con l’ammiccante titolo The Orphanage (L’originale è El Orfanato, cioè L’orfanotrofio), che rinvia a oggetti diversi, del tipo che, legittimamente e serialmente, arrivano in Europa attraversando l’Atlantico. Un rinforzo in questo senso viene da una delle due locandine ufficiali, che presenta Tomas con la sua maschera da coniglio disgraziato, anti-Bianconiglio parente del pupazzo di Issues dei Korn, alla stregua di un novello Chucky pronto a far macelleria.

Con The Orphanage non si salta sulla sedia, né si esita a spegnere l’abatjour per dormire. Ma le emozioni forti, e durature, non mancano, perché l’opera prima di Bayona ci parla, prendendola sul serio, della morte: enorme, casuale, irreparabile.

Le colline hanno gli occhi: il film horror di Wes Craven

Le colline hanno gli occhi: il film horror di Wes Craven

Le Colline Hanno gli Occhi è il film cult di Wes Craven del 1977. Nel 1977 un semi-esordiente regista statunitense di nome Wes Craven firma il suo secondo lungometraggio dopo lo scandaloso L’ultima casa a sinistra del 1972: si tratta del cult Le colline hanno gli occhi (The hills have eyes).

La trama de Le colline hanno gli occhi

La trama del film è sommariamente semplice e lineare, e si colloca nel solco della tradizione horror: una tranquilla famiglia media americana sfacciatamente WASP intraprende un viaggio in camper attraverso il deserto della California per raggiungere la meta delle loro vacanze. Ma bastano un banale guasto al motore e una tappa forzata in mezzo al nulla per scatenare l’inferno e la tragedia: diventano il bersaglio di una famiglia di cannibali geneticamente modificati dagli esperimenti nucleari condotti nella zona dal governo degli Stati Uniti e tenuti segreti per anni. Lo scopo della famiglia è quello di sopravvivere alla brutalità dei loro disgustosi carnefici.

Il film horror di Wes Craven

Le colline hanno gli occhi, nel momento della sua uscita, cavalcò le polemiche che avevano seguito l’opera prima di Craven. Entrambe le pellicole possono essere inserite di diritto in quel sottogenere horror che è considerato lo splatter. Nato nell’ambito dell’exploitation, il gore (o splatter, è indifferente N.d.A.) si afferma soprattutto negli anni ottanta, nonostante la sua nascita possa essere collocata già negli anni sessanta con le opere di G.Romero o Herschell Gordon Lewis (La notte dei morti viventi; Blood Feast); in un’epoca in cui l’importanza per l’aspetto fisico e la bellezza si spingevano fino all’eccesso dell’edonismo, lo splatter rappresenta la debolezza del corpo umano mostrando senza troppe esitazioni o pudori squartamenti, sventramenti e vari ed eventuali spargimenti di sangue.

Oltretutto, Le colline hanno gli occhi rientra a pieno merito nel filone del New Horror, a sua volta sottoinsieme di quel generale movimento di fermento rivoluzionario e creativo noto come New Hollywood che ha portato ad affacciarsi, sulla scena degli anni settanta, registi di culto del calibro di Steven Spielberg, Francis Ford Coppola, Martin Scorsese e tanti altri grandi nomi della cinematografia a stelle e strisce. L’alto tasso di emoglobina presente nel film e i suoi eccessi sanguinolenti e truculenti servono come pretesto per scuotere le coscienze sociali degli americani atrofizzati nel loro perbenismo: ricordiamoci che, negli anni settanta, l’America era ancora coinvolta nel sanguinoso conflitto del Vietnam che ha portato milioni di morti e una generazione completamente spezzata.

