Assassinio a Venezia è finalmente arrivato nelle sale. Il terzo adattamento cinematografico di Kenneth Branagh, oramai fedele ai testi di Aghata Christie, si presenta come un giallo atipico, tendente più al thriller soprannaturale. Molta è la carne messa al fuoco per questo nuovo lavoro dell’attore/regista, che ancora una volta veste i panni dell’analitico Hercule Poirot, e sicuramente la linea horror è quella di cui il pubblico va più ghiotto. Questa storia presenta tre omicidi, di cui uno è parte del passato: il primo è quello di Alicia Drake, la figlia di Rowena, per cui avviene la seduta spiritica. Il secondo, è quello di Joyce Reynolds, la medium chiamata per comunicare con la defunta ragazza. Il terzo e ultimo assassinio è quello del dottor Leslie Ferrier, morto in circostanze sospette. Qual è la verità? E quali sono i significati celati in Assassinio a Venezia? Scopriamoli nella nostra spiegazione del finale.
Perché Rowena inscena la seduta spiritica?
Iniziamo con Rowena. Nel finale di Assassinio a Venezia, scopriamo essere lei l’artefice non solo dell’omicidio della figlia, ma anche della seduta spiritica alla quale Poirot assiste spinto dall’ amica Ariadne Oliver. La donna, che non riusciva a stare senza Alicia, aveva deciso di controllarla, escogitando un piano per allontanarla dal fidanzato Maxime. Affinché la ragazza non tornasse insieme a lui, Rowena aveva cominciato ad avvelernarla gradualmente, tutti i giorni, attraverso un particolare miele allucinogeno. Un anno dopo la morte di Alicia, la donna organizza la seduta spiritica con la medium Joyce Reynolds nel tentativo di uccidere lei e Leslie Ferrier, il medico di Alicia, poiché convinta che entrambi, a conoscenza di quanto accaduto, la ricattino per denaro. Se il suo piano fosse andato a buon fine, i due sarebbero morti con la scusa della vendetta dei bambini, considerato che uno era medico, l’altra invece un’ex infermiera di guerra. Quando però arriva Poirot, non avendo previsto la presenza del detective, Rowena inizia ad avvelenarlo tramite il tè per poterlo depistare.
Cosa volevano ottenere Ariadne e Vitale lavorando insieme?
Verso il finale di Assassinio a Venezia, poco prima che si dichiari la colpevolezza di Rowena, Poirot chiama sia Ariadne Oliver che Vitale Porfoglio. Entrambi hanno un rapporto particolare con il detective: la prima è, oltre che una scrittrice di fama mondiale, anche una sua amica di vecchia data. Il secondo è invece la sua guardia del corpo. Si scopre che i due stanno lavorando insieme, ognuno di loro per motivi diversi. La prima a scopo lavorativo: Ariadne ha infatti bisogno che il suo prossimo romanzo giallo sia un enorme successo, dati i precedenti flop. La seduta spiritica avrebbe agganciato i lettori alla storia e la presenza di Poirot, secondo lei, ne avrebbe alzato l’interesse, aumentadone le vendite. Il secondo, invece, sceglie di stringere un accordo con lei per poter chiudere, una volta per sempre, con la morte di Alicia Drake. Salta fuori in quell’occasione che Portfoglio, il quale aveva precedentemente detto di non aver mai avuto a che fare con il caso, non solo è stato colui che lo ha seguito, ma ha anche tirato fuori la ragazza dal canale. Poter partecipare alla seduta, perciò, avrebbe permesso all’ex poliziotto di scoprire chi aveva davvero ucciso Alicia e così mettersi l’anima in pace.
Ciò che inizia a vedere Poirot è reale?
Da quando Poirot varca la soglia del palazzo nobiliare sappiamo che il suo scetticismo riguardo la seduta spiritica e la presenza di fantasmi che si nascondono fra le mura, lo terrà saldamente legato alla realtà. Ma le sue convinzioni vacillano quando ad un certo punto il detective inizia a sentire voci di bambini, fino a quando non si trova faccia a faccia con il fantasma di Alicia Drake. In realtà, quelle sono allucinazioni, frutto del tè avvelenato di Rowena. Il film, pur spiegandone le motivazioni, trova una soluzione per lasciare comunque al pubblico una propria interpretazione a riguardo. Infatti, essendo una volta Poirot stato vicino alla morte, potrebbe anche aver visto davvero lo spirito della bambina, e il miele potrebbe aver semplicemente sbloccato la sua capacità di percepire queste cose, che Poirot lo creda o meno.
Joyce Reynolds era davvero una medium?
All’inizio di Assassinio a Venezia, il pubblico fa la conoscenza di Joyce Reynolds, la medium arrivata a palazzo per condurre la seduta spiritica e diventare, poco tempo dopo, vittima di Rowena. Quando le verità iniziano a venire a galla, non è comunque davvero chiaro se effettivamente lei possa parlare con gli spiriti. Da una parte, si scopre che usi dei trucchi per far credere ai suoi spettatori che stia davvero comunicando con l’aldilà. Dall’altra, in base alle prove fornite, è anche possibile che sia davvero in sintonia con i morti, anche se può solo percepirli e quindi non arrivare ad esserne posseduta.
Il fantasma di Alicia ha spinto Rowena dal balcone?
Una delle scene finali più ambigue di Assassinio a Venezia è lo scontro fra Rowena ed Hercule Poirot sulla balconata, mentre fuori diluvia. Poco prima che Rowena precipiti nel canale come accaduto con la figlia, il detective vede uno spirito in piedi sul cornicione. Il film, in conclusione, ipotizza che la morte di Rowena sia dovuta alla spinta della figlia Alicia, proprio come la prima aveva fatto con lei. A far nascere il dubbio sulla realtà dell’accaduto ci sono però le allucinazioni di Poirot, quindi non è chiaro se quello che gli spettatori vedono ne sia solo il frutto, oppure sia davvero il fantasma della ragazza che si vendica, in un certo senso, con la madre.
Il vero significato del finale
Sin dall’uscita del primo trailer, Assassinio a Venezia si è presentato come un giallo sui generis, una sorta di thriller soprannaturale, che andasse a distaccarsi in maniera sostanziosa dallo schema classico del whodunit. Ma qual è il significato nascosto nel finale? Il film, in realtà, vuole principalmente trasmettere un messaggio: nella vita non bisogna nascondersi dai proprio fantasmi, che siano questi reali oppure no. Hercule Poirot, ad esempio, lo ha fatto: ritirandosi in pensione, si è nascosto per diverso tempo, ma ciò non ha significato per lui affrontare il proprio passato. Il caso di Alicia, invece, lo porta a consapevolizzarsi sul fatto di avere ancora molte cose da risolvere e da questo mistero trae un po’ di chiarezza. Alla fine, Poirot comprende che il passato va guardato dritto negli occhi, perché solo così facendo si è in grado di andare avanti.