Nell’immaginario collettivo Pamela Anderson è una delle sex symbol più famose degli anni Novanta. Il successo della showgirl canadese deriva non solo dalle copertine hot di Playboy (che hanno avviato la sua carriera), ma soprattutto grazie al personaggio interpretato nell’iconica serie Baywatch. A distanza di molti anni, Pamela si è ritrovata a dover girare un documentario approdato su Netflix il 31 gennaio, Pamela, a Love story, gettando una luce molto più intensa sulla sua vita privata.

Il prodotto streaming è una risposta della showgirl alla serie Hulu Pam & Tommy, la quale senza un minimo di privacy e rispetto ha ricostruito la storia del video hard rubato a Pamela e al suo ex marito Tommy Lee. Tante sono le rivelazioni affiorate in seguito alla visione di Pamela, a Love Story, ma ce ne sono alcune importanti che è bene sottolineare. Scopriamole insieme.

7I traumi infantili

Pamela, a Love Story inizia scavando nel passato da bambina della showgirl. Anderson racconta degli abusi ricevuti dalla sua babysitter che per alcuni anni ha abusato sessualmente di lei. Il “lato oscuro” di questa donna Pamela non ha mai potuto rivelarlo ai genitori, proprio perché quest’ultima la minacciava di non farne parola con nessuno. Nel documentario ad un certo punto arriva il commento forte della donna che, confessa, aver cercato di uccidere la sua babysitter. “Ho cercato di pugnalarla al cuore con una penna a forma di bastoncino di zucchero“, la si sente dire.

Dopo la sua morte, avvenuta a causa di un incidente d’auto, Pamela racconta di essere stata in seguito violentata all’età di 12 anni da un ragazzo di 25 anni. Questo traumatico evento, come spiega lei stessa rivivendolo, l’ha poi portata a essere una persona timida e a vergognarsi del proprio corpo tanto da definirlo una prigione.

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