Nella pellicola, il nemico è “altro”, fuori da noi: un po’ come accadeva nei B-movies Sci-Fi degli anni ‘50 il nemico veniva direttamente dallo spazio profondo e remoto. Oppure come nei film western, dove il nemico è sempre l’indiano occupante. Nel film di Wes Craven è come se l’anima puramente Wasp dell’America profonda avesse fatto chapeau di fronte a millenni di sopraffazione nei confronti di tutto ciò che era catalogato come “diverso”. Qui gli aguzzini cannibali sono sì mutanti, ma un tempo erano esseri umani: come per il maestro Alfred Hitchcock, l’orrore anche qui è nel quotidiano, viene non dagli spazi intergalattici remoti ma dal sottosuolo dello sperduto deserto californiano.

Nella sua trama lineare, ma intervallata da efficaci colpi di scena che creano tensione nello spettatore, la pellicola segue quasi pedissequamente la trama di una fiaba riletta però con lo sguardo di un survival horror: i personaggi protagonisti, i “buoni”, intraprendono un viaggio durante il quale si trovano costretti ad affrontare pericoli mostruosi e prove terrificanti, incarnati dai “cattivi”, fino al finale con il tanto agognato “lieto fine”; e c’è addirittura una sorta di “aiutante” (il vecchio Fred) che cerca di metterli in guardia sui pericoli che incombono nel deserto. Lo scontro tra razionale e irrazionale si risolve in un confronto all’ultimo sangue, dove la vittoria della famiglia Carter è sancita dal loro uso della violenza contro la violenza sanguinaria e cieca dei loro aguzzini.

Parlando di cannibali non si può non pensare a tutto quel filone del gore italiano che, sempre nei “favolosi” anni settanta, ha regalato al cinema cult underground pellicole come quelle di Mario Bava, Dario Argento, Lucio Fulci, Umberto Lenzi, Joe D’Amato e Ruggero Deodato con il celebre Cannibal Holocaust, film del 1979 che ha influenzato molte generazioni di cinefili indipendenti.

De Le colline hanno gli occhi Wes Craven stesso girò un seguito nel 1985, ribadendo quella sua propensione al tema del doppio: come nel titolo, gli occhi sono due, come i sequel realizzati e come le famiglie protagoniste, quella vittima da una parte e la carnefice dall’altra. Due sono, poi, altri due paia d’occhi: quelli di Pluto (uno dei membri dell’allegra famigliola cannibale) che si sovrappongono ai nostri tramite un’abile inquadratura in soggettiva che fa riflettere sul significato stesso del cinema, identificandoci come voyeur letali e silenziosi. Oltre al sequel, annoveriamo un remake dallo stesso titolo girato nel 2006 e curato, in fase di produzione, dallo stesso Craven ma girato dal francese Alexandre Aja (nuovo re del torture porn) e un trascurabile sequel del remake datato 2007.

Insomma, vedere Le colline hanno gli occhi nella sua prima e inimitabile versione del 1977  crea l’illusione di assistere a un incontro tra le atmosfere “seventies” dell’action, car crash  Duel e le perversioni gore del miglior Mario Bava in stato di grazia.

Box office USA del 21 novembre 2011

Box office USA del 21 novembre 2011

Come era prevedibile, la prima parte dell’episodio finale di Twilight, Breaking dawn, appena uscito anche negli Stati Uniti, è subito balzato in prima posizione del Box office, con un incasso spaventoso di ben 140 milioni di dollari, tutti accumulati in una sola settimana di uscita nelle sale.

Vedremo come andrà nelle prossime settimane, ma si profila come l’ennesimo blockbuster.

In seconda posizione, con un incasso decisamente inferiore, si posiziona un altro sequel, molto meno cupo delle avventure di vampiri e licantropi, che ha come protagonisti degli animali abituati al freddo polare: Happy feet 2 è in seconda posizione con 22 milioni di dollari di incasso.

Nonostante queste uscite importanti, in terza posizione resiste il film epico-fantastico di Tarsem Singh, Immortals, che aggiunge altri 12 milioni al suo incasso questa settimana, raggiungendo quota 52 milioni.

In quarta posizione scende a piombo il film in cui Adam Sandler ha un doppio ruolo, Jack and Jill, l’attore è anche autore della sceneggiatura, il che rende il film estremamente autoreferenziale. L’incasso totale della pellicola è di 41 milioni di dollari.

