La Svastica nel Ventre: recensione del film

La Svastica nel Ventre è il film del 1977 diretto da Mario Caiano con protagonisti nel cast Sirpa Lane, Giancarlo Sisti, Roberto Posse e Marzia Ubaldi.

 

A partire dagli anni ’70 molti autori e registi sembrano restare affascinati dalle malvagità e dalle nefandezze del regime nazista, tanto da restituire nelle loro pellicole un ritratto scandaloso, erotico e perverso del Reich e di tutti coloro che avevano contribuito alla sua macabra ascesa.

Secondo la critica, si trattava in realtà dell’unica possibilità per le piccole case di produzione di realizzare horror a basso budget esplorando i nuovi sentieri del marketing: film come Salon Kitty (Tinto Brass, 1976), Ilsa la Belva delle SS, La Bestia in Calore, Il Portiere di Notte (Liliana Cavani, 1974) o Il Fantasma di Sodoma di Lucio Fulci- datato, però, 1988- contribuiscono a creare un vero e proprio sottogenere cinematografico ribattezzato nazisploitation, (che si colloca nel macro- genere dell’exploitation tanto in voga negli anni ’70) Erossvastica o porno- nazi, proprio perché tutte le pellicole erano accomunate da un gusto particolare per l’erotismo violento, i film di guerra e la classica tipologia da women- in- prison film.

Nel 1977 il regista Mario Caiano, con lo pseudonimo di William Hawkins, dirige un cult del genere che ha, addirittura, influenzato Quentin Tarantino nelle sue scelte cinefile, nonché nella realizzazione dello script di Inglourious Basterds: La Svastica nel Ventre – questo il titolo- racconta la storia di Hannah, una giovane ebrea moglie di un militare tedesco, che viene catturata dalle SS dopo che la sua famiglia è stata sterminata. Internata in un campo di concentramento, viene costretta a subire in silenzio violenze e soprusi, finché non viene notata per la sua bellezza da un alto ufficiale che prima la fa trasferire in un bordello per soldati e poi, dopo essersi invaghito di lei, la fa diventare sua amante affidandole la direzione di un altro bordello di lusso: questa lenta discesa negli inferi rientra nel piano della donna per vendicarsi dei suoi aguzzini, nonostante lo sforzo titanico del marito per ritrovarla e salvarla.

La trama del film ha palesemente ispirato Tarantino nella stesura dello script di Bastardi Senza Gloria, a partire dalla scelta della protagonista: una donna che ha vissuto sulla sua pelle l’odio, la violenza, l’orrore e che decide di portare avanti la sua vendetta- tremenda e spietata- a qualunque prezzo, fino a sacrificare la propria vita. Hannah come Shosanna (notare anche la curiosa assonanza dei due nomi): figure femminili dominanti, in entrambi i casi due storie di guerra atipiche dove il fil rouge è proprio la vendetta, quella possibilità per il più debole, per la parte lesa della situazione, di diventare per la prima volta fautore del proprio destino e delle proprie scelte, ribellandosi all’oppressore e alle sue torture.

Tecnicamente il film non brilla certo per la perizia tecnica: presenta delle ingenuità registiche notevoli, delle ricostruzioni d’epoca improbabili e delle scelte paesaggistiche improprie che non permettono ad un’idea interessante di avere il giusto sviluppo diegetico, rendendola un po’ figlia del suo tempo e relegando il film al cimitero cinefilo destinato ai patiti del genere.

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Ludovica Ottaviani
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Ludovica Ottaviani
Ex bambina prodigio come Shirley Temple, col tempo si è guastata con la crescita e ha perso i boccoli biondi, sostituiti dall'immancabile pixie/ bob alternativo castano rossiccio. Ventiquattro anni, di cui una decina abbondanti passati a scrivere e ad imbrattare sudate carte. Collabora felicemente con Cinefilos.it dal 2011, facendo ciò che ama di più: parlare di cinema e assistere ai buffet delle anteprime. Passa senza sosta dal cinema, al teatro, alla narrativa. Logorroica, cinica ed ironica, continuerà a fare danni, almeno finché non si ritirerà su uno sperduto atollo della Florida a pescare aragoste, bere rum e fumare sigari come Hemingway, magari in compagnia di Michael Fassbender e Jake Gyllenhaal.
la-svastica-nel-ventre-recensioneTecnicamente il film non brilla certo per la perizia tecnica: presenta delle ingenuità registiche notevoli, delle ricostruzioni d’epoca improbabili e delle scelte paesaggistiche improprie che non permettono ad un’idea interessante di avere il giusto sviluppo diegetico, rendendola un po’ figlia del suo tempo e relegando il film al cimitero cinefilo destinato ai patiti del genere.