A metà classifica, e dopo 4 settimane tra i primi dieci film più visti negli Stati Uniti, Puss in boots arriva alla cifra raggiunta in una settimana da Bella ed Edward, ossia 122 milioni di dollari.

In sesta posizione lo segue Tower Heist, commedia con Eddie Murphy diretta da Brett Ratner, che ha avuto un cedimento negli apprezzamenti probabilmente dopo le uscite poco felici del regista e l’annullamento della presenza del comico nella conduzione degli Oscar, prontamente sostituito dal classico Billy Crystal, veterano della cerimonia. Il film ha incassato 7 milioni di dollari questa settimana, raggiungendo un totale di 53 milioni.

Il nuovo film di Clint Eastwood, J. Edgar, resta nella zona bassa della classifica, in settima posizione, nonostante la presenza di DiCaprio come protagonista il film ha incassato ad oggi un totale di 20 milioni di dollari, in 2 settimane di uscita.

In ottava posizione scende inesorabilmente A very Harold and Kumar 3D Christmas, che ha raggiunto 28 milioni di dollari di incasso, mentre in nona posizione troviamo il thriller futuristico In time, con un incasso ad oggi di 33 milioni di dollari.

Chiude la classifica The descendants, il nuovo film di Alexandre Payne, regista amato dagli intellettuali della costa ovest degli Stati Uniti, nonchè regista di Sideways, con protagonista George Clooney, che esordisce in classifica con un incasso che è meno di un centesimo di quello di Breaking dawn: 1,22 milioni di dollari.

La prossima settimana, a due mesi di distanza dal Festival del cinema di Venezia in cui è stato presentato, esce nella sale statunitensi il film di David Cronenberg A dangerous method, poi, un altro film festivaliero, ma questa volta relativamente al Festival del film di Roma: My week with Marilyn, e un film con i Muppett, intitolato semplicemente The Muppets.

Chi interpreterà Tetsuo?

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Chi interpreterà Tetsuo?

Due dei ruoli principali del film della Warner Bros Akira sono stati assegnati: Garret Hedlund (TRON: Legacy) sarà Kaneda, Kirsten Stewart (Twilight)

Stephen Frears, passaggio in India

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La 20th Century Fox ha acquisito i diritti del documentario indiano The Bengali Detective di Philip Cox per trarne

George Clooney sarà Steve Jobs?

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George Clooney sarà Steve Jobs?

George Clooney è seriamente in lizza per vestire i panni di Steve Jobs nel biopic sulla vita deGuru Apple, recentemente scomparso a soli 56 anni.Tuttavia, per il ruolo Clooney dovrà vedersela con il più giovane Noah Wyle, altro papabile, che ha già interpretato Jobs nel 1999 nel film per la televisione Pirates of Silicon Valley. I due attori hanno lavorato fianco a fianco ai tempi di E.R.: erano il dottor Ross (Clooney) e il dottor Carter (Wyle).

Il biopic, targato Sony – la casa nipponica ha acquisito i diritti cinematografici per la biografia di Jobs scritta da Walter Isaacson- sarà probabilmente scritto da Aaron Sorkin, sceneggiatore del fortunato The Social Network di David Fincher.

Fonte: The Sun

Infortunio sul set per Schwarzy

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Infortunio sul set per Schwarzy

Arnold Schwarzenegger, tornato al cinema dopo l’ampia parentesi politica, si è fatto male

Mosse vincenti – Trailer Italiano

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Mosse vincenti – Trailer Italiano

Mike Flaherty (Paul Giamatti) è uno scalcinato avvocato che trova la sua realizzazione lavorando anche come allenatore della squadra di lotta di un liceo newyorchese. Mike viene nominato tutore legale di un suo anziano cliente, ma quando la nipote di quest’ultimo, fuggita da casa, si rifugia dal nonno, la sua vita e quella dei ragazzi che allena subiranno delle brusche modificazioni.


Al via il MEDFILMfestival

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Al via il MEDFILMfestival

Prende il via, da domani fino a domenica 27 novembre la XVII edizione del MEDFILMfestival, manifestazione storica della Capitale che rinnova l’appuntamento di Roma con i protagonisti del cinema del Mediterraneo.

L’Arte di Vincere – Trailer italiano

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L’Arte di Vincere – Trailer italiano

Assunto come general manager della squadra di baseball degli Oakland’s Athletics, Billy Beane cerca di trovare in un complesso sistema computerizzato d’analisi statistica il modo di trovare i giocatori migliori da mettere sotto contratto e da schierare. Per tornare finalmente a vincere. Scritto da Aaron Sorkin, con Brad Pitt, Jonah Hill, Chris Pratt, Philip Seymour Hoffman e Robin Wright.

Angelina Jolie sarà Gertrude Bell per Ridley Scott?

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Angelina Jolie sarà Gertrude Bell per Ridley Scott?

Angelina Jolie potrebbe tornare a vestire i panni di un’archeologa: stavolta non si tratterebbe però di un’eroina da videogioco come Lara Croft, ma di un personaggio realmente esistito: Gertrude Bell. Il biopic dedicato alla viaggiatrice, scrittrice e archeologa inglese è stato messo in cantiere da Ridley Scott e si trova attualmente nelle primissime fasi di gestazione.

Quella della Bell è stata in effetti una vita ‘da film’: l’archeologa finì infatti anche per lavorare per i servizi segreti britannici nel corso della Prima Guerra Mondiale, ebbe un ruolo fondamentale nei rapporti col Medio Oriente e partecipò attivamente alla creazione di una moderna amministrazione stata in Iraq; successivamente fondò il Museo Archeologico di Baghdad per preservare le testimonianze delle civiltà mesopotamiche (purtroppo molti di quei reperti sono stati persi nel corso della recente guerra in Iraq); la sua morte, nel 1926 apparentemente per suicidio, è in buona parte circondata dal mistero.

Peraltro, come spesso accade nel cinema, improvvisamente si risveglia l’interesse attorno a personaggi prima dimenticate: a una biografia della Bell starebbe infatti lavorando Werner Herzog, protagonista – forse – Naomi Watts. Tornando al film di Scott, della sceneggiatura si sta occupando Jeffery Caine (The Constant Gardner), che la starebbe scrivendo pensando specificamente alla Jolie come interprete.

Fonte: EMPIRE

Rampage: dai computer al grande schermo?

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Rampage: dai computer al grande schermo?

La notizia potrebbe suscitare più di una perplessità, tuttavia la mai sopita passione del cinema per i mostri giganti e il fatto che già in passato i videogiochi in voga negli anni ’80 hanno costituito fonte di ispirazione, dà una maggiore credibilità alla possibilità che Rampage, um classico gioco ‘da bar’ (o per i primi computer) possa sbarcare sul grande schermo: a occuparsene, dovrebbe essere la New Line.

In Rampage, tre esseri umani venivano mutati in altrettanti mostri: lo scimmione George, ovviamente ispirato a King Kong, la Lucertolona Lizzy (dalle chiare ascendenze godzilliane) e Ralph, un lupo mannaro gigante… Il giocatore, nei panni di uno dei mostri, doveva radere al suolo quante più città possibile evitando di essere vittima dei colpi d’artiglieria dei militari.

Ovviamente, si tratta di uno di quei giochi vittima del passare del tempo e del progredire della tecnologia, tuttavia un film dedicato potrebbe solleticare proprio coloro che erano adolescenti negli anni ’80.La produzione del film dovrebbe essere affidata a John Rickard (Final Destination, Horrible Bosses). A questo punto la difficoltà principale sarà quella di dare a tutta la storia una seppur minima parvenza di ‘credibilità’…

Fonte: EMPIRE

Fincher e Walker per 20.000 leghe sotto i mari

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L’accoppiata vincente che diede vita a Seven, tra il regista David Fincher e lo sceneggiatore Kevin Walker potrebbe riformarsi in occasione del nuovo adattamento cinematografico del capolavoro di Giulio Verne. Del progetto si parla da tempo, ma i passi in avanti non sono stati molti: diversi sono stati gli scrittori presi in esame, ma Fincher non sembra essere stato convinto fino in fondo di nessuna delle possibilità valutate: per questo, si sarebbe pensato a Walker (che negli ultimi anni ha sceneggiato, tra gli altri Sleepy Hollow e The Wolfman), riformando il team che fu alle spalle del capolavoro con Pitt e Freeman: certo c’è da domandarsi come si troveranno i due a cooperare sulle avventure del Capitano Nemo & Co. a bordo del Nautilus, così lontane dal precedente thriller.

A produrre il film sarà la Disney, cui peraltro si deve il precedente adattamento del libro, negli anni ’50. Gli appassionati di Giulio Verne potrebbero  però dover pazientare: diversi sono infatti i progetti attualmente al vaglio di Fincher, fresco reduce dalla lavorazione di The Girl With The Dragon Tattoo, adattamento di Uomini che odiano le donne, primo capitolo della ‘Millennium Trilogy’ di Stieg Larsson.

Fonte: EMPIRE

Nuovo bellissimo trailer per Shame

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Nuovo bellissimo trailer per Shame

Vessato da critiche e osannato nei festival di tutto il mondo, con tanto di Coppa Volpi al protagonista Michael Fassbender, Shame è un film che fa senz’altro parlare di sè.

Real Steel: recensione del film con Hugh Jackman

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Real Steel: recensione del film con Hugh Jackman

Real Steel, il nuovo film prodotto dalla DreamWorks Pictures, racconta la storia di un ex pugile, Charlie Kenton, (interpretato da un prorompente Hugh Jackman), che ha visto e subìto la trasformazione della boxe, costretta a piegarsi di fronte alle nuove esigenze del pubblico: violenza indiscriminata e spettacolarizzazione.

La trama di Real Steel

In Real Steel Siamo nel 2020, un futuro non troppo lontano, dove i robot, comandati attraverso speciali telecomandi high-tech e pannelli di controllo, salgono sul ring con un solo scopo: distruggere per non essere distrutti. Girovagando in cerca di grana facile, Charlie si immerge nel circuito degli incontri clandestini, allenando i suoi robot malandati senza passione, alla fine dei conti è proprio per colpa loro che la boxe ha perso la sua poesia ed eleganza, e Charlie il suo lavoro. Ma non tutti i mali vengono per nuocere. Sarà proprio grazie ad un robot molto speciale, Atom, che Charlie riuscirà a riscattare un’assenza durata undici anni, riconquistando l’affetto del figlio Max, (Dakota Goyo) e la fiducia della compagna Bailey, (Evangeline Lilly), uscendo vincitore dalla sfida col destino.

Reel Steel Hugh Jackman e Evangeline Lilly
Foto di Melissa Moseley – © DreamWorks II Distribution Co., LLC. All Rights Reserved.

Basato sul racconto Steel del leggendario maestro di fantascienza Richard Matheson, il nuovo e spettacolare film Real Steel diretto dal regista Shown Levy è la storia di tre personaggi, un uomo, un bambino ed un robot, che ritrovando se stessi grazie al perseguimento di una passione, la boxe, arrivano a combattere nella Lega  ufficiale, la WRB, (World Robot Boxing League), eludendo le meccaniche schiaccianti dello show-business.

Con Real Steel siamo di fronte ad un  film di grande impatto, molto sentito sia dal regista che dagli attori stessi, che non si limita al solo gioco degli effetti speciali, ma ricerca l’aspetto più “umano” della voglia di mettersi in gioco e ricominciare da capo. “Shown ha creato una realtà. Questo è forse il suo film più realistico, con cui si è completamente reinventato come filmmaker” dichiara il produttore esecutivo Steven Spielberg, ed è infatti lo stesso Shown, grande ammiratore della boxe e regista creativo, ad avvalersi di professionisti come Sugar Ray Leonard, per realizzare dei combattimenti avvincenti, dove le coreografie sempre diverse dei robot non hanno nulla da invidiare ai match combattuti da umani in carne e ossa.

Real Steel

L’impegno del regista di lavorare in completa sinergia con gli attori e i tecnici è rintracciabile nell’assoluta morbidezza e spontaneità dell’azione dove  l’happy ending, tanto atteso e forse un po’ scontato, è il risultato di una catarsi che lascia allo spettatore un’energia positiva, non troppo edulcorata ma carica di buoni sentimenti, che ben si mescolano con le immagini iperboliche di un film dal sapore “retrò-futuristico”.

Scarlett Johansson passa alla regia

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Scarlett Johansson sta cercando di passare dietro la macchina da presa e si prepara al suo debutto alla regia portando sul grande schermo un romanzo di Thruman Capote: Summer Crossing.

Due nuovi banner per The Avengers

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Due nuovi banner per The Avengers

I Marvel Studios hanno ufficializzato un nuovo banner per The Avengers, che come al solito mostra l’intero cast di spuer eroi in assetto da combattimento.

Jack e Jill – Trailer italiano

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Jack e Jill – Trailer italiano

Arriva il trailer italiano di Jack e Jill, una commedia di Dennis Dugan, con Adam Sandler, Katie Holmes e Al Pacino. Dal 10 febbraio al cinema.

The Whistleblower – recensione

The Whistleblower è tratto da una storia vera e narra le vicissitudini di una poliziotta del Nebraska (Rachel Weisz) che entra a far parte dei corpi di pace delle Nazioni Unite nella Bosnia del dopo guerra civile, e che si trova a portare alla luce uno scandalo di tratta delle bianche che anche l’ONU cerca di far passare sotto silenzio.

1921 – il mistero di Rookford: recensione del film

1921 – il mistero di Rookford: recensione del film

Un po’ come quando si parla di morte e visioni e non si riesce a non pensare al Sesto senso. 1921 – il mistero di Rookford richiama per certi versi un po’ tutti questi film che hanno segnato profondamente il sottogenere ghost-story. Quando si affronta una storia di fantasmi, che si svolge interamente in una spettrale villa di campagna in mezzo ad uno sterminato giardino, è inevitabile non pensare a pellicole come The Others o al più recente The Orphanage.  

Ambientato nell’Inghilterra del 1921, alla fine della Prima Guerra Mondiale, 1921 – il mistero di Rookford racconta la storia di Florence, una donna estremamente razionale e molto scettica che viene chiamata in una scuola di campagna per investigare su un inspiegabile crimine. Un ragazzo è morto e alcune foto successive del cadavere rivelano sullo sfondo una misteriosa figura sfocata. Tanti ragazzi parlano di presunte apparizioni di un fantasma nella scuola. Florence quando crede di aver confutato la teoria del fantasma, si imbatte in una creatura soprannaturale che abbatte tutte le sue credenze razionali.

1921 – il mistero di Rookford1921 – il mistero di Rookford: recensione del film

Pur rimanendo un gradino sotto all’ultimo The Orphanage, e nonostante l’abusato tema che tratta, il film opera prima nel cinema di Nick Purphy riesce nell’intento di raccontare una storia a tratti originale senza per questo rinunciare a richiami formali e contenutistici ad altre opere del genere. Questo avviene grazie anche a una sceneggiatura non impeccabile per intreccio ma interessante per i particolari e per gli espedienti con i quali racconta gli avvenimenti. Se poi aggiungiamo a ciò la bravura del cast femminile del film, è facile giudicarlo positivamente. Su tutti spicca la bravissima Rebecca Hall, che ancora una volta conferma di possedere un talento sobrio, capace di regalarci un personaggio che si muove in una cornice colma di sofferenza con straordinaria eleganza.

La sua interpretazione possiede quella sottigliezza e quella profondità che rendono del tutto credibili le cose soprannaturali con le quali viene in contatto. Al suo fianco Imelda Staunton, un nome noto ai fan di Harry Potter, che con il suo viso spigoloso impreziosisce il cast. A chiudere il quadro, c’è la poetica partitura di Daniel Pemberton che riesce a donare al film un tocco di profondità in più, l’uso del violino infatti fa eco alla sofferenza dei personaggi che si muovono in un’ambiente, la casa, che nell’horror ha un ruolo privilegiato di luogo del perturbante (valga per tutti gli Invasati di Robert Wise).

Nota dolente è la prima parte del film, che a stento riesce a trovare i giusti tempi di suspense. Fortunatamente la svolta arriva ben presto riuscendo a dare quell’azione che serve per percorrere il binario del terrore. I più avvezzi al genere riusciranno a godere di un discreto thriller con sprazzi di orrore.

Miracolo a Le Havre: recensione del film di Aki Kaurismäki

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Miracolo a Le Havre: recensione del film di Aki Kaurismäki

In Miracolo a Le Havre Marcel Marx un tempo era uno scrittore, ma ha abbandonato da anni la vita artistica per dedicarsi a una più modesta attività, quella di lustrascarpe nella città portuale di Le Havre; Idrissa è un giovanissimo ragazzino africano, sbarcato per caso in Normandia dentro un container diretto a Londra, dove vive sua mamma. L’incontro fortuito tra questi due sradicati e l’aiuto spontaneo che Marcel offre a Idrissa è solo la prima scintilla che spinge tutta la comunità a darsi da fare per mostrare un po’ di solidarietà, mentre le autorità lo cercano come fosse un soggetto pericoloso.

È di pochi saper trattare temi alti con sincerità e al tempo stesso leggerezza, e in questo sta la grandezza di Kaurismaki: nel riflettere sull’Europa senza frontiere e sull’immigrazione clandestina, sull’identità e sulla solidarietà sociale, rinuncia da subito ai toni predicatori e conferisce a Miracolo a Le Havre la giocosità di un fumetto. A questo fanno pensare sia il suo stile di regia, fatto di immagini quasi sempre fisse ma con colori così netti e vividi, sia la caratterizzazione dei personaggi, sempre fortemente tipizzati: il lustrascarpe vietnamita, il rocker Little Bob, il vicino spione, l’esilarante Commissario Monet che mantiene il suo volto impassibile anche girando per Le Havre con un ananas in mano. Il regista finlandese è aiutato in questo da un cast straordinario, con molti habitué dei suoi film, dei quali asseconda minuziosamente ogni gesto e mimica facciale.

Oltre alla levità di cui si è detto c’è un messaggio ottimista di fondo che, se ai più cinici può apparire forzato nella realtà attuale dell’Unione Europea, è in realtà sintomo di un umanesimo incrollabile: così come Marcel ha scelto di fare il lustrascarpe per vivere in mezzo alla gente (seguendo “i precetti del discorso della montagna” secondo le sue stesse parole), Kaurismaki racconta il quotidiano in modo essenziale e mai artificioso, ama tutti i suoi personaggi indistintamente perché vuole mostrarci come i gesti individuali abbiano un valore assai più incalcolabile della cecità dei sistemi e delle autorità costituite. Se la polizia di Le Havre non sa far altro che accogliere a mitra spianati dei poveracci che muoiono di fame, Marcel è lì a ribadirci che forse la scelta migliore è farlo con un panino al formaggio.

Ligabue Campovolo 3D: un treno per i fan dritto all’anteprima di Roma!

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Lunedì 21 novembre alcune centinaia di fortunati fan di LIGABUE iscritti al barMario avranno la possibilità di viaggiare su un unico treno con carrozze riservate, da Milano a Roma (con fermate intermedie a Bologna e Firenze),

Inti-Illimani – Dove cantano le nuvole. Incontro con la stampa

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I due registi del documentario incontrano la stampa dopo la proiezione della loro opera, le domande che vengono loro fatte sono sul passato e sulla modalità di realizzazione del filmato.

E’ presente anche il distributore, che spiega come è avvenuto l’incontro con Pagnoncelli e Cordio.

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